Caso Morosini, rinviati a giudizio tre medici
Il gup di Pescara rinvia a giudizio i medici che hanno prestato i primi soccorsi, l’accusa è di omicidio colposo
Sono passati quasi due anni da quel tragico 14 aprile 2012, quando durante il match di serie B tra Pescara e Livorno, perse la vita a causa di un malore il calciatore amaranto Piermario Morosini. Si scoprì in seguito ad autopsia, che il 24enne atleta del Livorno, soffriva di una cardiomiopatia aritmogena che portò al malessere e al successivo decesso; in molti sollevarono dubbi sui tempi di soccorso e sull’operato dei medici intervenuti sul posto e, nel corso di questa settimana, dopo i lunghissimi tempi giuridici ai quali oramai siamo abituati, il gup del tribunale di Pescara, Luca De Ninis, ha rinviato a giudizio i medici sociali delle due squadre, Ernesto Sabatini del Pescara e Manlio Porcellini del Livorno, e Vito Molfese, il medico del 118 presente allo stadio “Adriatico” al momento dell’accaduto. L’accusa per i tre medici che hanno prestato i primi soccorsi a Morosini, è quella di omicidio colposo motivata dal mancato utilizzo di un defibrillatore semiautomatico presente sul posto pochi istanti dopo il tragico avvenimento. A giudizio di alcuni esperti in materia l’uso del rianimatore non avrebbe salvato con certezza il giovane, ma avrebbe dato lui qualche possibilità in più di sopravvivenza; a seguito di queste valutazioni l’udienza è stata fissata per il primo giorno di dicembre. Consapevoli del fatto che una società calcistica dovrebbe essere a conoscenza di un disturbo cardiaco, probabilmente congenito, che può causare la morte di un suo assistito e quindi vietargli di scendere in campo salvandogli potenzialmente la vita, adesso non resta che attendere una decisione degli organi giuridici competenti per stabilire se si è fatto il possibile o se la morte di Piermario possa essere davvero considerata un omicidio.
Fabrizio Guercio