Addio Pizzo, appello di Pietro Grasso a Palermo: «Denunciate è giunta l’ora»
Il presidente del Senato in visita agli stand della fiera annuale di Addio Pizzo smorza le polemiche con Cantone
Palermo, 17 maggio. Sono passati dieci anni dalla costituzione di Addio Pizzo, allora Pietro Grasso era Procuratore Capo a Palermo. Oggi in qualità di presidente del Senato è tornato nel capoluogo siciliano per la fiera del consumo critico organizzata dal comitato, come ogni anno. Dopo l’abituale giro tra gli stand che ospitano gli esercenti facenti parte della rete, tra saluti, strette di mano in una splendida giornata primaverile, nella cornice del giardino inglese, inizia il suo discorso con i ricordi. «Tappezzarono la città con il loro slogan, i ragazzi di Addio pizzo, non erano normali, erano differenti, scomodi, sognatori e ribelli – dice Grasso – Tre di loro nella mia stanza da procuratore mi illustrarono i 3000 nomi degli aderenti. Oggi vantano 10000 consumatori e quasi 900 attività e sono conosciuti in tutta Europa». Come ci sono riusciti? Secondo il Presidente la carta vincente è stata essere apartitici ed indipendenti. Eppure nemmeno loro si sarebbero aspettati di resistere al tempo e alla città, confessano. Non solo esistono e resistono ma quest’anno introducono l’idea di un investimento collettivo in città, con lo sconto etico ai possessori dell’Addiopizzo card. «Portano avanti quello che le istituzioni dovrebbero fare – mi ci metto in mezzo pure io afferma Grasso – azioni concrete per il bene comune». Il leit motiv della festa è proprio i beni comuni contro Cosa nostra. «Recuperare il senso di appartenenza al territorio – dice uno dei legali della rete Valerio D’Antoni – solo quando si sentirà come bene comune lo si difenderà istintivamente dalla mafia e dall’illegalità». La mission si allarga dalla denuncia alla costruzione condivisa del tessuto culturale, economico e sociale. Si fa spazio l’aspetto etico ma non solo. «Ci sono leggi che tutelano chi denuncia ma bisogna rafforzare i benefici dal punto di vista economico per rendere più conveniente la strada della legalità», prosegue D’Antoni. Di una convenienza economica parla anche Grasso che invita così ad uscire allo scoperto: «Questo è il momento buono per denunciare – afferma il Presidente – in un periodo di crisi economica, i soldi sono utili per le famiglie e le imprese. L’organizzazione che dà supporto c’è e si va rafforzando, più si fa numero, più ci si fa forza». Quella paura che accompagnava chi aveva il coraggio di denunciare, che a volte ha costituito un alibi per continuare a restare nel circuito illegale, cullati dalle garanzie del suo pseudo servizio, va sempre più perdendo intensità. Dopo l’appello a ribellarsi, Grasso ha risposto ad alcune domande sul ddl anticorruzione dicendo: «Non c’è stata alcuna polemica con Cantone, l’hanno creato i media, abbiamo parlato e ci siamo chiariti. Riconosco che ci sono ancora molte cose da fare e che ci vogliono ancora più benefici per incentivare la denuncia di quella che ormai è la rete della corruzione, una rete circolare tra corrotti e corruttori». Quel ddl Grasso l’ha presentato durante le sue uniche 24 ore da semplice senatore, poiché dopo è stato eletto presidente. Alla nostra domanda su come riesca a conciliare la sua precedente esperienza e la politica, risponde: «Il mio ruolo è super partes e questo rende più facile la continuità con la mia precedente attività che richiedeva a sua volta un certo distacco».