La Sicilia non sa sfruttare le proprie ricchezze
Dati negativi e regressione dei consumi culturali nel Paese con il maggior numero di siti UNESCO.
Qualche anno fa Tremonti, all’inizio della crisi economica in cui siamo ancora impantanati, scatenò un acceso dibattito affermando che la cultura non si mangia, facendo trasparire l’incomprensibile politica perseguita in materia di turismo dagli ultimi governi italiani.
Un settore, quello turistico-culturale, che potrebbe e dovrebbe essere un’importante fonte di entrate nel calcolo del PIL, dato che l’Italia ospita il maggior numero di siti riconosciuti dall’UNESCO, ma che invece fa registrare inquietanti segnali di regressione.
Oltre all’incapacità di sfruttare l’enorme potenziale artistico a disposizione, si aggiunge la crisi economica e la rivoluzione culturale degli ultimi vent’anni a fare di questo settore una delle prime voci che vengono tagliate da quelle famiglie italiane che devono fare i conti con la crisi. La cultura torna, quindi, ad essere questione di pochi, fortunati e privilegiati.
I dati presentati dal Rapporto Annuale di “Federculture” non sono rincuoranti. Se tra il 2002 e il 2011 la spesa culturale degli italiani era cresciuta del 25,4%, oggi si attesta al 7,1% dei costi totali delle famiglie. Cifre negative, che diventano ancora più nere se guardiamo al caso particolare della Sicilia, che si colloca ben al di sotto della media nazionale, con una spesa familiare per cultura e ricreazione del 5,8% sulle uscite complessive.
La contrazione di questo genere di consumi è confermata anche dai dati sulla spesa del pubblico per le attività di spettacolo che, in Sicilia, registrano diminuzioni del 20,9% per il cinema, del 8,7% per il teatro e che raggiungono anche il 44% per quanto riguarda mostre ed esposizioni. In linea con quanto succede nei siti del resto della penisola, nella nostra regione nell’ultimo anno sono calati sensibilmente i visitatori di musei e delle aree archeologiche (-3,2%), così come gli introiti (-6,3%). In particolare la diminuzione è stata netta per i turisti paganti che crollano del 9,2%, a differenza degli ingressi gratuiti che invece aumentano del 4%.
La Sicilia si erge, inoltre, ad esempio dell’incapacità italiana di sfruttare il proprio potenziale turistico, a differenza di quei Paesi che, pur non avendo numerosi siti di interesse, riescono a mettere a frutto le esigue risorse artistiche e paesaggistiche che possiedono. La nostra Isola risulta, infatti, quarta tra le regioni i cui siti culturali sono più visitati, dopo Lazio, Campania e Toscana. Ma i suoi 3,7 milioni di ingressi e 13,5 milioni di euro di incassi sono in proporzione lontani da performance di altre regioni, se si pensa che la sola Pompei in un anno registra 2,5 milioni di visite e circa 17 milioni di introiti. Inoltre, con 111 siti culturali, tra monumenti, musei e aree archeologiche, detiene il 26,4% del patrimonio culturale, ma attrae solo il 9,2% dei visitatori di questi beni, incassando il 10,6% degli introiti totali.
Da diversi anni il settore culturale soffre per una gravissima sottrazione di risorse, specchio di una sostanziale assenza di politiche attive di investimento nello sviluppo delle attività culturali, creative, artistiche e della rinuncia ad un efficace tutela e valorizzazione del nostro patrimonio, che lo ha portato, dal 2008 ad oggi, a una perdita di risorse pari a circa 1,3 miliardi di euro. Il Comune di Palermo, con riferimento al 2011, si colloca decisamente al di sotto della media nazionale, con una spesa nel settore pari all’1,65% del bilancio totale ed un stanziamento per abitante del 20,6 euro.
La cultura e il turismo potrebbero, però, essere per una delle vie da percorrere per il rilancio dell’economia italiana, in generale, e delle regioni meridionali in particolare. E’ il pensiero di Roberto Grossi, presidente di “Federculture”, a Palermo nell’ambito della “Mostra collettiva di vincitori e finalisti del concorso internazionale Federculture per giovani artisti”, che dichiara: “Di fronte alla crisi dei consumi e al quadro generale negativo per il settore, occorre reagire. Sostenere la produzione culturale, favorire l’accesso alla cultura in tutte le sue espressioni e aiutare i giovani di talento deve essere il primo punto di una strategia di rilancio del Paese. La cultura – continua Grossi – può essere, inoltre, un bacino di nuova e qualificata occupazione per la nascita di nuove imprese culturali e creative, anche e soprattutto nel Mezzogiorno. In questo senso siamo certi che la nuova amministrazione del sindaco Orlando, con l’assessore alla Cultura, Francesco Giambrone, e quella del Governatore Crocetta sapranno cambiare rotta, puntando su giovani, creatività e cultura per riportare Palermo e la Sicilia su un percorso di sviluppo che restituisca alla Regione un futuro diverso e un ruolo di primo piano in Italia e in Europa”.
Come dice il proverbio, “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Questa volta, però, c’è una motivazione in più per sperare che si riesca ad attraversarlo: far ricredere Tremonti e dimostrare che la cultura non solo si mangia, ma fa crescere anche molto bene.