Pubblicato: gio, 12 Dic , 2013

Piazza Fontana, la strage impunita

44 anni fa la strage di Piazza Fontana, uno dei sanguinosi misteri italiani

 

L'interno della banca dopo l'esplosione

L’interno della banca dopo l’esplosione

12 dicembre 1969, ore 16.37, una bomba esplode all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana a Milano. Le vittime sono 17, mentre 88 sono i feriti.

La strage di Piazza Fontana è uno dei più importanti misteri italiani. A 44 anni dall’attentato non si sa chi siano stati i responsabili, gli ideatori, i mandanti e infine i depistatori che hanno permesso ai colpevoli di rimanere impuniti. A render chiaro che la bomba esplosa in banca faceva parte di un più vasto piano che poteva essere messo in pratica solo da strutture ben organizzate e con forti appoggi è la cronaca stessa di quel 12 dicembre. Furono, infatti, ben cinque le bombe. Oltre quella strage, altre 3 esplosioni a Roma, al Vittoriano, alla BNL di Via Veneto e al Museo del Risorgimento causarono in totale 17 feriti mentre un quinto ordigno fu ritrovato a Milano nella sede della Banca Commerciale Italiana; questo, inesploso, fu fatto brillare dagli artificieri, distruggendo così le prove che avrebbero potuto portare, analizzando il congegno, agli autori.

Cinque bombe che esplodono quasi in contemporanea nelle due città maggiori, contro obiettivi sensibili (banche e monumenti) sono la chiara prova di un’organizzazione e un piano che ancora però rimangono indefiniti.

I processi fatti non hanno portato a nessuna condanna, dal punto di vista giudiziario si può solo affermare che ad essere fortemente sospetti sono settori dell’estrema destra in combutta con elementi deviati dei servizi segreti. Una sentenza della Cassazione, nel 2005, ha indicato nei neofascisti Franco Freda e Giovanni Ventura i probabili responsabili, ma essendo questi già stati assolti in via definitiva, grazie ad alcune prove non ancora acquisite al tempo dei processi, non sono più imputabili.

Collegate alla strage sono anche le morti dell’anarchico Pinelli e del commissario Calabresi. Il primo morì precipitando, misteriosamente, dalla finestra della Questura di Milano dove era, da diversi giorni, interrogato in merito ai fatti del 12  dicembre. Il secondo verrà ucciso nel 1971 da militanti di “Lotta Continua”, precisamente Ovidio Bompressi e Leonardo Marino su ordine di Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri, a seguito di una forte e denigratoria campagna di stampa operata da ambienti della sinistra, in particolare dal giornale “Lotta Continua” e dall’”Espresso”, nella quale lo si indicava, erroneamente, come responsabile della morte di Pinelli.

A quasi cinquant’anni dalla bomba si può essere certi che ci fu un’ampia e sistematica opera di depistaggio che ha reso impossibile ricostruire la verità dei fatti. Quello che si sa è che la strage si inquadra nella cosiddetta strategia della tensione che, messa in atto o sobillata da non ben precisati organi deviati dello Stato, puntava ad instaurare un clima di tensione al fine di rendere possibile un golpe in Italia sul modello dei regimi sudamericani o dei colonnelli greci.

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