Passo di Rigano, una strage ancora calda
Celebrato oggi il 64° anniversario dell’attentato nel quale, a opera della banda di Salvatore Giuliano, morirono sette carabinieri
di Matilde Geraci
Ricorre oggi il 64º anniversario della strage di Passo di Rigano, l’attentato messo in atto dagli uomini del bandito Salvatore Giuliano, in cui persero la vita sette carabinieri e altri undici rimasero gravemente feriti a causa dell’esplosione di una potente carica di tritolo, al passaggio del mezzo militare su cui viaggiavano.
Il contesto storico in cui si inquadra la strage è quello della Sicilia del secondo Dopoguerra. Sono gli anni in cui il banditismo nell’isola e i suoi feroci attacchi alle istituzioni sembravano essere inarrestabili.
I sette carabinieri uccisi facevano parte di un contingente che tornava in città dopo aver pattugliato l’area intorno a Bellolampo. Proprio in quella zona, infatti, la banda Giuliano aveva messo in atto nel pomeriggio un attacco dimostrativo senza causare vittime, al solo scopo di attrarre sul posto altri militari da colpire con la bomba. E così, purtroppo, poco dopo avvenne.
Alle 21.30, in quella che allora era una piccola borgata alle porte di Palermo, sull’unica strada di accesso alla città, provenendo da Partinico e Montelepre, fu fatta esplodere una potente mina anticarro. La deflagrazione investì l’ultimo mezzo, con a bordo diciotto carabinieri, facente parte di una colonna composta da cinque autocarri pesanti e da due autoblindo che trasportavano complessivamente sessanta unità del “XII Battaglione Mobile Carabinieri” di Palermo. Un secondo ordigno, piazzato dai banditi poco distante dal primo, scoppiò al passaggio di due auto sulle quali viaggiavano i vertici dell’Arma e della Polizia, accorsi sul posto dell’attentato e usciti fortunosamente indenni dall’esplosione.
Inevitabile e doveroso ricordare. Così, questa mattina, in via Leonardo Ruggeri, luogo dell’eccidio, è stata deposta una corona di fiori ai piedi della lapide che ricorda i militari caduti: Giovan Battista Aloe di Cosenza, Armando Loddo di Reggio Calabria, Sergio Mancini di Roma, Pasquale Antonio Marcone di Napoli, Gabriele Palandrani di Ascoli Piceno, Carlo Antonio Pubusa di Cagliari e Ilario Russo di Caserta. Tra i presenti alla cerimonia, vi erano il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, l’assessore alle Attività Produttive, Marco Di Marco, il Comandante della Legione Carabinieri Sicilia, Generale Giuseppe Governale, i vertici dell’Arma a Palermo, della Polizia di Stato, dell’Esercito e della Polizia Municipale, diversi rappresentanti della Magistratura.
«Siamo qui accanto all’Arma dei Carabinieri – ha dichiarato il primo cittadino – a ricordare il sacrificio di questi sette uomini e di coloro che, dopo quel giorno, rimasero mutilati a vita. Sono servitori dello Stato, eroi sconosciuti ai più, che abbiamo il dovere di tenere nella memoria con cerimonie come questa, ma anche nella vita di tutti i giorni. Deve essere chiaro che, anche se viviamo in un presente che è completamente diverso da quel preciso momento storico, se questa città va avanti nonostante tutto, è perché tanti come loro hanno fatto e continuano a fare il loro dovere. Anche se purtroppo di questi uomini, tanti, troppi sono caduti e ci auguriamo non cadano più. Oggi, a distanza di tanti anni, quel sacrificio non è stato vano».
Anche l’assessore Di Marco, nel corso della cerimonia, ha espresso «grande riconoscenza ai carabinieri caduti perché con grande coraggio e grande senso del dovere sono diventati esempio di dedizione verso la Patria, fedeltà alle sue istituzioni, di affermazione della legalità anche a costo della vita».