Arnone vince: il Pd pulisce le liste
Papania e Crisafulli, i due “capocorrente” del Pd in Sicilia, compromessi in alcune indagini non correrranno alle elezioni. Lo ha deciso la Commissione di Garanzia.
Il militante antimafia Peppe Arnone l’ha avuta vita, e con lui tutti i cittadini che pensavano fosse un vero scandalo che il Pd – il cui slogan di queste elezioni è l'”Italia giusta” e che ha detto di voler assicurare al paese una “ripartenza” – schierasse in terra siciliana e campana tre nomi compromessi in alcune indagini pesanti. Si tratta di Mirello Crisafulli (Enna), Antonio Papania (Trapani) e Nicola Caputo (Caserta). “La Commissione nazionale di garanzia del Partito Democratico, presieduta da Luigi Berlinguer, in base a un criterio di opportunità – ha riferito una nota del Pd – ha deciso di non includere nelle liste elettorali le candidature di Mirello Crisafulli di Enna e Antonio Papania di Trapani. La Commissione ha inoltre considerata decaduta la deroga concessa dal Comitato elettorale nazionale a Nicola Caputo di Caserta”. “La Commissione nazionale di garanzia ha inoltre preso atto di due rinunce volontarie alla candidatura da parte di Bruna Brembilla e Antonio Luongo”, conclude la nota dei Democratici. L’attivista siciliano anti-mafia Peppe Arnone aveva fatto un punto d’onore della sua militanza l’espulsione di Papania e Crisafulli. Da giorni gira con un grande bus su cui è attaccata una lettera aperta sulla questione. Proprio stamattina Arnone aveva spedito una lettera alla Commissione di Garanzia e a Bersani, in cui riportava alcune frasi intercettate in un’indagine in cui si faceva il nome di Crisafulli: “Chiedete al capomafia di chiarire queste frasi”, scriveva Arnone. Per Crisafulli la magistratura di Enna ha chiesto un rinvio a giudizio per un atto minore, e comunque indicativo del “soggetto”: secondo l’accusa si è fatto costruire una strada pavimentata fino alla sua villa con i soldi della Provincia. Ma le indagini dei Carabinieri di Enna vertevano anche sulle nomine della Asul 4 del Comune siciliano e descrivevano un ruolo di comando di Crisafulli, che in diverse intercettazioni e anche videoregistrazioni usa toni da caporione facendo capire a tutti di avere abbastanza potere per decidere la vita e la morte dei suoi “nemici”. Papania invece ha patteggiato una condanna per abuso di ufficio quando era assessore al lavoro alla regine Sicilia. Poi da ultimo è stato pesantemente coinvolto in un rapporto dei carabinieri che ricostruisce il quadro di pressioni sulle imprese della nettezza urbana per ottenere assunzioni clientelari in cambio di omissioni e favori a beneficio della imprese. La storia di Caputo, invece, è diversa. Ricevuto un avviso di garanzia per truffa, era convinto di aver spiegato tutto alla Commissione di Garanzia, e ancora pochi giorni fa diceva: “Sono fiducioso, penso che sarò candidato”. Alle primarie di Caserta aveva stravinto con 6 mila voti. In molti sostenevano che “farlo fuori” avrebbe indebolito il partito. Ma alla fine ha prevalso la voglia del Pd di non avere ombre, in una campagna elettorale difficilissima e in cui i Democratici cercano come il pane occasioni per dimostrare di essere diversi dagli altri sul serio. Esulta intanto l’avvocato Arnone: “Non deve sfuggire l’enorme rilievo politico della esclusione di Papania e Crisafulli: costoro sono i massimi capi corrente delle due correnti che fanno la maggioranza del Partito Democratico. Non solo, ma sono rimasti in bilico fino all’ultimo anche Capodicasa e Genovese, ovvero gli altri due massimi capi corrente del Pd in Sicilia – annota Arnone – Adesso si apre una fase nuova per togliere il tappo ad una gestione ampiamente al di sotto dei valori etici e morali, oltre che politici, di questo Partito. In questi giorni, in questo mese di gennaio, ho animato con forza, con i miei posterbus, questa campagna per restituire moralità e dignità al Pd in Sicilia: – ho speso oltre diecimila euro di soldi miei – dice Arnone – ho destinato a questa campagna un risarcimento danno che avevo ricevuto. Ed adesso, con orgoglio, dedico questa grande vittoria democratica a Pio La Torre: non era possibile che nel Partito di La Torre continuasse a comandare un uomo che chiedeva alle imprese di “battere colpi e di batterli forte” e incaricava di portare le comunicazione il capo mafia di Enna in persona. Fino a stamattina ho scritto alla Commissione di Garanzia e a Bersani dicendo loro di candidare pure Crisafulli, ma a patto che riuscisse a spiegare la seguente frase diretta al capo mafia: “Se quell’impresa vuole quell’appalto deve battere un colpo e deve batterlo forte.