CASO LAMPEDUSA: IL RUOLO DELL’EUROPA
Analisi dell’attuale disciplina comunitaria nell’ambito del controllo delle frontiere esterne.
Sino al Trattato di Lisbona il tema dell’immigrazione – per virtù del principio di sussidiarietà – era unicamente di competenza nazionale: nonostante questo l’Unione Europea si è prodotta in direttive comunitarie e con la fondazione di Frontex, un’Agenzia per il controllo e il pattugliamento delle frontiere esterne (il cui impegno nei confronti del caso Lampedusa si protrae dal 2011 con la Joint Operation Hermes 2011, che nel luglio del 2013 ha dato un nuovo allarme immigrazione). In questo senso l’impegno comunitario è stato prevalentemente di controllo e di emanazione di linee guida, poiché le direttive stesse sanciscono un obiettivo comune ma lasciano autonomia in merito al perseguimento, compatibilmente con i mezzi nazionali.
Dal 2009 invece ha fatto capolino nella legislazione comunitaria l’Art. 78 del Trattato di Lisbona, secondo cui si ritiene necessaria l’armonizzazione delle politiche nazionali verso un unico orientamento comunitario in materia di immigrazione, asilo e controlli delle frontiere.
Tale articolo permette all’Unione di subentrare nelle politiche nazionali in tema di immigrazione, sebbene programmandone soltanto una convergenza nel rispetto dei propri principi nazionali.
L’Europa, dunque, che può fare? Potrebbe fare molto ma in realtà può fare davvero poco, ed il motivo è lo stesso: non si tratta di un’entità semi-mitologica al contempo magnanima e tiranna, il suo status di organizzazione sovranazionale rende chiaro che si tratta che di un’unione tra Stati, le cui istanze nazionali non sempre combaciano. Per quanto vi siano delle ampie possibilità, sta agli stati – e quindi soprattutto al nostro – impegnarsi affinché questo potente strumento continentale possa davvero essere risolutivo.