Film. La scelta di Barbara
Barbara è una dottoressa pediatra nella Germania Est del 1980. Con un fidanzato passato all’ Ovest è sorvegliata dalla Stasi, allontanata da Berlino viene mandata in provincia.
di Mario Tralongo
Esce nelle sale italiane La scelta di Barbara ultimo lungometraggio del regista tedesco Christian Petzold qui anche sceneggiatore.
Orso d’Argento per la regia al sessantaduesimo Festival di Berlino si ascrive a buon diritto nella lista dei film che trattano della vita nella Germania dell’Est prima della caduta del Muro.
Ma mentre nel Le Vite degli altri o Good Bye Lenin il punto di vista è epocale (si racconta una storia per raccontare una società) nel film di Petzold la storia è più intima e la società, poliziesca e oppressiva, fa da corollario a Barbara e alla sua scelta.
Ben lontano dai colori lividi e al neon dell’inquisitore della polizia segreta sempre in ascolto delle vite degli altri o dei colori grigi di grigie giornate ravvivati solo dopo la caduta del muro in Good Bye Lenin.
Nel film del regista tedesco il punto di vista è meno livido e rancoroso, i colori sono caldi e accesi e la natura verdeggiante. Qui siamo in una calda estate del 1980 e alla caduta del muro mancano ancora nove anni anche se nessuno nemmeno lontanamente lo crede. Barbara è una dottoressa chirurgo pediatra che, a causa di un fidanzato fuggito all’ Ovest, viene mandata in un piccolo ospedale di provincia sotto stretta sorveglianza della polizia segreta la temibile Stasi. Qui inizialmente sospettosa e scostante con i colleghi (con il fidanzato sta organizzando la propria fuga all’ ovest ) conosce il giovane medico responsabile dell’ ospedale e da questi rimane affascinata. Basterà questo a farle cambiare i propositi ?
Senza volere svelare quale sarà la scelta ci pare essenziale come il film tratti non solo dell’ amore quanto invece dell’ impegno. Il proprio impegno. Quell’ impegno che ognuno di noi prende con se stesso e con quanti da lui dipendono. Barbara è una dottoressa, cura i malati siano essi minori del vicino centro correzionale o aspiranti suicidi. Barbara è un medico e come tale ha ben chiaro quale sia il suo compito. E’ quello di assistere le persone indipendentemente dal regime, dagli scarsi mezzi a disposizione, dai propri fatti personali. E’ dunque un film sul ruolo e su ciò che esso comporta, sulla parola data e sul giuramento fatto di assistere i pazienti anche se sono i tuoi stessi torturatori o i loro familiari.
Nina Hoss (Barbara) è credibile e calata nella parte come pure Ronald Zherfeld (Andrè). Un plauso alla fotografia al servizio di una ottima ambientazione e sceneggiatura. Speriamo che il film uscito a fine febbraio possa trovare una valida distribuzione.