Famiglia Alfano: vicini ai mandanti dell’omicidio
Dal processo sulla trattativa Stato-mafia sono emersi elementi utili.
Dal processo sulla trattativa Stato-mafia sono emersi elementi utili per risalire al proprietario del revolver calibro 22 utilizzato dal killer per eliminare Beppe Alfano, cronista scomodo ucciso 20 anni fa dalla mafia. “Dalle carte di alcuni processi – ha detto Fabio Repici, legale della famiglia Alfano nel corso della seconda giornata della commemorazione a Barcellona – emergono novità che collegano l’uccisione di Alfano con la latitanza nel Barcellonese dell’allora boss Nitto Santapaola. E ci sarebbero novità sui depistaggi che sarebbero stati praticati”. Si riferisce all’appunto trovato nell’agenda del generale Mario Mori, trovato il 27 febbraio ’93. Sulla base di tale appunto e da elementi emersi dal processo palermitano sulla trattativa Stato-mafia si è scoperto che in quella data vi sarebbe stato a Roma una riunione tra l’allora colonnello Mori, il dottor Di Maggio che era in servizio all’agenzia antidroga dell’Onu e non aveva quindi alcuna competenza per occuparsi dell’omicidio Alfano, esponenti del Ros di Messina e il pm Canali che seguiva le indagini sull’omicidio. “Barcellona Pozzo di Gotto è stata per anni l’unione tra Cosa nostra e apparati deviati dello Stato, qui sono venuti importanti latitanti e la cosca aveva un ruolo di primo piano non solo nell’omicidio Alfano. Il telecomando utilizzato da Brusca per la strage di Capaci fu dato da Pietro Rampulla e quindi dalla mafia barcellonese. “, spiega l’avvocato Repici. “Nel 1992 la mafia Barcellonese aveva due capi: Giuseppe Gullotti e l’avvocato Rosario Pio Cattafi, entrambi ora in carcere, e i clan della zona coprirono la latitanza di Nitto Santapaola. Beppe Alfano lo confidò al pm di Barcellona Olindo Canali. Negli ultimi giorni di vita del giornalista, però, Canali non lo volle ricevere e sembra che Alfano volesse riferirgli dove era il covo di Santapaola. Alfano viene poi ucciso con una calibro 22, arma che non è mai stata trovata. Eppure, le tracce di una Colt 22 sono nel processo: in un verbale del 28 gennaio ’93”.
“A 20 giorni dal delitto, il pm Canali, titolare dell’inchiesta – conclude Repici – si accorge che l’imprenditore Mario Imbesi, molto noto nella zona, possiede una calibro 22. Il pm non sequestra l’arma, preleva la pistola e poi la prende in consegna. Otto giorni dopo, il revolver viene restituito all’imprenditore senza che sia compiuta una perizia balistica. E salta fuori una sorpresa: un’altra calibro 22 viene ceduta nel ’79 da Imbesi a un ingegnere milanese, che nell’84 viene arrestato, nell’ambito di un’indagine sulle bische clandestine, insieme a Rosario Pio Cattafi. Tutte queste certezze spero facciano emergere presto una verità”.
Quest’anno per la prima volta è stata celebrata da Don Luigi Ciotti una sola messa, non più, quindi, due funzioni separate, una organizzata dal comune e una dalla famiglia. “Vedere oggi in chiesa il sindaco con la fascia tricolore è stata una sensazione che io e la mia famiglia non avevamo mai provato prima. Se penso che 20 anni fa il sindaco di allora non proclamò nemmeno il lutto cittadino.” ha commentato Sonia Alfano, europarlamentare e figlia del giornalista ucciso. Subito dopo la messa hanno avuto luogo la cerimonia di intitolazione di piazza Trento a Beppe Alfano e il convegno conclusivo sulle vicende dell’omicidio e sul percorso ormai ventennale che mira a fare completa luce sui fatti accaduti. E’ stato davvero intenso e commovente l’intervento di Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso in via D’Amelio, che alla fine del discorso ha mostrato alla platea l’agenda del fratello: “Io e Sonia siamo uniti nella lotta per la verità e la giustizia. Quando è morto mio fratello ho creduto che la Sicilia fosse cambiata per sempre. C’era qualcosa che impediva di arrivare alla verità, un muro di gomma. Il mio silenzio è durato 10 anni, poi la rabbia mi ha spinto a parlare ed è stato allora che ho incontrato Sonia, portando avanti insieme numerose battaglie. Oggi siamo uniti contro quella “trattativa” che ha portato alla morte di mio fratello e mi auguro che il processo che a Palermo si sta celebrando su quella trattativa non venga fermato”.
In collegamento video da Napoli è intervenuto anche De Magistris, sindaco di Napoli e il senatore Giuseppe Lumia ha annunciato l’attesa per il 9 gennaio della relazione della Commissione antimafia sulla trattativa Stato-mafia. “Quella di Beppe Alfano è stata una morte annunciata di un giornalista invisibile, ma caparbio, che si era soffermato su temi di estrema delicatezza. Gli va riconosciuto il fatto di aver capito il degrado della sua terra, sotto tutti i profili. La sua curiosità professionale non fu solo quella di giornalista, ma anche di insegnante, di persona protesa verso la legalità” Così il sostituto procuratore della Procura di Roma, Luca Tescaroli, che ha lavorato in Sicilia dopo le stragi, ha ricordato il giornalista. Al convegno è intervenuto anche Giulio Cavalli, artista e Consigliere della regione Lombardia e alla fine è giunto al palacultura il Presidente della regione Sicilia Rosario Crocetta.