Pavitra Bhardwaj: ennesima vittima della violenza sulle donne in India
Drammatico epilogo per l’assistente universitaria datasi fuoco davanti al Governo Indiano il 30 settembre.
Dopo una settimana di agonia è morta Pavitra Bhardwaj, a causa delle gravi ustioni riportate a seguito del suo atto di protesta svoltosi davanti al palazzo del Governo di New Dehli, dopo anni di lotte e proteste sfociate nel nulla.
Pavitra, che in gioventù aveva impresso alla sua vita uno stile diverso rispetto alla maggior parte delle donne indiane diventando assistente universitaria, è invece caduta vittima di una piaga che affligge la popolazione femminile del territorio da secoli: tre anni fa la donna venne stuprata da tre colleghi e successivamente licenziata dopo aver denunciato l’aggressione alle autorità.
Lo stupro di Pavitra non è altro che l’ennesimo esempio della precaria e degradante condizione della donna in India, dove la figura femminile è soggetto di una duplice e contrastante visione: se nell’immaginario classico la donna è ritratta come moglie succube e devota al marito, in quello trasmesso dalla cinematografia l’oggetto del desiderio è rappresentato in modo sensuale e provocatore.
La confusione di questi due paradigmi, aggravata dalla conclamata condizione della donna come subordinata all’uomo, non può che sfociare in violenze sessuali esclusivamente a scapito femminile, i cui tentativi di rivalsa – qualora le vittime riescano a sopravvivere – vengono ignorati da istituzioni e società.
Il triste epilogo della Bhardwaj ha coinciso con la sentenza di pena di morte per i quattro uomini che nel dicembre scorso hanno stuprato fino alla morte una giovane ventenne: le manifestazioni che si sono svolte in tutta l’India a seguito di questi due eventi, contemporaneamente all’attenzione della comunità internazionale, potrebbero rappresentare un segno di svolta e di speranza, simbolo che la voce di Pavitra e di tutte le altre vittime potrebbe essere stata finalmente ascoltata.