Giustizia: tenta di rubare 20 euro, muore in cella
Nel Lazio, tre detenuti sono morti in carcere dall’inizio del 2013. Il carcere non può essere l’unico strumento per fare giustizia, nè per rieducare alla legalità
di Monica Soldano
Roma, tenta di rubare 20 euro ad un tabaccaio, va in carcere e muore qualche giorno dopo di infarto, all’età di 57 anni. Questo l’esile necrologio che oggi potremmo scrivere rispetto ad un uomo, con dipendenza dall’alcol, che la scorsa notte è deceduto di infarto nella sua cella, al carcere di Rebibbia. dove è stato ritrovato questa mattina. L’ennesimo episodio da non trascurare nella mattanza del carcere, ad oggi, privo di una giusta collocazione, tra gli strumenti di pena, che dovrebbero “riabilitare e reintegrare il colpevole”. Si ripete ogni giorno che la questione Giustizia sia una questione di civiltà e che debba riguardare tutti, a partire dalle istituzioni, ma il tam tam non accelera iniziative concrete. Così, ancora una volta, il Garante dei Detenuti della Regione Lazio lamenta l’uso indiscriminato della detenzione in carcere. E’ il terzo detenuto che muore nelle carceri del Lazio dall’inizio del 2013. La vittima, Marco P. era detenuto da un mese e mezzo nella sezione G11 del carcere romano. Doveva scontare una condanna per una tentata rapina ai danni di un tabaccaio.
L’uomo, a quanto appreso dai collaboratori del Garante, era affetto da dipendenza dall’alcool e per questo, dal momento del suo ingresso in carcere, era stato preso in carico dal Sert ed aveva colloquio periodici con gli psicologi. «Al di là dei motivi che hanno portato alla morte di quest’uomo – ha detto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni – fa riflettere la circostanza che un uomo con tali problematiche sia condannato a scontare in carcere una pena per una tentata rapina di 20 euro. Nelle carceri del Lazio registriamo un tasso di sovraffollamento di quasi il 50%. Occorrerebbe rivedere l’ordinamento nel senso di prevedere il carcere solo come extrema ratio. Ma, nonostante gli appelli del Presidente della Repubblica e di quelli dei due rami del Parlamento, la politica sembra essersi di nuovo dimenticata del dramma che si sta vivendo nelle carceri italiane».