54 anni fa moriva Adriano Olivetti
Il 27 febbraio 1960 una trombosi cerebrale stroncava uno dei principali protagonisti del boom economico italiano
Imprenditore, uomo di cultura, intellettuale, politico, editore ed urbanista. Adriano Olivetti era tutto questo. Secondogenito dell’industriale Camillo Olivetti e di Luisa Revel, nasce ad Ivrea l’11 Aprile del 1901. Nel 1925 dopo essersi laureato in ingegneria chimica al Politecnico di Torino, decide di trascorrere un periodo degli Stati Uniti visitando le fabbriche americane e studiando l’organizzazione del lavoro messa in pratica oltreoceano. Tornato in Italia inizia a lavorare come operaio nella fabbrica del padre. Nel 1932 diventa direttore della Olivetti, anno in cui venne lanciata sul mercato la prima macchina da scrivere portatile, la MP1, e nel 1939 subentra al padre nella veste di presidente della fabbrica. Con l’obiettivo di modernizzare l’azienda, Olivetti propone un modello organizzativo pieno di innovazioni: dall’organizzazione decentrata del personale, alla razionalizzazione dei tempi e metodi di montaggio, allo sviluppo della rete commerciale tra l’Italia e l’estero. Tra le principali novità del “metodo Olivetti” spicca la gestione attenta e sensibile del rapporto con i dipendenti, non più considerati semplici risorse produttive, ma prima di tutto come persone. L’ambiente all’interno della fabbrica era completamente diverso. I dipendenti potevano usufruire delle biblioteche, ascoltare concerti e seguire dibattiti. Fra gli altri, l’azienda accoglieva artisti, scrittori e poeti, perché la fabbrica non aveva bisogno solo di tecnici ma anche di persone capaci di arricchire il lavoro con creatività e sensibilità. L’idea di Olivetti era quella creare una fondazione che raccogliesse enti pubblici, università, azionisti e rappresentanze dei lavoratori al fine di eliminare le differenze economiche, ideologiche e politiche. Definito sovversivo dalla procura di Aosta che nel ’31 aveva aperto un dossier su di lui, Olivetti è stato un fervente oppositore del fascismo. Insieme a Sandro Pertini e Carlo Rosselli ha partecipato alla liberazione di Filippo Turati guidando egli stesso l’auto che portò il leader socialista oltre i confini italiani.
Trasferitosi in Svizzera tra il 1944 e il 1945, dopo essere stato arrestato da Badoglio con l’accusa di mettere in cattiva luce l’Italia con gli Usa, Olivetti inizia a frequentare assiduamente Altiero Spinelli e completa la stesura del suo libro “L’ordine politico delle comunità”, pubblicato alla fine del 1945. Tornato dall’esilio dopo la fine della guerra guida la fabbrica di famiglia incrementandone i profitti e sperimentando un’organizzazione del lavoro che renderà unica l’esperienza dell’Olivetti nel panorama imprenditoriale dell’epoca. Nel 1953 decide di aprire una fabbrica a Pozzuoli offrendo lavoro, assistenza, istruzione per i figli degli operai e salari elevati, novità assoluta per il sud Italia. I risultati si rivelano ottimi. Con una gamma di prodotti continuamente ampliata e una capacità produttiva in continua espansione l’Olivetti degli anni ’50 è un’azienda florida con prodotti noti in tutto il mondo tra questi la mitica Lettera 22, la macchina da scrivere portatile che una giuria internazionale di designer nel ’59 indicherà come “il primo tra i 100 migliori prodotti degli ultimi 100 anni”. Nel 1955 viene creato a Pisa un laboratorio elettronico che quattro anni più tardi introdurrà sul mercato l’Elea 9003 il primo calcolatore elettronico italiano. Nel 1957 la National Management Association di New York, premia Olivetti per ” l’azione di avanguardia nel campo della direzione aziendale internazionale”. Muore all’improvviso il 27 febbraio del 1960 sul treno Milano-Loasanna, lasciando un’azienda con 36.000 dipendenti, che poteva vantare la presenza in tutti i maggiori mercati internazionali.