Pubblicato: Mar, 2 Dic , 2025

Palermo, Stati Generali sul disagio sociale, la lotta alla povertà educativa riparte dallo ZEN

Dispersione scolastica al 15%, apparato educativo fragilissimo, modelli sub culturali ispirati a mafia e camorra: centinaia di volontari di 117 associazioni a confronto sulle strategie. L’adesione di Radio e Rete 100 Passi.

La periferia è un punto di vista, un posizionamento normalmente inteso nella dialettica tra potere e marginalità. “Cosa significa, Antonio, parlare di periferia come di un luogo di vita possibile?” – “Significa concepirla non come margine del foglio, ma corpo del testo – risponde Antonio Ortoleva, del direttivo dell’associazione Memoria e Futuro – centralità di vita e di relazioni umane”. Ortoleva era ieri a Palermo insieme ad oltre 300 persone che hanno affollato la sala del Teatro della Parrocchia San Filippo Neri di Palermo. Non un punto geografico qualsiasi del capoluogo siciliano, ma lo Zen: la periferia per eccellenza, sinonimo per antonomasia di “mancanza”, “disagio giovanile”, “anarchia” nel senso di fuga dalle norme securitarie dello Stato. In quel Teatro 150 organismi di cui associazioni sociali, cooperative, enti del terzo settore e del privato, poli parrocchiali, si sono riuniti attorno al tavolo delle trattative etiche e del confronto per sollevare uno dei temi più critici della città: le condizioni nelle quali le giovani generazioni vivono l’infanzia e l’adolescenza.

La realizzazione degli “Stati Generali per l’infanzia, l’adolescenza e le Politiche giovanili” ha costretto a riesumare dati di un quadro sociale arenatosi nell’abbandono delle istituzioni, e incallitosi nel vizio della trascuratezza, dell’analfabetismo, del dilagare della malavita. Malavita che risucchia, nel circuito chiuso della criminalità, dello spaccio, del “grilletto facile”, ragazzi giovanissimi, privi di guide educative stabili, senza istruzione e dunque aspettative future. Le associazioni firmatarie che hanno aderito all’iniziativa sono tornate a interrogare l’incuria politica chiedendo di intervenire contro l’assenza di asili nido, e per rafforzare un apparato educativo fragilissimo, dove la dispersione scolastica supera il 15% e il traguardo basilare del diploma è raggiunto da una sparuta minoranza. In una Palermo dove oltre i due quinti dei giovani non studia né lavora e dove la disoccupazione tocca frange del 31%, dai quartieri della Vucciria, di Ballarò e dello Zen stesso la criminalità organizzata festeggia, rimpolpando le fila di giovani reclute. È ciò che promette loro a fare gola: soldi facili, ostentazione del lusso, “controllo” del territorio. Il modello è finto palermitano: “è napoletano, un napoletano rivisitato dai valori mafiosi propriamente detti”. Attenzione però. “Non mafia in quanto necessariamente organizzazione – ribatte Antonio Ortoleva, giornalista e membro dell’associazione Memoria e Futuro – ma in quanto mentalità: il senso di padroneggiare il territorio, affermare la propria personalità di giovani capi, imporre il rispetto della famiglia di provenienza”.

Il concetto stesso di Zen (Zona Espansione Nord) è da sempre raccolto nel suo guscio di “fatalismo immutabile”, secondo la narrazione mainstream. Da qui provengono i ragazzi che si sono resi colpevoli delle violenze commesse a Monreale (strage del 26-27 aprile 2025) e, più recentemente, all’Olivella, nel cuore della socialità palermitana. E per chi proviene da qui, raccontano gli abitanti, cadere nella trappola del crimine è facile, più facile che altrove, perché l’isolamento del quartiere e la precarietà del quotidiano “rendono la delinquenza allettante. Aderirvi nasce da bisogni economici, mancanza di lavoro, famiglie disastrate e polverizzate. Qui la marginalità si cronicizza”. ”L’errore però – prosegue Ortoleva – sta nel pensare che questo andazzo sia imperturbabile e fisso. Che è un po’ come arrendersi all’incapacità delle istituzioni nel prendere di pugno la contingenza e agire alla radice dei problemi. Investire risorse per nuovi asili e ristrutturare edifici scolastici obsolescenti; rafforzare i dispositivi educativi e monitorare le zone più critiche della città, non solo istituendo “zone rosse” per arginare la movida incontrollata (quelle introdotte dopo l’omicidio Taormina), ma creando strutture socio-sanitarie adeguate. Combattere la povertà. Queste sono le risposte alla “patologia”.

Lo Zen non è il “problema”. È piuttosto la parte del “problema” che più palesemente grida aiuto a bocca chiusa, motivo per cui “scegliere di incontrarsi qui – recita il documento programmatico degli Stati Generali – significa riscriverne lo status, farlo centro e punto di partenza di un cammino inclusivo”.

Nel corso dell’incontro, le parti sociali hanno avanzato proposte per cercare di richiudere i lembi di una cerniera comunicativa, tra società – istituzioni – terzo settore, rimasti a lungo distanti. “Non c’era stanchezza ma molto ottimismo – continua Ortoleva tirando le somme dell’incontro -, perché c’era una forza d’urto vibrante, una seria progettualità”. E a indossare l’abito dell’istituzione sono stati, tra gli altri, il Presidente della Commissione Antimafia dell’Assemblea Regionale Antonello Cracolici nonché il delegato dal sindaco per i minori. Lo Zen è uno dei punti che “con Scampia a Napoli e Librino a Catania, costituisce una sorta di triangolo del disagio sociale del Sud Italia. ”Molto è cambiato – conclude Ortoleva con un ultimo slancio fiducioso – grazie a presidi, mobilitazioni, operatori che hanno seminato il terreno”. Ma uno sguardo a lunga gittata sa che la strada per il “riassestamento sociale” è parecchio lunga, “e di ricette non ce n’è”.

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