Omicidio Russo e Costa, Riina e Provenzano i mandanti
Celebrato oggi il 36° anniversario dell’assassinio di Giuseppe Russo e Filippo Costa. Bagarella e Brusca due degli esecutori
di Matilde Geraci
E’ in occasione del 36° anniversario dell’uccisione del tenente colonnello Giuseppe Russo e del professore Filippo Costa, assassinati da sicari mafiosi il 20 agosto del 1977 a Ficuzza, che oggi, nella piazza della frazione del Comune di Corleone, alla presenza delle rappresentanze delle varie Istituzioni civili e militari, sono state deposte alcune corone d’alloro ai piedi della stele commemorativa.
Russo, uno degli uomini di fiducia del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, era il comandante del Nucleo Investigativo di Palermo e stava indagando sugli appalti per la costruzione della diga Garcia, quando venne ucciso in piazza mentre passeggiava insieme all’amico, Filippo Costa, anche lui fatto fuori per non lasciare testimoni dell’omicidio.
Per l’assassinio, pur essendo subito chiara la matrice mafiosa, furono inizialmente condannati Rosario Cascio, come mandante, e i pastori Rosario Mulè, Salvatore Bonello e Casimiro Russo, quali esecutori. Nel 1997 furono, però, tutti assolti.
Soltanto in seguito si seppe che i reali mandanti del delitto furono Totò Riina e Bernardo Provenzano, mentre il commando che uccise il colonnello e l’amico insegnante era formato da Leoluca Bagarella, Pino Greco, Giovanni Brusca e Vincenzo Puccio, tutti condannati definitivamente all’ergastolo dalla II sezione della Corte di Assise di Appello di Palermo.
Il tenente colonnello Giuseppe Russo, nato a Cosenza nel 1928, era soprannominato dai colleghi “un nemico irriducibile dei mafiosi”. Insieme al giudice Cesare Terranova e al commissario Boris Giuliano, fu l’unico ad aver intuito la pericolosità dei Corleonesi e in particolare di Totò Riina nella spartizione del potere criminale negli anni Settanta in Sicilia. E fu certamente questa intuizione, e ancor più il tentativo di contrastare l’ascesa di Cosa Nostra attraverso l’accaparramento dei subappalti (in primis, quello miliardario della diga Garcia), a decretare la sua condanna a morte. L’ufficiale Russo aveva, infatti, individuato gli interessi e le attività del gruppo mafioso che si stava organizzando intorno alle figure dei boss Greco, Riina, Provenzano e Bagarella, negli anni in cui la mafia aveva deciso di assumere il totale controllo dei finanziamenti pubblici e dei grandi appalti per la ricostruzione del Belice, all’indomani del terremoto del 1968.
La sera del 20 agosto 1977, però, un agguato pose fine ai sogni del colonnello Russo di catturare Riina e Provenzano. Mentre stava passeggiando davanti al bar della piazza di Ficuzza, tre o quattro individui agirono velocemente a viso scoperto. Scesi da una 128, fecero fuoco con le calibro 38 e uno di loro imbracciò il fucile per il colpo di grazia alla testa. Stessa sorte toccò all’amico del tenente, il professore Costa, un insegnante colpevole soltanto di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
«Un’esecuzione spettacolare ed esemplare, proprio come voleva la mafia, preparata nei dettagli almeno da 26 giorni», scrisse il giornalista Mario Francese sul Giornale di Sicilia il giorno dopo l’omicidio. Da quella stessa mafia il cronista venne assassinato il 25 gennaio 1979.