Agostino, un segreto di Stato ancora da scoprire
Parla la sorella Flora, che da 24 chiede verità e giustizia insieme alla sua famiglia. La barba del padre Vincenzo, simbolo di un mistero tutto italiano
di Gilda Sciortino
“Mi auguro veramente che il prossimo anno io possa tagliarla questa barba. Significherebbe molto non solo per la mia famiglia, ma anche per quanti da anni cercano verità e giustizia da questo Stato”.
Nel 2014 saranno 25 anni dalla scomparsa di Nino Agostino, l’agente della Polizia di Stato ucciso il 5 agosto del 1989 a Villagrazia di Carini, insieme alla moglie Ida Castellucci, incinta di cinque mesi della loro prima bambina. Quel giorno, si trovavano davanti alla villa di famiglia per festeggiare il passaggio alla maggiore età di Flora, la sorella di Nino, quando due killer su una moto li trivellarono di colpi sotto gli occhi impotenti dei genitori Vincenzo e Augusta.
Quel padre e quella madre che, nonostante l’età – 74 lei, 76 lui -, da allora girano l’Italia per raccontare questa tragica pagina della nostra storia, spiegando a tutti chi erano Nino e Ida. Ed è da ben 24 anni che Vincenzo non taglia più la barba, avendo deciso di non farlo sino a quando non verrà tolto il “segreto di Stato” apposto sul fascicolo di queste indagini.
Questa mattina erano tutti a Villagrazia di Carini per deporre una corona sul luogo dell’omicidio, spostandosi poi a Santa Maria di Gesù, il cimitero dove riposano entrambi, avendo la famiglia realizzato per loro una cappella dal cui tetto entra continuamente una luce abbagliante, donando a questo luogo profonda serenità e armonia. A rendere ancora di più “loro” questo luogo, una barca disegnata sulla vetrata, a testimonianza del grande amore che Nino aveva per il “suo” mare.
“Solo due anni fa ho ricominciato a festeggiare il mio compleanno – racconta Flora – nonostante questa data mi faccia riaffiorare sempre il ricordo di mio fratello che mi muore fra le braccia. Per tamponargli il sangue gli mettevo gli asciugamani di sopra, sperando di fermare l’emorragia. Lo sento ancora tra le mie braccia. Quella sera stessa ci venne a trovare Paolo Borsellino, mentre Giovanni Falcone fu presente al funerale. Entrambi ci furono molto vicini. Quello che, però, mi amareggia è che ancora oggi c’è questo “segreto di Stato” che annebbia tutto. Mi chiedo perché non parlare, non dire la verità. Del resto, un ergastolo in più o in meno non avrebbe fatto differenza. L’unico pentito che ha parlato è stato anche ucciso in carcere. Io credo che ci sia qualcosa che va aldilà della mafia stessa”.
Un omicidio che ha mandato in frantumi intere vite, quella di una famiglia nel suo complesso, ma anche di singole persone. Come quella della stessa Flora, il cui futuro sarebbe dovuto essere proprio in Polizia, magari al fianco di suo fratello.
“Ad agosto avrei fatto 18 anni e anche il concorso. Quando Nino era in vita, lo andavo a trovare continuamente al commissariato San Lorenzo dove lavorava, ma non mi raccontava mai nulla di quello che faceva. Anzi, mi diceva sempre di farmi i fatti miei. Forse il fatto che ero molto legata a lui, fece pensare che sapessi qualcosa, così quella notte stessa mi portarono in commissariato e mi tennero sino alle 7 del mattino, chiedendomi di tutto e facendomi anche domande a trabocchetto. Ero sotto choc. Tra le altre cose, a casa, nessuno si era accorto che io mancavo. Non ne faccio ovviamente una colpa a nessuno, perché la confusione regnava sovrana. Io, però, ero ancora minorenne, quindi non avrebbero potuto e dovuto interrogarmi da sola”.
E se ancora una giustizia terrena non è potuta esistere per la famiglia Agostino, forse quella divina è giunta.
“Mia madre lo dice sempre, riferendosi al fatto che mio figlio Nino è nato proprio il 5 agosto, giorno in cui solitamente ricordiamo mio fratello e poi, di sera, festeggiamo il suo compleanno. Oggi compie 12 anni. La sua nascita è stata una gioia per tutti noi. E’ stata anche eclatante perché io dovevo partorire a fine settembre. E’ stato lui a volere venire al mondo, tra le altre cose anche rischiando, perché il mio ginecologo il 6 agosto sarebbe andato in ferie. Ho sempre saputo che mio fratello mi proteggeva e questo evento ne è la testimonianza concreta”.
Con Nino, Flora ha sempre avuto un rapporto speciale, essendo per lei un fratello, ma anche un amico, un padre.
“Mia cognata Ida non poteva uscire da sola con lui perché suo padre era geloso -continua a raccontare nostalgicamente Flora – così lo accompagnavo. Ho vissuto la nascita e lo sviluppo di questo amore. Inevitabile, quindi, che una parte di me sia morta con loro il 5 agosto. Anche se poi mi sono sposata e ho avuto dei figli, la mia vita non stata più la stessa. Ho ricominciato a festeggiare due anni fa il mio compleanno perché un mio amico mi disse che dovevo finalmente spegnere quelle 18 candeline sulle quali non avevo mai soffiato. Così ho fatto: 18 e 40 insieme, ma anche perché sono due tappe molto importanti nella vita di una persona. Nino avrebbe voluto così. Come dicevo, il mio rapporto con lui è sempre stato speciale. L’altra notte l’ho anche sognato. Eravamo tutti al cimitero e lui, con la stessa espressione di quando era con noi, mi diceva: “Ma che ci fate qui? Io sono vivo e sto bene”. Non è l’unico segnale che ho avuto. Un giorno trovai una foto sul mobile del salone. Era quella di Nino e di Ida in viaggio di nozze in Grecia. Pensai che qualcuno l’avesse fatta cadere dal portaritratti, così chiesi a tutti, ma nessuno ne sapeva niente. Andai a controllare e la foto originale era al suo posto, questa era un doppione. Non sono riuscita a spiegarmi cosa e come sia successo. L’unica cosa che posso dirmi è che Nino é sempre presente e mi protegge”.
In tutti questi anni chi vi ha dato la forza di andare avanti?
“Noi stessi, ognuno è stato il bastone dell’altro. I miei figli, poi, dicono sempre a mia madre e a mio padre di non preoccuparsi. Vorrei solo che la verità di scoprisse prima che loro non ci siano più. Mia madre, la “piccola grande donna” come la chiamo io, dice sempre che quando morirà, sulla lapide dovremo scrivere: “Qui giace Augusta, la madre di un agente di polizia in attesa di giustizia ancora oltre la morte”. La cosa che mi fa andare avanti è sapere che molti misteri dopo tanti anni si sono scoperti, quindi potrebbe accadere anche a noi”.
C’è mai stata sete di vendetta in te?
“Posso dire che non so cosa farei se li avessi davanti, ma il mio è sempre stato solo desiderio di giustizia e verità. Mi fa, però, male vedere che dallo Stato non giunge alcun segnale e che, quando andiamo al nord, la gente è più solidale. Siamo tornati dalla Valcamonica, dove hanno organizzato una fiaccolata alla quale hanno partecipato almeno 200 persone. Anche altrove ci accolgono con trasporto e amore. Non dico che qui non ci sia alcun sentimento nei confronti nostri, rispetto alla storia di Nino e Ida, ma dobbiamo ammetterlo, siamo diventati un po’ insensibili”.
E cosa sono stati questi 24 anni per te?
“Sono diventata subito matura. E’ scomparso ogni barlume di spensieratezza, prima pensavo che la vita fosse bella, che fare parte delle forze dell’ordine fosse una cosa meravigliosa. Nonostante tutto, avrei voluto coronare il mio sogno ed entrare in Polizia, ma mio padre si oppose fermamente. Ho, poi, avuto la possibilità di entrare alla Regione. Ma lo sapete come chiamano chi, come noi, ha subito tutto questo? I fortunati. Ironico e paradossale. Non auguro a nessuno quello che ha passato la mia famiglia”.
E i tuoi figli, che ne pensano della mafia?
“Ida ha 17 anni e Nino, come dicevo, da oggi 12. Hanno voluto conoscerla e ho raccontato loro la storia di loro zio. Nino, poi, è anche venuto a diverse manifestazioni, per esempio quelle organizzate ogni anno da Libera per ricordare le “vittime innocenti delle mafie”. Loro sanno quello che la mafia ha fatto e che va combattuta strenuamente. In loro è, infatti, forte il senso di giustizia e di verità, tanto che quando vedono qualcosa di storto sono pronti a farsi avanti. Non ci sono dubbi, sono loro la mia forza”.