Via D’Amelio, la strage raccontata Dalla parte sbagliata
Ricostruire una verità processuale che assomigli il più possibile alla Verità storica, si può. Gli elementi da cui partire sono raccolti in un libro provocazione
Dina Lauricella, giornalista, e Rosalba De Gregorio, avvocato, nel libro Dalla parte sbagliata, edito da Castelvecchi, presentato a Roma presso la Feltrinelli, raccontano la strage di Via D’Amelio, osservando i fatti da una prospettiva nuova e secondo due punti di vista privilegiati: quello di un falso pentito e quello di un avvocato di mafia. Le autrici mettono in fila una serie elementi acquisiti dalla Storia e non dalle procure della Repubblica, elementi che sarebbero potuti diventare una verità processuale più somigliante alla Verità.
Il pentito, intervistato dalla Lauricella, è Vincenzo Scarantino che fornisce ricostruzioni improbabili dei fatti di cui sarebbe stato testimone, si contraddice, descrive vicende che non avrebbero mai potuto rispondere alle logiche interne a Cosa nostra. Michele Santoro, che introduce la presentazione del libro, sottolinea quanto sia strano che quelle ricostruzioni abbiano retto, invece, agli occhi di abili investigatori e profondi conoscitori di cose di mafia.
Gli inquirenti, sulla strage di via D’Amelio, spiega Santoro, si sono accontentati di una ricostruzione troppo semplicistica della verità, congegnata e, probabilmente, ritagliata su misura per soddisfare l’ansia di giustizia a tutti i costi. L’alternativa è una ricostruzione dei fatti che coinvolge pezzi dello Stato e apre interrogativi che dilaniano la coscienza.
Rosalba De Gregorio è una penalista, che apre il suo diario di avvocato e racconta cosa vuol dire essere l’avvocato del Diavolo e battersi per la verità. Nel processo Borsellino bis difende sette imputati accusati di essere coinvolti nella strage di via D’Amelio. Ritiene le dichiarazioni di Scarantino anomale e, invano, al Collegio giudicante chiede di ammettere il confronto con un altro collaboratore di giustizia, Gaspare Spatuzza. La De Gregorio chiede più rispetto per le regole, per le procedure, per le vittime. Diversamente, la verità non può emergere.
Ma, suggerisce il magistrato Alfonso Sabella, componente del pool antimafia di Palermo all’epoca di Giancarlo Caselli, bisogna abbandonare schemi troppo rigidi e usare la logica per comprendere le dinamiche mafiose.
Le ricostruzioni di Scarantino sono avvolte dalla nebbia, dargli credito, dare adito a lui e agli investigatori infedeli significa infangare la memoria di Paolo Borsellino.
Consegnare il pentito Scarantino all’opinione pubblica come attendibile è un’offesa all’intelligenza, rimarca Lucia, la figlia del magistrato siciliano, che rievoca l’atteggiamento degli inquirenti. Un atteggiamento che offende non solo i familiari e le vittime delle stragi, ma il Paese intero. Per Lucia Borsellino, non si può smettere di sperare, la verità va raccontata e la sua ricerca non deve si fermarsi.
Gli elementi messi in fila da Lauricella e De Gregorio sono gli stessi che ora, dopo ventidue anni, la procura di Caltanissetta sta valutando, per riesaminare gli atti del Borsellino bis. Del processo, infatti, è stata disposta la revisione.
Le tessere del puzzle quindi vanno rimescolate, riordinate per ricostruire la verità e individuare i veri responsabili dell’uccisione di Paolo Borsellino e, soprattutto, chi siano i mandanti effettivi della strage.
Foto di Matteo Nardone