LE POLITICHE CLIENTELARI SONO ORMAI ISTITUZIONALIZZATE ANCHE IN EUROPA.
Il fenomeno è preoccupante perché mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche.
Una volta, i candidati alle alte cariche europee e nazionali si distinguevano per le loro proposte programmatiche, presentando visioni su tematiche cruciali come la guerra, le politiche agricole, l’immigrazione, i diritti dei cittadini e la lotta contro il cambiamento climatico. I dibattiti erano ricchi di contenuti, e le elezioni si giocavano sul campo delle idee. Ma oggi, questo sembra essere stato sostituito da una pratica che mina le fondamenta stesse della politica europea: la spartizione delle poltrone e il clientelismo.
Un caso eclatante che solleva numerose preoccupazioni riguarda la recente elezione di Roberta Metsola alla presidenza del Parlamento Europeo, una figura certamente capace, ma attorno alla quale si sono sviluppati giochi di potere e alleanze di convenienza. La vicenda assume una sfumatura critica quando, in cambio del supporto del partito della premier italiana Giorgia Meloni a Metsola, la leader italiana ha ottenuto per il suo partito la nomina a vicepresidente del Parlamento europeo di una figura quasi sconosciuta, proveniente dal suo “cerchio magico” romano. Si tratta di un chiaro esempio di come il merito sia stato messo da parte in favore di logiche politiche di scambio.
Questa dinamica non rappresenta un’eccezione, ma sembra essere diventata una prassi consolidata nelle istituzioni europee. Il voto e le alleanze non si giocano più sulle idee e sui programmi, ma sulla distribuzione di incarichi prestigiosi che assicurano visibilità e potere. Questa istituzionalizzazione del clientelismo non è solo un fenomeno italiano, ma riguarda diversi Paesi europei, dove le cariche pubbliche vengono assegnate in base alla lealtà politica piuttosto che alla competenza.
Il fenomeno è preoccupante perché mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche. Se i rappresentanti eletti non si distinguono per le loro capacità o per la volontà di affrontare le grandi sfide del nostro tempo, ma solo per la loro vicinanza ai leader di partito, viene meno uno dei pilastri della democrazia: il merito. La rappresentanza si svuota di significato e l’interesse collettivo passa in secondo piano rispetto agli interessi di partito o personali.
Questo tipo di dinamica clientelare riduce anche la capacità dell’Europa di affrontare in modo serio e determinato le questioni più urgenti, come il cambiamento climatico, l’immigrazione e la difesa dei diritti civili. Quando le cariche vengono assegnate per ragioni politiche e non per competenza, la qualità del lavoro istituzionale ne risente, e si rischia di adottare politiche inefficaci o, peggio, di non adottarne affatto.
Le conseguenze a lungo termine di questo approccio sono evidenti: l’Europa rischia di indebolirsi sia sul piano interno, perdendo la fiducia dei suoi cittadini, sia su quello internazionale, apparendo incapace di rispondere con decisione alle sfide globali. Le istituzioni europee, che dovrebbero rappresentare un modello di democrazia e trasparenza, rischiano di diventare sempre più percepite come distanti, inaccessibili e prive di reale accountability.
Il caso della vicepresidenza del Parlamento europeo ottenuta dal partito della Meloni è solo uno dei tanti esempi di un fenomeno che si sta espandendo. L’Europa, per restare forte e credibile, deve ritrovare la sua capacità di selezionare i propri leader e rappresentanti non in base a giochi di potere, ma su una solida base di competenza e visione politica.
Per risolvere questa deriva, è necessario un cambio di rotta: serve trasparenza, responsabilità e una rinnovata attenzione alla qualità delle proposte politiche. Solo così sarà possibile restituire dignità e fiducia alla politica europea, rendendola nuovamente capace di rappresentare e difendere gli interessi dei cittadini.