Caso Meredith, condannati Knox e Sollecito
La sentenza della Corte d’Assise d’appello di Firenze ha condannato Amanda Knox e Raffaele Sollecito, rispettivamente a 28 anni e 6 mesi e a 25 anni, per l’omicidio di Meredith Kercher. Giulia Bongiorno, avvocato di Raffaele Sollecito, ha parlato di «errori giudiziari»
Amanda Knox è stata condannata a 28 anni e 6 mesi di carcere e Raffaele Sollecito a 25 anni per l’omicidio di Meredith Kercher. E’ questa la sentenza della Corte d’Assise d’appello di Firenze per il processo bis per l’omicidio di Meredith Kercher avvenuto a Perugia nel 2007. Divieto di espatrio per lui, mentre nessuna misura cautelare per lei, che ha seguito il processo da Seattle, dalla casa della madre.
In aula erano presenti il fratello e la sorella di Meredith, ma mancava Raffaele Sollecito, che pure in mattinata aveva annunciato che sarebbe stato presente alla lettura della sentenza. Suo padre, Francesco Sollecito lo ha giustificato dicendo: «Non ce la facciamo». Giulia Buongiorno, il legale del ragazzo ha parlato di «errore giudiziario e sentenza mediatica», anche se ha tenuto a precisare che rispetta la giustizia e le sentenze, però ha aggiunto: «Questo è un processo in cui ci sono prove a favore degli imputati. Non dimentichiamo che esiste una perizia che esclude l’attribuibilità del Dna trovato nella stanza a Raffaele». Per l’assistito dell’avvocato Buongiorno i giudici fiorentini hanno disposto il ritiro del passaporto, ritenendo che il ragazzo abbia supporti logistici in paesi con cui l’Italia non ha trattati di estradizione. Nelle prime ore del mattino, secondo le notizie, la polizia ha sottratto il passaporto al giovane, che si trovava in un hotel con una ragazza a Venzone. E’ stato, quindi, condotto in questura a Udine, dove gli agenti hanno agito come disposto dalla sentenza. Il sospetto è che volesse lasciare l’Italia, ma lui si è giustificato dicendo che ha fatto un giro in Austria e poi «mi sono fermato per riposare». Al suo legale aveva dichiarato la volontà di continuare a lottare, proclamando la sua innocenza.
Amanda, in un intervista rilasciata alla tv americana Abc, la prima subito dopo la sentenza, dichiara di sentirsi «come travolta da un treno» e sulla possibilità di una sua estradizione in Italia, dice di non essere pronta e di volere «combattere fino alla fine». L’avvocato della ragazza, Luciano Virga, ha manifestato la volontà di fare ricorso alla Corte di Cassazione, ma se la condanna dovesse essere confermata l’Italia ne chiederebbe l’estradizione dagli Stati Uniti. Secondo un trattato americano del 1984 l’estradizione è applicabile nel caso di condanne superiori a un anno di carcere e ritenute tali anche negli Usa. Il legali della Knox hanno, però, prospettato l’unico possibile ostacolo all’estradizione. Si tratta del «double jeopardy», un principio del common low, recepito dalla Costituzione americana, secondo cui non si può essere giudicati due volte per lo stesso reato. Amanda era, infatti già stata condannata in primo grado, poi assolta in appello, con una sentenza che la Cassazione ha annullato chiedendo un nuovo processo, l’ultimo, che l’ha vista nuovamente condannata. In ogni caso se la ragazza non fosse estradata l’Italia potrebbe chiedere che Amanda sconti la pena nelle carceri americane.
Il fratello e la sorella di Meredith prima della sentenza si erano detti pronti a «rispettare qualsiasi decisione». Dopo la sentenza di condanna, Lile, fratello della ragazza uccisa a Perugia la sera del primo novembre del 2007, ha dichiarato: «Non è tempo di festeggiare». Si tratta, infatti, di uno dei casi giudiziari più complessi degli ultimi anni. La storia è nota ai più: Meredith, studentessa inglese di 22 anni si trovava a Perugia per un progetto Erasmus. Viene uccisa con una coltellata alla gola proprio nel suo appartamento. Il corpo viene trovato il giorno dopo in camera da letto, coperto da un piumone. Sono passati sette anni da quando Amanda e Raffaele vengono imputati per omicidio e violenza sessuale. La condanna nei confronti di Amanda nell’ultima sentenza è stata inasprita rispetto alla sentenza di condanna di primo grado perché è stato ravvisato anche il reato di calunnia, commesso dalla Knox nei confronti di Patrick Lumumba, il musicista coinvolto nell’indagine sull’omicidio dalle dichiarazione di Amanda, ma poi risultato estraneo al delitto e quindi prosciolto.