Pubblicato: Mar, 30 Mag , 2023

Bankitalia, diamanti e mafia: risarciti i clienti truffati, ma ancora sospeso Bertini

MPS ricompra diamanti per 320 milioni, ma li valuta 70. Bankitalia non reintegra il funzionario che per primo denunciò l’affaire.

Diamanti venduti nei circuiti bancari a prezzi gonfiati, e non di poco. L’offerta era invitante, spacciati come investimento sicuro. Un business succoso, che le risultanze investigative hanno poi disvelato lambire oltre alle due società broker di preziosi, diversi istituti di credito, alti dirigenti, istituzioni, ministri e segretari, emissari e colletti bianchi anche della ndrangheta. Un giro di miliardi ai danni di centinaia di migliaia di risparmiatori.

Al 31 marzo 2023 MPS scrive che sono pervenute più di 12mila richieste per un controvalore di circa 317 milioni. Le pratiche ad oggi concluse sono state complessivamente pari a 316milioni, e rappresentano ben il 99,7% del volume complessivo delle segnalazioni di offerta dei diamanti della capogruppo. Tuttavia, le pietre ritirate sono iscritte per un valore pari a 68.6 milioni. L’Istituto di credito, quindi, ricompra dai propri clienti i preziosi a circa 320 milioni, ma li valuta 70 milioni. La differenza, quasi 250 milioni, il quadruplo rispetto al valore di mercato reale. A maggio 2018 nella nota informativa interna, il consiglio di amministrazione di MPS dava atto della situazione, congiuntamente all’elaborato di revisione di Deloitte. Le irregolarità sarebbero state note almeno già dal 2016, quando erano giunte le prime segnalazioni e un esposto anonimo metteva nero su bianco l’evento truffaldino in atto, informandone il Servizio Tutela Clienti della Vigilanza, la filiale di Firenze di Banca di Italia, la Procura della Repubblica, nonchè l’ufficio reclami di MPS.

I dati furono ampiamente confermati, prima dalle sanzioni comminate dall’Antitrust e dalle indagini successive. Nel frattempo si sono aperti anche i procedimenti penali, che tuttavia risentono della frammentazione in procure differenti. Disposti con sentenza i risarcimenti per i clienti truffati dalle banche; oltre un centinaio gli indagati e rinviati a processo. Dalle risultanze investigative emergono nomi apicali di peso inseriti nel business milionario dei diamanti. Complicità, diramazioni estese anche verso politica e massoneria, ndrangheta e lo IOR. Nell’affare dei diamanti venduti in banca, oltre 100 imputati sono chiamati a rispondere, a vario titolo, di truffa aggravata, autoriciclaggio e corruzione fra privati, per un presunto ingiusto profitto ai danni degli investitori quantificato in circa 500 milioni di euro.

Sembra che il patron della IDB S.p.A. (Intermarket Diamond Business S.p.A.) sia morto suicida, la società è fallita poco dopo (gennaio 2019). Con la DPI S.p.A. (Diamond Private Investment S.p.a.), tramite alcuni istituti di credito (Banco Bpm, Unicredit, Banca Intesa e Monte dei Paschi di Siena), vendevano diamanti da investimento ad un prezzo che successivamente è risultato di molto superiore rispetto al reale valore di mercato. L’operazione veniva spacciata come un investimento sicuro, senza rischi, redditizio e facilmente liquidabile (classificabile come un bene rifugio). Le società, anche attraverso gli istituti bancari di riferimento, al fine di offrire maggiore ufficialità e nel contempo pubblicizzare il prodotto, pubblicavano a pagamento le quotazioni delle pietre su importanti quotidiani di economia e finanza oppure rilasciavano, tramite la banca di appoggio e a chi aveva già acquistato il bene, delle valorizzazioni della pietra, senza però specificare che si trattava non di listini ufficiali, bensì di valutazioni, quotazioni e stime effettuati dalla stessa società. Gli istituti bancari si sono rivelati il canale privilegiato attraverso il quale le società riuscivano a vendere la quasi totalità dei loro diamanti (circa il 90%). Il risparmiatore veniva indirizzato dal proprio istituto bancario di fiducia all’acquisto dei preziosi, ingenerando così nel medesimo l’ovvia convinzione di investire i propri risparmi in un prodotto venduto dalla banca stessa. Già nel 2017 l’AGCM (l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), con due decisioni, aveva sanzionato le società IDB S.p.A. e DPI S.p.A. e le relative banche di appoggio, per modalità omissive ed ingannevoli di vendita e violazione dei diritti dei consumatori, sanzioni confermate dal TAR Lazio. In particolare, proprio in relazione al materiale promozionale l’Autorità rilevava che si rappresentavano in modo ingannevole ed omissivo: a) il prezzo di vendita dei diamanti; b) l’andamento del mercato e l’aspettativa di apprezzamento del valore futuro dei diamanti; c) la facile liquidabilità e rivendibilità dei preziosi (quando invece l’unico canale di rivendita attraverso cui avrebbero potuto essere realizzati i guadagni prospettati era rappresentato dalle stesse società DPI S.p.A. e IDB S.p.A.); d) la qualifica di leader di mercato, impiegata senza ulteriori precisazioni, al fine di conferire un maggiore affidamento alla propria offerta. Proprio i provvedimenti all’AGCM avevano spinto anche la Procura di Milano ad indagare sulla vicenda, contestando a 87 persone fisiche e 6 società con l’avviso di conclusione delle indagini preliminari i reati di truffa aggravata, autoriciclaggio e ostacolo alle funzioni di vigilanza (2020).

Solo successivamente al fallimento della società IBD S.p.A., però, la maggior parte dei risparmiatori è venuta a conoscenza della reale situazione e di come i propri soldi erano stati malamente investiti. Nell’importo pagato sono infatti state calcolate (ma sembra non esplicitate in sede di firma del contratto di vendita) anche le commissioni percepite dalle società e dalle Banche per la transazione e altre spese (le commissioni in favore delle società e delle banche, ad esempio, variavano in diminuzione a seconda del tempo di investimento, ovviamente invogliando l’acquirente a mantenere l’investimento nel lungo termine proprio per ridurre le commissioni che comunque, ancora dopo il 7° anno dall’acquisto, ammontavano al 7%). Tutto ciò ha portato e sta ancora portando i risparmiatori ad avanzare domande risarcitorie nei confronti delle Banche per ottenere un indennizzo o rimborso. Ad oggi a livello nazionale vi sono state diverse pronunce che hanno riconosciuto un ristoro economico ai risparmiatori. In alcune di esse è stato condannato l’istituto bancario a risarcire il risparmiatore con la somma individuata nella differenza tra il prezzo di acquisto ed il reale valore del bene, individuando la fonte della responsabilità della banca nel rapporto che è intercorso tra il cliente e l’istituto di credito in relazione all’acquisto dei diamanti e nell’ambito del quale il risparmiatore ha posto affidamento in un dovere di diligenza gravante in capo alla banca stessa, in virtù delle sue specifiche competenze professionali. Il rapporto intercorso tra le parti avrebbe infatti dovuto generare a carico della banca un obbligo di informazione e di protezione nei confronti del cliente a salvaguardia dell’affidamento in lui generato.

Il dott. Carlo Bertini, all’epoca funzionario di Bankitalia, aveva intercettato l’esposto anonimo e come capo del team di vigilanza su MPS aveva quindi provveduto ad approfondire le dinamiche della vendita di preziosi nei circuiti bancari. Un lavoro davvero preciso e meticoloso, troppo. La sua integerrima caparbietà ha rovinato un business collaudato da anni. Il Bertini aveva colto la gravità delle vicende che si snodavano tra i corridoi dorati delle banche, quindi si attivava esperendo tutti i gradi gerarchici all’interno dell’Ente stesso, per avvisare formalmente dei piani criminosi in atto. La segnalazione arriva fino alla BCE, dove il suo omologo coordinator del team di Francoforte esaminò le carte, ma senza alcun esito. E più il Bertini si ostinava a denunziare e più veniva fatto rimbalzare indietro. Infine, la sua scelta di rivolgersi alla Procura della Repubblica e congiuntamente alla stampa, gli costò assai cara. Il Bertini è stato isolato, attaccato e minacciato, demansionato, sottoposto a perizie psichiatriche, sospeso senza stipendio e, a luglio 2022, licenziato. Invitato più e più volte, con toni spesso inequivocabili, ad abbandonare l’argomento, il funzionario si è infilato in una sfida solitaria contro i poteri forti. Nel frattempo, lo scorso 10 marzo, in ritardo di diversi anni, il Consiglio dei Ministri italiano ha approvato in esame definitivo il Decreto Legislativo di attuazione della Direttiva (UE) 2019/1937 relativa alla protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione, comunemente nota come Direttiva Whistleblowing. Ma nemmeno la normativa UE volge in soccorso alla vicenda. Il 27 marzo il TAR annulla il provvedimento di Bankitalia con il quale il funzionario veniva destituito: la procedura di licenziamento dell’ex funzionario della Vigilanza è illegittima. Durante l’udienza della Commissione di disciplina della Banca d’Italia non gli fu infatti permesso di ricevere l’assistenza di un legale. Nemmeno 24 ore dopo, Bankitalia trasmette fulminea comunicazione in senso negativo, non ritenendo opportuno provvedere al reintegro lavorativo del funzionario e procedendo quindi per la sospensione cautelare con effetto immediato per gravi motivi. La querelle è ancora in atto, ma appare evidente che la frattura tra il funzionario e Bankitalia sia ormai insanabile. Sicché, il Bertini è l’unico ad aver denunciato ma anche l’unico ad essere stato licenziato. Nell’assordante silenzio di politica e istituzioni tutte.

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