Problema tifoserie: servono leggi applicate, non zone franche.
Da anni il problema delle tifoserie violente e delinquenziali negli stadi italiani rappresenta una questione irrisolta e fonte di numerosi dibattiti.
Episodi di violenza, vandalismo e scontri tra tifosi continuano a verificarsi, creando un senso di insicurezza che allontana le famiglie e i veri appassionati di calcio dagli stadi. Ma la soluzione al problema potrebbe essere più semplice di quanto sembri: basterebbe applicare le leggi già esistenti in maniera rigorosa, senza trattare gli stadi come zone franche dove i comportamenti criminali vengono puniti solo con il daspo.
Il daspo (Divieto di Accesso alle manifestazioni Sportive) è una misura preventiva che impedisce ai soggetti coinvolti in episodi di violenza di entrare negli stadi per un determinato periodo di tempo. Tuttavia, sebbene utile in molte situazioni, questa misura appare insufficiente da sola per affrontare la complessità del fenomeno. Molti dei delinquenti legati alle tifoserie violente sono recidivi e trovano modi per aggirare il daspo, continuando a rappresentare una minaccia sia dentro che fuori dagli stadi.
Ciò che manca, secondo molti osservatori, è l’applicazione delle leggi ordinarie in modo coerente e uniforme. Se un comportamento violento o criminale viene commesso in uno stadio, dovrebbe essere trattato come tale anche al di fuori di esso. Tuttavia, spesso gli stadi vengono trattati come una sorta di “zona franca”, dove le regole sembrano diverse e meno rigide. Invece di affrontare i responsabili con condanne penali, sanzioni e procedimenti giudiziari, ci si limita troppo spesso a provvedimenti amministrativi come il daspo.
Una soluzione reale al problema delle tifoserie potrebbe essere quella di considerare gli stadi alla stregua di qualsiasi altro luogo pubblico. Se un reato viene commesso, deve essere trattato come tale e punito secondo il codice penale, senza alcun tipo di indulgenza o eccezione legata al contesto sportivo. Scontri, aggressioni, vandalismi e altri comportamenti criminali che spesso si verificano attorno agli eventi calcistici non possono essere trattati come episodi isolati o “parte del gioco”.
Questo approccio avrebbe un effetto deterrente molto più forte. I delinquenti che sfruttano gli eventi sportivi per commettere atti illeciti dovrebbero affrontare le stesse conseguenze legali che affronterebbero in altri contesti, compresi arresti e processi, piuttosto che limitarsi a un divieto temporaneo di accesso agli stadi.
Oltre a una corretta applicazione delle leggi, servirebbe un controllo più rigoroso e una maggiore collaborazione tra le forze dell’ordine, i club calcistici e le istituzioni locali. Rafforzare la sorveglianza e migliorare le procedure di identificazione dei responsabili all’interno degli stadi potrebbe aiutare a prevenire comportamenti criminali prima che degenerino in violenza.
In definitiva, affrontare il problema delle tifoserie non richiede necessariamente nuove leggi, ma un cambiamento culturale nel modo in cui viene gestito il fenomeno. Gli stadi non devono più essere considerati come spazi dove le regole sono sospese o attenuate. Solo trattando i responsabili di atti violenti come veri e propri criminali, senza concessioni legate al contesto sportivo, si potrà sperare di riportare il calcio a essere uno spettacolo sicuro e piacevole per tutti.