Pubblicato: Lun, 4 Mar , 2013

Una storia poco raccontata

Al liceo Scientifico Benedetto Croce di Palermo gli studenti incontrano i genitori di Nino Agostino, poliziotto ucciso da mano mafiosa nel 1989

 

 

di Rosalba Di Giuseppe e Giorgio Fusco 

NEWS_104362Al liceo Scientifico Benedetto Croce di Palermo gli studenti incontrano i genitori di Nino Agostino, poliziotto ucciso da mano mafiosa nel 1989. Lunedì 18 febbraio si è tenuta una conferenza organizzata dall’associazione “Cittadinanza per la Magistratura” nell’Aula Magna del Liceo Scientifico Statale Benedetto Croce di Palermo. Uno dei temi della conferenza era “territorio e legalità”. L’attenzione si è spostata su un uomo, che a primo impatto ricordava Karl Marx: una chioma lunga copriva parzialmente la sua testa e una lunga barba bianca lo proteggeva. Si trattava di Enzo Agostino, padre di Nino. Vi starete chiedendo: ma di chi parliamo? Ebbene, Nino Agostino era un poliziotto: uso l’imperfetto perché venne trucidato da più colpi di pistola il 5 agosto 1989, davanti alla villa di famiglia; assieme a lui, uccisa anche la sua consorte, Ida Castellucci, e negata la vita al bimbo che portava in grembo da nemmeno due mesi.

Comincia così il racconto di un uomo, sì anziano, ma che non ha alcuna voglia di arrendersi. Ogni studente presente alla conferenza credo abbia amato la sua scarsa capacità di sintesi: si pendeva dalle sue labbra. Ogni dettaglio, anche superfluo, della storia, dava uno spunto di riflessione, ed era pronunciato, sembrerà retorico, dalla voce della sua anima. Sulla storia di Nino e Ida è sceso il velo impietoso del Segreto di Stato. La “colpa” di Nino sembra essere stata quella di aver fatto saltare l’attentato dell’Addaura, in cui il 21 giugno 1989 Giovanni Falcone sarebbe morto se Nino e il suo collega, Emanuele Piazza, non avessero scoperto i 58 candelotti di esplosivo nei pressi della spiaggetta davanti alla villa, pensando che prima o poi il magistrato vi si sarebbe diretto per un bagno. Ad avvalorare questa tesi vi è la frase pronunciata da Falcone il giorno dei funerali in onore di Nino: “Io a quel ragazzo gli devo la vita.” La notte dell’omicidio alcuni uomini di Stato sono riusciti a entrare nell’abitazione della coppia uccisa, spronati dal biglietto trovato nel suo portafogli “se mi succede qualcosa andate a guardare nell’armadio della mia stanza da letto” e a sottrarre degli appunti riguardanti alcune indagini che Nino stava facendo. La rabbia del papà Enzo ha cacciato un urlo: “chi cuosa c’era scrittu nni sti pizzina?! Un mi rissiru nenti.?” La sua voce sembra quasi accompagnata da un ingiustificato senso di colpa. Ha detto anche di avere visto “un uomo con la faccia da mostro che cercava mio figlio una ventina di giorni prima che fosse ucciso”, ma che di questo nessuno gli ha dato conto. Nonostante ciò, il signor Agostino non è un uomo rassegnato: va, assieme a sua moglie, in giro per l’Italia a raccontare ciò che è successo al figlio.

Una storia, forse, troppo poco raccontata. Nei suoi grandi occhi azzurri si vede la ferita di un figlio perduto ingiustamente. La mancata giustizia è il motore della sua promessa: “fino a che non ci sarà giustizia, non mi taglierò più la barba né i capelli”. Commoventi applausi; la parola va così alla moglie, Augusta. Anche in lei il senso di colpa: “se Ida non avesse scelto un poliziotto, magari sarebbe ancora in vita” ha detto con le lacrime agli occhi. Ma ecco la speranza che si fa viva nel suo cuore: “Nino e Ida ci sono ancora”, ha concluso. Certo, il ricordo non muore mai. Ma si riferisce anche ai suoi nipotini, chiamati proprio Nino e Ida, i quali si potranno ancora amare. Finisce così il racconto di una storia di cui forse non potremo mai sapere tutta la verità, ma di cui possiamo ammirare i protagonisti e l’orgoglio dei genitori, che nonostante tutto vanno avanti; nonostante tutto riescono a sorridere; nonostante tutto si fermano, finita la conferenza, e ci mandano un messaggio di potenza, di forza, di speranza: “nu’atri semu a maggioranza semu cchiù assai. Un ci ponnu fari nenti, si luttiamo tutti nsemmula c’a putemu fari.” Un uomo e una donna con gli attributi.

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