Alitalia, via libera alla ricapitalizzazione
Dopo una lunghissima assemblea, i soci hanno approvato all’unanimità l’aumento di capitale di 300 milioni. Forti critiche da concorrenti e stampa internazionale
Dopo 17 ore di riunione l’assemblea dei soci ha dato l’ok all’aumento di capitale necessario per salvare Alitalia dal fallimento. Il piano, che prevede l’ingresso di Poste Italiane con un contributo di 75 milioni, comporta un esborso di 300 milioni da parte degli azionisti in maniera proporzionale alla quota di capitale posseduta, le nuove azioni dovranno essere sottoscritte entro 30 giorni a partire dal 16 ottobre.
L’operazione, in particolare l’intervento pubblico tramite le Poste, ha suscitato diverse critiche sia da parte dei concorrenti di Alitalia sia da parte della stampa internazionale. British Airways ha chiesto l’intervento della Commissione Europea per sanzionare il comportamento italiano in quanto è possibile intravedere un aiuto di Stato, vietato, nel ruolo giocato dalle Poste. La difesa nei sostenitori della strategia del governo si basa sul fatto che Poste Italiane, seppur controllate dal Ministero dell’Economia, è una s.p.a inoltre questa è già proprietaria di una compagnia aerea, la Mistral.
Alle polemiche nazionali sull’opportunità di un ennesimo intervento pubblico per salvare un’azienda sull’orlo del fallimento come Alitalia si sono aggiunte le forti critiche da parte dei maggiori quotidiani economici internazionali.
Per il Wall Street Journal la vicenda Alitalia è l’esempio del fallimento della politica industriale italiana: le aziende italiane, oberate dal peso fiscale e burocratico, hanno perso quella competitività che in passato permetteva loro di stare sul mercato anche e soprattutto perché i vari governi hanno tenuto alla larga ogni tipo di concorrenza, rendendole quindi incapaci di competere nel libero mercato internazionale. Per il Financial Times l’operazione Alitalia è un classico esempio di protezionismo economico incompatibile con l’economia moderna, inoltre il quotidiano britannico sottolinea la contraddittorietà del governo che, mentre con il provvedimento “Destinazione Italia” cerca investimenti dall’estero, interviene direttamente nell’assetto di una compagnia privata per evitare che questa finisca in mani straniere.