Re della terra selvaggia. Un film semplicemente bellissimo
Hushpuppy, una bimba di sei anni, tra sogno e realtà, tra creature mitologiche (gli Aurochs) e scioglimento dei ghiacci sarà investita del titolo di Re della terra selvaggia
di Mario Tralongo
Come si fa a recensire un film semplicemente bellissimo ? Basta dire che è bello e che non vederlo sarebbe un peccato ? Forse non basta.
Il film diparte da un assunto tanto semplice quanto dirompente. Dello stile di vita, del sogno americano c’è a chi non importa nulla. Dei Nativi Americani sterminati e confinati in riserve o degli Inuit dell’ Alaska decimati e ridotti alla fame già lo sapevamo ma che nel cuore della Lousiana tra paludi , alligatori ed uragani, ad una folta comunità interraziale dello stile di vita dell’ American Way of Life non frega nulla questo lo scopriamo grazie al regista e alla sua opera. Il giovane regista, Benh Zeitlin, esordiente sforna una pellicola di una forza e intensità tale che rischia di pregiudicare la sua futura carriera tanto difficile appare mantenere un tale livello. Fin dalle prime scene la piccola Hushpappy (interpretata da Quvenzhanè Wallis) ci cattura con l’ abitudine di ascoltare il cuore di chi gli sta intorno sia esseri umani che animali ma non in senso metaforico quanto letteralmente di accostare l’ orecchio al cuore pulsante della natura. Ascoltarla, capirla, parlarle. Anche l’ uragano nella sua furia viene affrontato e non subito come la vita della piccola Hushpappy, abbandonata dalla madre piccolissima viene tirata su non solo dal padre ma da tutta la comunità come avviene in natura tra i leoni dove i cuccioli sono allevati da tutte le femmine. La “vita civile” esiste ma non coesiste. Si manifesta sotto forma di impianto industriale protetto da una diga che dopo l’ abbattersi dell’ urgano i nostri faranno saltare per consentire il defluire dell’ acqua salata che minaccia di distruggere il loro delicato habitat.Dopo questo episodio di autodifesa l’ intera comunità viene deportata all’ interno della civiltà tradizionale da cui però poco dopo tutti, grandi e piccoli, evadono per tornate alla Grande Vasca per celebrare la morte di Wink e l’ incoranazione di Hushpappy come nuovo re. Gli attori, tutti non professionisti, risultano così bravi e convincenti da provocare imbarazzo. Il pathos e l’ empatia trasmessa è tale che si vive la storia come dentro la storia. Una cinematografia targata USA così lontana dallo star system da risultare sorprendente.
Senza che ciò sia un valore aggiunto di cui non ha bisogno, la pellicola vincitrice della Camera d’ or al Festival di Cannes e del Sundance Festival è candidata a quattro premi oscar.
Converrà tenere d’ occhio Benh Zeitlin ne sentiremo parlare.