Il Messico e il diritto di manifestare
La repressione delle lotte per l’istruzione degli insegnanti continua, numerosi i feriti ed i detenuti
Da mesi gli insegnanti del Messico sono in rivolta a seguito delle riforme proposte dal neo-presidente Peña Nieto, la cui elezione dello scorso anno è stata accompagnata da numerose proteste relative all’eccessiva rigidità e autorità del personaggio, ritenuto inadatto a governare un paese così socialmente complesso.
Gli effetti della rigidità del nuovo Governo hanno cominciato a manifestarsi con l’apertura del periodo delle riforme strutturali, in particolare quelle relative al campo dell’istruzione verso un sistema maggiormente simile a quello statunitense.
Tali riforme hanno scatenato le obiezioni degli insegnanti, secondo cui sarebbe necessario avviare delle riforme strutturali profonde – considerata la critica condizione dell’alfabetizzazione in Messico – e non ricopiare dei metodi adatti ad un sistema completamente diverso come quello USA. La classe degli insegnanti è stata anche colpita dalle riforme sull’impiego, che riducono gli stipendi, tolgono potere ai sindacati e aumentano gli impieghi a tempo parziale.
Le manifestazioni, coordinate dal sindacato “Coordinadora Nacional de Trabajadores”, hanno cominciato a prender piede capillarmente durante i primi di settembre, coinvolgendo consistenti quantità di insegnanti: è necessario menzionare la manifestazione svoltasi a Oaxaca, una regione dove il tema dell’istruzione deve essere affrontato in modo maggiormente delicato data la presenza di numerosi gruppi indigeni.
Le proteste degli insegnanti hanno incontrato l’ostilità delle forze dell’ordine, che hanno condannato le rivolte tacciando i sindacati di protestare con violenza. La voragine creatasi così tra gli insegnanti e le istituzioni ha preso una piega violenta, il cui apice si è raggiunto il 2 ottobre a Città del Messico: i manifestanti sono stati accolti da 7 mila poliziotti in assetto anti-sommossa, che durante la marcia di protesta hanno marcato a uomo gli insegnanti creando un clima di tensione che inevitabilmente è sfociato nella violenza. Lanci di pietre e molotov, alternati dalle cariche della polizia, hanno impedito la conclusione del corteo: il bilancio è di 88 feriti e 102 detenuti, accusati di aver ostacolato la pace pubblica e trattenuti in condizioni degradanti e disumane.
Nonostante il prevalente silenzio dei media, le ONG sono intervenute per denunciare la violenza delle forze dell’ordine e il clima istituzionale claustrofobico, spronando le associazioni di informazione libera a documentare l’accaduto, affinché la voce degli insegnanti messicani possa essere ascoltata dalla comunità internazionale.