Barroso cautamente ottimista per il 2014
Il 2014 potrebbe essere un anno positivo per l’economia europea che uscirebbe dalla recessione ma la crisi si sente ancora
È da quando è iniziata la crisi che ci sentiamo dire che «l’anno prossimo comincerà la ripresa», ma questa volta sembra essere vero. Gli indicatori sono concordi, nel 2014, a meno di nuovi e inaspettati cicloni finanziari, vedremo di nuovo il segno più davanti ai dati economici. Vale per l’Europa, che in realtà già è in ripresa da qualche mese, vale anche per l’Italia dove l’export, gli ordinativi e gli investimenti sono, per la prima volta dopo molti mesi, in crescita.
Questo deve indurre all’ottimismo per il futuro ma certo non ci può far esultare. È lo stesso Barroso, presidente della Commissione Europea, a dire: «la recessione è alle spalle, ma non c’è spazio per il compiacimento. Non possiamo dire che siamo fuori dalla crisi». A preoccupare sono i dati sulla disoccupazione, specialmente giovanile, terribilmente alti: con tassi spesso raddoppiati rispetto ai livello pre-crisi. Basta citare ad esempio, prendendo i dati di Eurostat, il livello di disoccupazione di Grecia, Spagna e Italia. Nel luglio 2007 i tre Paesi avevano un tasso di disoccupazione non eccessivo, ovvero Grecia e Spagna all’8,1% e l’Italia al 6,3%, situazione drammatica nel novembre 2013 con la Grecia al 27,4%, la Spagna al 26,7% e l’Italia al 12,7%, un dato migliore rispetto alle altre due Nazioni ma pur sempre il peggiore nella sua storia.
La recessione che ha attraversato i Paesi europei in questi anni ha lasciato effetti tali che solo una guerra avrebbe potuto fare peggio, non solo nei dati riguardanti all’occupazione e la crescita ma anche per quello che riguarda i bilanci pubblici con i debiti di tutti gli Stati, anche quelli meno colpiti, che hanno subito un’impennata. Nonostante questo il 2014 sarà il primo anno di ripresa, anche se per tornare ai livelli pre-crisi ci vorranno molti anni. Barroso, rispetto all’anno appena cominciato, si è detto «sicuro che il 2014 sarà un anno positivo di cambiamenti per l’economia europea. Lavoriamo insieme perché ciò avvenga il prima possibile». Il presidente, che parlava all’assemblea plenaria dell’Europarlamento, probabilmente aveva in mente anche cambiamenti di natura politica viste le elezioni europee di maggio e la necessità, acclarata dalla crisi, di mettere mano alle regole dell’Unione e dell’Eurozona in primis.
L’ottimismo per gli anni futuri oltre per il normale ciclo economico che prevede una ripresa è dettato anche dall’afflusso di capitali che negli ultimi anni avevano abbandonato l’Europa per investire fuori, specie nei cosiddetti BRICS. Ma la domanda su questi ingenti capitali è: scappano dai BRICS perché vengono in Europa o vengono in Europa perché scappano dai BRICS? Molti osservatori hanno notato che nei prossimi mesi potrebbero scoppiare diverse bolle speculative gonfiate in questi anni nei paesi in via di sviluppo, specie in Cina e Brasile. È possibile che alcuni grandi investitori, di quelli capaci da soli di smuovere centinaia di miliardi di dollari, tornino in Europa non per una ritrovata competitività ed attrattività nostra ma solo perché hanno fiutato l’imminente crisi dall’altra parte del mondo, in pratica potremmo essere nel periodo di calma prima della tempesta, con il piccolo particolare che rischiamo di affrontare la nuova tempesta con le ossa ancora rotte per il passato terremoto.