Pubblicato: lun, 27 Apr , 2015

Strage inaccettabile.

Il mondo è in fiamme nel silenzio complice e nell’indifferenza miope.

Circa 900 migranti sono morti nel canale di Sicilia, altri 300 a ridosso delle coste di Rodi, tra domenica 19 e lunedì 20 aprile, poche decine sono stati i superstiti. Si tratta della strage di mare più grande del secolo, nella tragedia epocale dell’esodo di interi popoli. Le vittime erano su pescherecci stracarichi, partiti da est di Tripoli, in Libia. Fuggivano dai conflitti dell’Africa centrale, dove intere popolazioni non riescono più a sopravvivere in terre martoriate da guerre insensate, per le quali l’intera comunità internazionale è responsabile e dovrebbe farsene carico.

nigeriaLa Ue dovrebbe ormai sapere che è il tempo di dimostrare di esistere, che non può seguitare a restarsene inutile pure di fronte al disastro biblico, a una crisi di dimensioni globali causata da un ordine mondiale criminale e i cui esiti cominciano adesso a concludersi sempre più di sovente anche dentro i suoi confini. Pochi minuti dopo l’ecatombe, puntuali come disgrazie, si sono sentiti Salvini e la Santanchè, uno con il blocco navale, l’altra starnazzando di affondare i barconi insieme al loro carico umano. L’insipienza ha raggiunto livelli tali per cui non si riesce neanche a far smettere miserabili e inenarrabili imbecilli. E tante parole in licenza della cosiddetta gente mostrano come si sia perso, molto per il fallimento della politica nella missione di educare, il nesso da cui dovrebbe prendere sostanza quel libero vincolo reciproco e comune chiamato società.

Il mondo, specie dopo la caduta del muro di Berlino che avrebbe dovuto far scoppiare la pace, invece esplode per conflitti vecchi e nuovi. In numero preoccupante.

In Libia si fronteggiano da una parte le milizie della roccaforte di Misurata, sostenute dalla Turchia e dal Qatar e schierate accanto al governo di Tripoli, assieme alle frange islamiche radicali; dall’altro lato le truppe che fanno riferimento al generale Khalifa Beldasim Haftar : una compagine variegata che appoggia il governo anti-islamista di Tobruk guidato da Al Thani. E poi imperversa l’Isis.

La Nigeria ha il petrolio ma è al collasso: povertà, sfruttamento, corruzione dilagante, milioni di persone che non hanno accesso all’acqua potabile, la distruzione dell’ambiente prodotta dalle grandi compagnie petrolifere internazionali che ha reso il delta del Niger una delle zone più inquinate del pianeta, tanto da dover essere abbandonate dalle popolazioni, costrette a lasciare le loro proprietà pure per fare posto alle multinazionali. E quindi i soprusi, le torture, i delitti sistemici di autorità, militari, polizia. Queste sono le basi che hanno permesso al gruppo armato Boko Haram, barbari uccisori islamici che pare abbiano usato perfino i bambini ignari come bombe umane per il loro terrore, di arruolare persone appartenenti alle fasce più deboli. Tra il 2013 e il 2014 hanno ucciso più di 6.000 civili e terrorizzato le popolazioni. Le azioni di Boko Haram sconfinano anche nel Camerun e nel Niger, dove si rifugiano donne, bambini, uomini dalla terra nigeriana.

Nella Repubblica Centrafricana è in atto dal 2012 una feroce guerra civile, che vede contrapposti i ribelli di Seleka e le forze governative. Centinaia di migliaia di persone sono state trucidate o sono rimaste senza casa. L’intervento delle truppe francesi, perché la Francia in Africa mantiene forti interessi di accaparramento di materie prime, è stato inutile. Nel 2014 Amnesty International ha denunciato una serie di massacri compiuti dai cristiani contro la popolazione musulmana, costretta ad abbandonare il Paese. Mentre altre ong parlano di atti di cannibalismo sull’etnia di religione islamica. E l’Onu ha lanciato un allarme sul pericolo di genocidio. In Mali, nel 2012, gruppi di ribelli jihadisti si sono coalizzati per combattere contro il governo. I tuareg hanno preso il controllo delle loro terre. Il presidente Tourè è stato deposto da un colpo di Stato, a un mese dalle elezioni presidenziali. Anche qui sono intervenute le truppe francesi, ma anche qui inutilmente.

Con un’estensione di circa 2 milioni e 500mila kmq, il Sudan è il Paese più vasto del continente africano. I 25 milioni di individui che lo abitano sono suddivisi in 600 gruppi etnici che parlano oltre 100 lingue diverse. Uno dei tanti artifici ottenuti a tavola tracciando segni di penna su sporche carte geografiche dai colonizzatori europei intenti a spartirsi il bottino. E’ situato sul Nilo, il fiume più lungo del mondo, la via naturale dell’espansione dell’Islam nell’Africa nera. Fin dal giorno dell’indipendenza, nel 1956, si sono verificati in Sudan una serie di colpi di Stato che hanno condotto al potere gruppi musulmani fautori dell’islamizzazione. A sud, dove abita un terzo della popolazione di africani cristiani animisti, la spaccatura sociale, razziale, religiosa ha provocato una tensione perenne. Il conflitto è scoppiato fin dal 1983 tra le truppe governative del nord e l’Esercito popolare di liberazione del Sudan, portando nel paese morte, fame, distruzione e miseria per milioni di sudanesi. Guerra e carestie sono stati l’unico destino per i civili, 8, 10 milioni di affamati e di sfollati dal sud Sudan e quindi torture, stupri, tratta degli schiavi, donne e bambini venduti e comprati, ogni abuso dei diritti umani consentito. Finite le ostilità tra nord e sud nel 2005, il 9 luglio 2011 il Sud Sudan è stato istituito in Repubblica indipendente. Ma la guerriglia tra etnie e gruppi ribelli è proseguita feroce come prima e, siccome il governo del Sudan ha appoggiato i ribelli, è continuato pure il confronto militare fra nord e sud lungo il confine e si combatte pure per il controllo delle regioni petrolifere. E si moltiplicano i massacri contro civili innocenti e disarmati e crescono i profughi e l’odio razziale. Si calcolano 1 milione di vittime e non si può che definire pure questa una catastrofe umanitaria, l’ennesima del mondo infame.

In Congo si continua a combattere. Teatro del conflitto è la parte orientale del Paese, ove le forze governative si scontrano con gruppi di ribelli armati e accusati dalla comunità internazionale di crimini di guerra a danno dei civili. Alcuni gruppi vengono sostenuti dal Ruanda e si rendono responsabili di torture, stupri, rapimenti e l’utilizzazione di bambini soldato. La Somalia vive da decine d’anni in uno stato di guerra permanente. Dopo il 2006 e la fine degli scontri tra i signori della guerra, adesso imperversano i fondamentalisti islamici di al Shabaad, legati a al Qaeda. Le ong denunciano feroci violazioni dei diritti umani, stupri, torture sono all’ordine del giorno in Somalia.

A giugno 2014 nasce in Iraq il califfato dell’Isis. Dopo aver proclamato la propria sovranità politica e aver conquistato consistente territorio iracheno, i terroristi dell’Isis puntano ad allargare il loro feudo ai paesi limitrofi, imporre la sharia e realizzare un grande califfato islamico sunnita. Combattono contro le truppe governative e contro i peshmerga del Kurdistan iracheno. Sono accusati di crimini contro l’umanità. In Siria sono centinaia di migliaia le vittime del conflitto che continua nonostante la rielezione farsa di Assad alla guida del Paese. L’emergenza profughi siriani è un enorme problema per i paesi confinanti, si parla di più di 4 milioni di sfollati. Al fianco di Assad combattono le truppe libanesi di Hezbollah. L’Isis controlla una grossa fetta del territorio siriano, intere città sono state rase al suolo, come Aleppo, patrimonio dell’umanità, ridotta a un cumulo di macerie. In Afghanistan proseguono ancora gli scontri tra le forze governative e i talebani, che agiscono attraverso attentati contro le popolazioni civili. In Yemen persiste l’urto tra i governativi, sostenuti dagli Usa, e i gruppi armati salafiti nel nord del Paese. Le ong riferiscono di costanti abusi contro donne, bambini, stupri, violenze.

In Ucraina l’esercito di Kiev si sta scontrando con le truppe dei separatisti filorussi, con Donetsk come principale città teatro dei combattimenti. Anche se pur’essa dimenticata, prosegue la guerra in Cecenia e Daghestan, nonché la tensione nel Nagorno-Karabakh.

Ma condizioni di ostilità e guerriglia permangono in Costa d’Avorio, Eritrea, Etiopia, Ciad, Kenya, Mauritania, Sahara Occidentale, Uganda, Birmania, Filippine, Pakistan, Indonesia, Nepal, Sri Lanka, Bangladesh, oltre che naturalmente in Palestina, e si tratta di un elenco approssimato per difetto.

E’ questa gravissima instabilità planetaria la peggiore minaccia per l’intera popolazione mondiale, non sono certo spread o pressione fiscale. Invero dalle guerre regionali, specie se lontane, i paesi ricchi hanno sempre tratto vantaggi, come ad esempio l’affare doppio di vendere armi ai guerrieri e acquistare nei paesi in guerra le materie prime necessarie alle proprie industrie ed economie a prezzi stracciati, ovvero di potervi lasciare i loro rifiuti inquinanti, e per aver voluto documentare ciò in Somalia Ilaria Alpi è stata assassinata; però adesso c’è un ma: i barconi dei disperati appalesano il male che si è fatto e si continua a fare.

Muskat, primo ministro di Malta ha affermato che se i governanti del mondo chiuderanno ancora gli occhi al cospetto di tale grande tragedia saranno giudicati alla stessa stregua di coloro che li chiusero fino all’esplosione davanti all’aggressione del nazismo. Il papa Francesco ha detto che i morti in mare erano “uomini e donne come noi, cercavano la felicità”. Si dovrebbero ammainare tutte le bandiere del mondo per riflettere sulla sconfitta dell’uomo, ha creato un sistema globale che sta producendo solo ingiustizie, dolore e morte.

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