Pubblicato: ven, 16 Mag , 2014

Sudan : giovane cristiana condannata a morte per apostasia

 La donna, in carcere con il figlio di 20 mesi, è in attesa del secondogenito 

 

Meriam ed il marito

Meriam ed il marito

Il tribunale di  Khartum ha deciso che Meriam Yahia Ibrahim Ishag deve morire. «Ti abbiamo dato tre giorni di tempo per rinunciare, ma insisti a non voler far ritorno all’Islam – dichiarato il giudice Abbas Mohammed Al-Khalifa –  Ti condanno a morte per impiccagione».  La donna, una ventisettenne  cristiana laureata in medicina, è stata ritenuta colpevole di apostasia. Ripudiare la propria fede originale, per il diritto musulmano è un reato punibile con la pena di morte. Secondo quanto ricostruito dall’associazione Christian Solidarity Worldwid,  Meriam Yahia Ibrahim è figlia di un sudanese musulmano e una etiope ortodossa. Essendo cresciuta con la madre in seguito all’abbandono del padre, Meriam ha  sempre professato la fede cristiana, cosa assurda per il governo sudanese secondo il quale i figli di uomini musulmani automaticamente saranno musulmani.

Qualche anno fa  ha sposato un uomo anch’egli cristiano, Daniel Wani. Il loro matrimonio secondo la sharia è  illegale: i figli nati da questa unione sono considerati illegittimi e la donna un’adultera. Lo scorso febbraio Meriam, in attesa del secondogenito, è stata arrestata e da allora è detenuta presso il carcere femminile di Omdurman, insieme al figlio di 20 mesi che per legge, essendo  illegittimo, non può essere affidato al padre. Il tribunale di Khartum ha quindi condannato Meriam a 100 frustate in quanto adultera e all’impiccagione poiché apostata. Dopo la lettura della sentenza, durante la quale la giovane non ha lasciato trapelare alcuna emozione, si è rivolta al giudice dicendo: «Sono cristiana e non ho mai commesso apostasia». Intanto fuori dal palazzo di giustizia decine di persone si sono riunite per protestare contro questa assurda decisione.

Immediate le reazioni delle principali ONG a difesa dei diritti umani prima fra tutte Amnesty International che non ha esitato a definire ripugnante la sentenza. «Il fatto che una donna sia condannata a morte a causa della religione che ha scelto di professare e alle frustate per aver sposato un uomo di una presunta religione diversa è agghiacciante e orrendo – dichiara Manar Idriss di Amnesty  – L’adulterio e l’apostasia non dovrebbero essere considerati reati. Siamo in presenza di una flagrante violazione del diritto internazionale dei diritti umani». E nel frattempo anche il web si mobilita. Dall’hashtag #SaveMeriam, alla petizione on line lanciata da Italians for Darfur sul proprio sito , sono numerose le persone che chiedono il rilascio di Meriam.  La condanna se sarà eseguita, avrà luogo tra due anni per dare il tempo a Meriam di partorire e allattare il secondo figlio.

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