Nelle librerie “Io so” ultimo libro di Antonio Ingroia sui rapporti Stato
Il libro intervista,ripercorre gli ultimi vent’anni del nostro paese cercando di fare luce sulle dinamiche che hanno portato lo Stato a trattare con la mafia
di Manuela Murgia
“io so. Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le tragiche atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani e no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari. Io so tutti questi nomi e tutti questi fatti. Io so. Ma non ho le prove”. Così scriveva Pier Paolo Pasolini, in un famoso articolo sul Corriere della Sera del ’74, dando sfogo alla rabbia di non poter dire apertamente ciò che in molti già allora sospettavano; le implicazioni di parti dello Stato nella strategia della tensione degli anni ’70. Parafrasando Pasolini, Ingroia si concede in una lunga intervista a Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza per cercare di raccontare gli ultimi vent’anni di storia italiana superando i limiti delle sentenze processuali. Il codice penale prevede che delle prove concrete, riguardanti reati specifici attribuibili a responsabili certi, siano accertate affinché si possa celebrare un processo e la verità processuale possa essere stabilita. Spesso, però, sebbene non si siano trovate delle prove concrete è possibile analizzare la realtà e individuare delle responsabilità non solo morali. La trattativa Stato-mafia può essere letta come una lunga strategia della tensione i cui attori principali sono riconoscibili sebbene non imputabili penalmente. Il libro analizza le ipotesi investigative che hanno visto Ingroia, in qualità di procuratore aggiunto della Procura di Palermo, ricostruire la storia della trattativa. L’analisi parte dalle stragi del ’92 per passare alla nascita della seconda Repubblica, la creazione di Forza Italia ad opera di Dell’Utri, l’arresto di Riina ed il mancato arresto di Provenzano, fino ad arrivare alle rivelazioni di Massimo Ciancimino. Il postulato su cui si basa “Io so” è che la mafia in quanto sistema di potere criminale, e non solo organizzazione criminale, non possa essere sconfitta unicamente dall’opera della magistratura. Soltanto un movimento d’opinione guidato da una società civile conscia del suo ruolo di controllo e censura nei confronti della politica potrà mai porre fine al fenomeno mafioso. Paolo Borsellino affermava che il nodo della lotta alla mafia è essenzialmente politico; “prima di una magistratura antimafia occorre una politica antimafia”. La politica , lo ricordiamo, è la cura di tutto ciò che riguarda la πόλις (polis), ovvero la comunità in cui viviamo. La nascita di un’opinione pubblica consapevole e capace di prendersi cura di se stessa è la precondizione per la rifondazione di un paese ostaggio del suo passato. Il libro andrebbe regalato ai ventenni d’oggi e a quelli di ieri che non hanno saputo o voluto comprendere la realtà in cui hanno vissuto.