Perchè continuano a chiamarla guerra?
Un esercito contro una popolazione inerme.
Il conflitto in corso a Gaza è spesso descritto come una “guerra” nei media e nei dibattiti internazionali. Tuttavia, questa definizione solleva delle domande profonde: è davvero corretto definire guerra una lotta tra un esercito tra i più potenti al mondo e una popolazione civile fondamentalmente inerme?. Se ci atteniamo alla definizione classica del termine, la guerra è un conflitto armato tra due Stati sovrani o coalizioni, generalmente motivato da interessi politici, economici o ideologici. Ma nel caso di Gaza, quale esercito sovrano sta combattendo contro quello israeliano? La realtà, purtroppo, è molto più complessa.
La Definizione di Guerra e la Realtà di Gaza
La tradizionale definizione di guerra si basa su un concetto ben delineato: si tratta di uno scontro tra entità statali riconosciute e dotate di forze armate ufficiali, che si contendono territori, risorse o potere politico. Nelle guerre classiche, gli Stati si scontrano con le loro rispettive forze militari per risolvere controversie internazionali. Nel caso di Gaza, però, non ci troviamo di fronte a due Stati sovrani che combattono con eserciti regolari.
Gaza non è uno Stato indipendente riconosciuto a livello internazionale. Si tratta di una piccola striscia di terra, abitata da circa due milioni di persone, gran parte delle quali vive in condizioni estremamente precarie a causa del blocco imposto da Israele e delle devastazioni provocate dai conflitti. Dal 2007, Gaza è governata dal movimento palestinese di Hamas, che Israele considera un’organizzazione terroristica. Tuttavia, Hamas non rappresenta un esercito regolare né uno Stato sovrano. Il suo potenziale bellico, composto da razzi artigianali e combattenti poco equipaggiati, non può essere paragonato alla sofisticata macchina da guerra di Israele.
Israele dispone di uno degli eserciti più potenti e avanzati al mondo. L’IDF (Israeli Defense Forces) è dotato di una vasta gamma di tecnologie militari all’avanguardia, incluse armi di precisione, sistemi di difesa aerea, droni e mezzi corazzati. L’esercito israeliano è supportato da un’industria militare tra le più avanzate, nonché da forti alleati internazionali, soprattutto gli Stati Uniti.
In confronto, la popolazione di Gaza è pressoché inerme. Anche se Hamas lancia razzi verso Israele e compie attacchi, queste operazioni sono di natura limitata e altamente asimmetrica. I razzi di Hamas spesso mancano di precisione e vengono intercettati dal sofisticato sistema di difesa antimissile israeliano, l’Iron Dome. Dall’altra parte, i bombardamenti israeliani su Gaza causano enormi danni a infrastrutture civili, colpendo case, ospedali e scuole, e provocando un numero sproporzionato di vittime tra i civili, tra cui donne e bambini.
In questo contesto, la parola “guerra” sembra inadatta. La disparità tra le forze in campo è così grande che parlare di un vero e proprio conflitto bellico tra due eserciti è fuorviante. Piuttosto, si tratta di una lotta tra un esercito moderno e ben armato e una popolazione civile in larga parte indifesa.
La situazione a Gaza è caratterizzata da una condizione umanitaria devastante. Il blocco israeliano, in vigore dal 2007, limita gravemente l’accesso ai beni di prima necessità, come cibo, acqua potabile, elettricità e medicine. Le infrastrutture essenziali sono state distrutte o gravemente danneggiate nei vari cicli di violenza. Le persone che vivono a Gaza non hanno la possibilità di sfuggire ai conflitti, poiché sono letteralmente intrappolate all’interno di una striscia di terra lunga 41 chilometri e larga appena 6-12 chilometri.
Ogni nuovo ciclo di attacchi israeliani su Gaza porta con sé un tributo umano insostenibile. I civili pagano il prezzo più alto, con migliaia di morti e feriti, spesso tra le famiglie che non hanno alcun legame con le fazioni armate. In questo scenario, la parola “guerra” tende a legittimare un’azione militare sproporzionata, quando invece si tratta di una campagna di bombardamenti contro una popolazione che non ha difese adeguate né vie di fuga.
Quale Nazione Sta Combattendo Contro Israele?
Se analizziamo la situazione di Gaza con la lente della definizione classica di guerra, emerge subito una discrepanza. Non c’è uno Stato sovrano che sta combattendo contro Israele. La Striscia di Gaza non è una nazione indipendente; è un territorio che formalmente appartiene allo Stato di Palestina, ma che di fatto è separato dalla Cisgiordania e governato da Hamas.
Israele, uno Stato con una delle forze militari più potenti al mondo, combatte contro gruppi armati, ma non contro un esercito di uno Stato sovrano riconosciuto. Questo rende la situazione molto diversa dalle guerre tradizionali. La natura del conflitto è profondamente asimmetrica: un esercito moderno, dotato di risorse quasi illimitate, attacca un territorio densamente popolato da civili, con un livello di distruzione che va ben oltre la semplice autodifesa.
La Rappresentazione Mediatica e la Percezione della “Guerra”
Chiamare la situazione a Gaza “guerra” ha implicazioni profonde. Le parole che usiamo per descrivere un conflitto ne modellano la percezione. Definendo la violenza a Gaza come una guerra, si tende a mettere i due lati del conflitto su un piano di parità, come se si trattasse di due forze equivalenti che si scontrano per difendere i propri interessi. Tuttavia, la realtà è ben diversa. La popolazione di Gaza non ha un esercito regolare che la difende, e le sue infrastrutture sono continuamente sotto assedio.
I cicli di violenza non risolvono le questioni di fondo e non portano pace o stabilità. Al contrario, perpetuano un circolo vizioso di distruzione e sofferenza. Parlare di guerra in questo contesto rischia di offuscare il fatto che, nella maggior parte dei casi, sono i civili a pagare il prezzo più alto, non le forze armate. Inoltre, alimenta una narrazione che giustifica l’uso della forza sproporzionata da parte di Israele, che viene spesso presentato come uno Stato che si difende contro un nemico equivalente.
Un Conflitto Asimmetrico, Non una Guerra. In definitiva, chiamare “guerra” il conflitto tra Israele e Gaza è fuorviante. Non ci troviamo di fronte a uno scontro tra due Stati con eserciti regolari, ma a un conflitto asimmetrico in cui una popolazione civile, intrappolata in un piccolo territorio senza via di fuga, viene colpita da un esercito potente e altamente equipaggiato. La violenza su Gaza non può essere semplicemente ridotta a un confronto bellico tra due forze uguali; è piuttosto l’espressione di un sistema di oppressione che lascia la popolazione palestinese in una condizione di continua vulnerabilità.
La comunità internazionale ha il dovere di affrontare la realtà di questa situazione e di agire per porre fine a una tragedia che, anno dopo anno, continua a causare sofferenze inenarrabili.