Pubblicato: Sab, 30 Ago , 2025

Da Venezia, “Free free Palestine!”,

In piazza per dire stop al genocidio e cibo ai bambini della striscia di Gaza

Tanti corpi uniti da un’unica voce: “Free free Palestine!”, mentre tra le grida ormai rauche e concitate dei presenti una manifestante batte posate rivendicando cibo ai bimbi della Striscia di Gaza. Oggi, sabato 30 agosto, circa 10 mila persone sono scese in piazza, al Lido di Venezia, come un torrente in

piena. 10 mila: 7 mila in più rispetto alle stime, questa mattina ancora ingenuamente ferme a quota 3 mila. Una manifestazione-appello dall’intento chiaro: Stop genocidio. Indetta da vari centri sociali del Nordest, oltre 200 associazioni e dall’Anpi Venezia 7 Martiri, la protesta ha visto la partecipazione potente di sindacati e numerosi comitati e collettivi come Artisti #nobavaglio e Venice4Palestine. Quella stessa “Venice4Palestine” che appena sette giorni prima aveva movimentato il dibattito pubblico invitando l’82esima Mostra del Cinema di Venezia a “schierarsi con la Palestina e contro il genocidio” in corso a Gaza. A quell’appello alla kermesse avevano aderito oltre 1500 tra attori, registi, cineasti, musicisti, giornalisti e stelle del mondo dell’arte. Ma alla protesta di oggi al Lido l’adesione ha riguardato tutti: una folla ruggente di civili ha richiamato le istituzioni alla responsabilità etica, alla fine di una guerra tutta politica che ha reso “la Palestina il nuovo campo di sterminio” della storia. “Siamo qui – ha detto il giornalista e saggista Vincenzo Vita – perché oggi è in corso un genocidio. Perché la caratteristica di questa nuova stagione autoritaria è di non volere che si sappia quello che succede, ragion per cui si oscura l’informazione e si cancella la memoria”. Quella memoria che, a tiro lungo, ricorda altri luoghi, altre repressioni, che ora tornano a ripetersi ma a parti inverse (Israel is perpretating a shoah in Palestine si legge nero su bianco).
“Gaza we are coming” e “Israele assassino” sono solo alcuni degli striscioni levatisi intorno alle 17, ora in cui il corteo ha visto ufficialmente inizio nel piazzale Santa Maria Elisabetta. Un via vai concitato di giovani e meno giovani si è radunato intorno al tavolo di #nobavaglio per colorare decine di barchette di carta quale segno simbolico delle decine di navi cariche di cibo e aiuti umanitari che partiranno, nei prossimi giorni, da tutto il Mediterraneo, battendo bandiera Global Sumud Flotilla. Poi un fischio in

lontananza, tutti accorrono: una motonave con a bordo 700 manifestanti arriva da Centro Vega, Porto Marghera campeggiata dalla scritta “Solidarietà”. È una sorta di “corteo acqueo”, segno che la manifestazione non si ferma davanti ai confini terrestri. I decibel della protesta incalzano: ne arrivano a migliaia, tra loro anche alcuni rappresentanti della Sumud Flotilla, mentre a pochi metri di distanza brillano le luci delle vetrine dello spettacolo verso cui è diretta la marcia. È solo l’inizio di un corteo che, imboccato il Gran Viale, percorre il lungomare Marconi, spina dorsale dell’isola. “Il popolo dal basso, la società civile si ribella al genocidio in corso in Palestina, all’occupazione che Israele sta attuando da più di 70 anni” urlano dalla testa del presidio, “puntiamo i riflettori non sullo star system, non sul vestito più bello ma sulle atrocità in atto”. Il corteo si avvia mentre si accavallano musiche e canti, “rumori di voci, non di bombe”. “Le società in rivolta scrivono la storia: la lotta è per la vita, la pace è la vittoria” cantano alcuni manifestanti alzando i pugni e tenendo alte le bandiere palestinesi. “Venezia lo sa da che parte stare: Palestina libera dal fiume fino al mare!”. La denuncia contro la
politica nazionale e il trasporto verso una situazione umanamente inaccettabile si fanno incandescenti:

“Non è solo un sentimento di vicinanza quello che ci muove – puntano i piedi gli attivisti -, sentiamo rabbia verso l’inazione e la complicità dei governi europei, primo fra tutti quello italiano, che avrebbero dovuto spingere per il ripristino del diritto internazionale. E rabbia verso l’ipocrisia di quelle forze politiche che, ignorando i soprusi, si prostrano agli interessi economici dell’industria della guerra”. Parole chiave: resistenza e dissenso dal margine. Poi la fine del corteo, segnalata dal cordone di polizia che impedisce ai presenti di avvicinarsi alle sedi della kermesse. Un appello diretto alla Biennale rompe il concerto finale di applausi, quello che fa il membro di un collettivo d’arte veneziano: “Nel 2026 Israele presenterà a Venezia il suo padiglione. Chiediamo alla Biennale di essere coerente: davvero vogliamo dare un palcoscenico internazionale al governo di uno Stato che si macchia di genocidio?” Altri minuti di attesa precedono la fine del corteo e il suo ritorno al punto di partenza. Con la promessa che la resistenza per il popolo palestinese “non finisca qui”.

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