Bisognerebbe ormai parlare di deriva.
La modernità che fa rima con arteriosclerosi. Riflessioni amare sui fatti di ogni giorno che tuttavia non precludono la speranza.
Avvocati, commercialisti, magistrati perlopiù onorari, imprenditori, artigiani, professori universitari e di liceo, geometri, ragionieri, commercianti, agronomi, la nuova media borghesia affluente, parte della cosiddetta società civile che sarebbe migliore, una cricca che da Milano giunge a Catania passando per Roma e che commercia in sentenze per cui milioni di euro sono stati spostati, anzi un malloppo complessivo di 50 miliardi, dallo Stato ai privati grazie al 60% delle sentenze a favore del ricorrente evasore e accostato, un danno grave alla collettività: parliamo dei contenziosi tributari, delle tasse, questo mantra, questo luogo comune, questo piagnisteo ipocrita, questo colossale imbroglio che rende il nostro Paese un’accolta di individui senza il crisma della comunità, vale a dire la condivisione equa e giusta dei diritti e dei doveri uguali per tutti. Vi è una genia che chiagne e fotte, un magma omertoso e accattone che ogni cosa inquina, il mi manda Picone, l’amico che risolve i problemi e le logge. Non sono le mafie il male, per tale immota massa, ma lo Stato, qualora facesse rispettare le regole di convivenza; e infatti lo Stato non c’è, è un codice di cui si conviene siano strappate le pagine. E qui sta la melma stagnante che inghiotte l’intero territorio nazionale dal sud al nord e dal nord al sud: tutto.
Ciò che quasi giornalmente viene dissepolto dalle inchieste è semplicemente quanto scoppia fuori perché è troppo grande la quantità della monnezza che si accumula. E’ veleno più tossico per il tessuto sociale dei rifiuti della Terra dei Fuochi per la salute fisica degli abitanti. E purtroppo la cosiddetta terza o quarta che dir si voglia rivoluzione industriale, il neoliberismo finanziario non rende il Paese più efficiente, ma al contrario moltiplica, triplica, quadruplica la corruzione: non sana i luoghi infetti, semmai espande il cancro a livello planetario.
Sarà pure terza o quarta industrializzazione, ma lo sfruttamento è quello della prima. Si assiste alla cinesizzazione dei rapporti di lavoro perfino in Occidente, con orari e condizioni pesanti e non contrattabili, perché con meno diritti tale sistema va, fino a forme di nuova schiavitù. Si spazia dall’Africa, dove i nativi raccolgono le materie prime per le società tecnologiche con sistemi più prossimi alle seicentesche piantagioni portoghesi e molto distanti dalla civiltà del lavoro e dove i nuovi negrieri fomentano guerre per mantenerne la sottomissione, allo stesso cuore tecnologico dove, invero, una massa di non garantiti si adattano a fare i voucheristi. Insomma a lavorare a 7 euro e 50 centesimi l’ora, senza diritto a riposi, a ferie pagate, a malattie, a maternità e paternità, al congedo matrimoniale, al permesso per accudire i figli malati: lavorano eppure vivono appena sopra il limite di sussistenza, o più probabilmente al di sotto.
L’illegalità non è più patologia, ma è organica in un sistema in cui il profitto è il valore etico; il reato non è più roba solo dei devianti, lo compiono anche soggetti perfettamente integrati e magari per non perdere il proprio posto nella società. Mi ha detto un commercialista del nord Italia che se un imprenditore dovesse rispettare tutte le regole non sarebbe più competitivo. Sembra sia sottesa in simile asserzione la discrezionalità sul livello di irregolarità necessaria all’affermazione nell’agone competitivo, nonché la scelta di una scala di valori che privilegi la competizione al minimo delle regole rispetto alla tenuta di una comunità equa e coesa.
Ad esempio la contraffazione e l’adulterazione hanno raggiunto livelli impressionanti: vengono diffusi su internet kit per produrre Brunello di Montalcino in garage, l’uva e le vigne saranno obsolete, non ci si perita né della qualità del prodotto, né della salute dei consumatori. Secondo la Guardia di Finanza, nel 2014 e nella sola Italia, sono stati sequestrati 290 milioni di prodotti contraffatti o pericolosi, 1.400 tonnellate e 500mila litri di generi agroalimentari adulterati. In terra di Siena le forze dell’ordine hanno scoperto una frode mediante la quale veniva spacciato per extravergine di oliva un liquido che andava bene come lubrificante e la blasonatissima catena di grandi magazzini inglese “Harrods” metteva in commercio un “Tuscan extravirgin olive oil” che non era né extravergine né toscano. Tutto un operare di organizzazioni criminali ma anche del fai da te, la consuetudinarietà del reato.
L’ultimo documento dell’Autorità nazionale anticorruzione, che riguarda l’attività dell’Anac per la città di Roma, la capitale, fotografa uno stato delle cose per cui la corruzione è sistema, la prassi distorsiva e corruttiva incide in ogni ambito. Il dossier parla di “una sistematica e diffusa violazione delle norme e il ricorso generalizzato e indiscriminato a procedure prive di evidenza pubblica” genera “il conseguente incremento di fenomeni distorsivi che agevolano il radicarsi di prassi corruttive”. Ogni intervento ne è interessato: la manutenzione di strade, gli asili per l’infanzia e gli ospizi per gli anziani, i servizi per disabili, gli affitti per le case, la macellazione della carne, la tutela del verde pubblico, l’acquisto di software, la gestione dei canili.
Non si tratta più necessariamente di organismi di stampo mafioso, vale a dire di organizzazioni stabili e strutturate che si occupino di una vasta gamma di attività che vanno dal crimine vero e proprio all’inserimento nella società legale; ci si associa magari tra colletti bianchi per singoli business in attività legali svolte irregolarmente. Naturalmente tali comportamenti sempre più frequenti accrescono in modo esponenziale la presa e la forza condizionante delle organizzazioni criminali. Il fatto che esse possano godere di liquidità enormi asseconda la loro fame di potere, specie in un meccanismo sociale già moralmente corrotto. E la corruzione ai vari livelli sociali, dall’unzione dei procedimenti decisionali all’evasione fiscale, è, dunque, il torbido elemento in cui nuota e si alimenta la piovra mafiosa. Il crimine pertanto conquista fette viepiù vaste di territorio e di attività economiche e informa del proprio cancro la società.
E pertanto le mafie possono andare alla conquista di settori e servizi tradizionalmente riservati allo Stato sociale, qualificanti la civiltà dei diritti di cittadinanza e dei diritti dell’uomo: il rifiuto neoliberista del principio di solidarietà apre occasioni d’affari speculativi nel campo sanitario.
Il riciclaggio permette alle organizzazioni criminali di reinvestire il denaro illegalmente accumulato in strutture sanitarie e di ottenere dalla loro gestione ulteriori profitti. Attraverso convenzioni vantaggiose strette grazie soprattutto ai rapporti politici si realizzano dei monopoli di fatto nelle attività di cura, diagnostiche e degli appalti. Si controlla tutta la gamma di attività legate alla vita ospedaliera, dal catering alle pompe funebri e si afferma il proprio potere condizionante là dove c’è la massima concentrazione di spesa pubblica regionale. Inoltre diviene possibile inserire personale “amico” in una Asl, in un ospedale e si incrementa il capitale sociale dell’organizzazione malavitosa: relazioni di scambio, relazioni di dipendenza.
La privatizzazione dei servizi sanitari è occasione d’oro per gli operatori di illegalità. Il rapporto tra pubblico e privato si impregna di mafia e corruzione nel ciclo del contratto pubblico, mentre l’organizzazione post fordista del lavoro favorisce l’illegalità. Infatti in tale nuova organizzazione dell’impresa, essa diviene una ragnatela di appalti e subappalti. Tale modello organizzativo introduce degli elementi di illegalità con forme complesse: come si assiste nelle vicende dell’attuale economia passa alla media impresa, la media impresa subappalta a imprese ancora più piccole e le piccole imprese subappaltano al lavoro a domicilio, fino alla sfruttamento del lavoro minorile. E’ un sistema fertile per le mafie che facilmente possono inserirsi in questo ciclo e se poi ciò avviene nel campo sanitario, nel passaggio da pubblico a impresa privata post fordista la corruzione della vita pubblica e associata è cosa fatta. E’ il caso della Lombardia ciellina, leghista, ‘ndranghetista. E per spianare il passaggio all’illegalità solo noi italiani abbiamo introdotto nel nostro ordinamento la possibilità per l’operatore economico privato di proporre all’amministrazione pubblica la realizzazione in concessione di un’opera o infrastruttura per fornire servizi.
Ciò che occorrerebbe in campo sanitario, come in qualsiasi altro, sarebbe un personale integro, dai comportamenti ineccepibili e dalle relazioni trasparenti, sarebbe mantenere il sistema coerente con la propria natura solidaristica, sarebbe mettere al primo posto i diritti, la prima forma di illegalità da combattere dovrebbe essere l’erogazione, in campo sanitario come in qualsiasi altro, di servizi in modo non rispondente al principio fondante dell’eguaglianza senza distinzioni di ogni cittadino.
C’è un film, Cassandra Crossing: un treno viene lasciato correre senza manovratore verso l’abisso. Il treno trasporta materiale radioattivo, molti dei suoi occupanti ne sono già stati contaminati. E’ metafora della nostra situazione, lanciati, come siamo, verso il disastro ambientale e sociale. Alcuni passeggeri del treno, tuttavia, agli ultimi istanti si renderanno conto della fine imminente e riusciranno a salvarsi, mentre gli altri, irrimediabilmente resi incoscienti, proseguiranno verso il precipizio nel quale erano stati e si erano lasciati avviare. Così noi potremmo arrestare la marcia ottusa del treno, raffigurante la folle corsa verso l’impossibile crescita continua, perché contraria ad ogni legge di natura e che ci sta portando a sfracellarci; ma potremo farlo solo qualora cominciassimo a capire.