Chinnici: parla Costanza, l’autista di Falcone
Colui che scampò alla bomba di Capaci, rammenta via Pipitone Federico
A ricordare quel tragico giorno di fine luglio è Giuseppe Costanza, l’autista di Giovani Falcone, rimasto vivo solo grazie al fatto che quel giorno il magistrato decise di guidare l’auto. “Durante la degenza in ospedale chiesi di Falcone. Inizialmente mi dissero che era rimasto vivo, solo dopo un po’ quello che era successo. Improvvisamente, però, la mia mente andò all’attentato Chinnici. Era il 29 luglio 1983, mi trovavo a piazza Boccaccio, nei pressi di via Petrarca, potevano essere le 8 circa, e sentii questo boato terribile; alzai gli occhi e vidi la nuvola di fumo che veniva da via Pipitone Federico. Pensai che fosse esplosa una bombola. Malgrado ciò, mi avviai verso il punto esatto e trovai un carabiniere, fermo all’imbocco tra via Petrarca e via Pipitone Federico, con una pistola in mano che intimava a tutti di allontanarci. Mi infilai lo stesso e arrivai davanti al portone, dove c’era Giovanni Paparcuri, l’autista di Chinnici, svenuto, con una signora che lo sorreggeva. Il giudice era buttato sul marciapiede, il portiere lo stesso, una macchina sopra un’altra. Quando venne a trovarmi Borsellino in ospedale gli dissi: “Non voglio fare la stessa fine di Paparcuri”, che da autista era stato degradato a commesso, in quanto non più idoneo alla guida. Giovanni Falcone, però, lo aveva preso sotto la sua ala protettiva, affidandogli compiti informatici. Ma questo ufficiosamente, perché ufficialmente rimaneva sempre un commesso. Borsellino mi rispose: “No, stai tranquillo, questo non succederà perché io.”. Hanno eliminato pure Borsellino e, allo stesso modo di Paparcuri, sono stato degradato alla sua stessa qualifica.