Pubblicato: dom, 22 Giu , 2014

Papa Francesco in Calabria scomunica i mafiosi

Procuratore Gratteri: «Storica dichiarazione che aspettavamo da un secolo»

papa2538news«La ‘ndrangheta è adorazione del male e disprezzo del bene comune, è un male che va combattuto, va allontanato, anche dalla Chiesa che deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere». Parole forti, durissime, pronunciate da Papa Francesco nel corso della Santa Messa celebrata davanti ad oltre 250mila persone a Sibari, ultima tappa del suo viaggio nella piccola diocesi di Cassano. E ha aggiunto: «Gli uomini della ‘ndrangheta non sono in comunione con Dio, sono scomunicati». Una condanna mai prima d’ora così esplicita e che non era nemmeno prevista nell’integrazione del testo ufficiale, distribuita poco prima che il pontefice iniziasse a parlare dall’altare e maturata, probabilmente, nel corso della lunga giornata trascorsa a fianco degli ultimi, dalla parte dei più deboli: ex tossicodipendenti, anziani, malati, poveri, carcerati.

Parole rivoluzionarie che in tanti invocavano forse da troppo tempo. Ne è convinto anche il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, Nicola Gratteri: «Aspettavamo da più di un secolo che un Papa pronunciasse il termine ‘ndrangheta e scomunicasse i mafiosi. Dopo questo monito, credenti e non credenti, addetti ai lavori e non, dobbiamo essere consequenziali e coerenti. Una dichiarazione storica che servirà ad ognuno di noi per prendere posizione: non si potrà più dire – aggiunge il magistrato, da sempre in prima linea nella lotta alla ‘ndrangeta – che ci vuole il certificato antimafia per sapere, in un paese di 5mila abitanti, chi è il capomafia, chi vive commettendo reati e soffocando la libertà e la dignità delle persone».

Ad onor del vero, già tre mesi fa Papa Bergoglio, partecipando alla veglia per le vittime innocenti di tutte le mafie, organizzata da don Luigi Ciotti, aveva fatto suo l’anatema lanciato vent’anni prima da San Giovanni Paolo II dalla Valle dei Templi di Agrigento, chiedendo in ginocchio ai mafiosi di convertirsi «per non finire all’inferno». Ma con la scomunica inflitta agli ‘ndranghetisti, questo Pontefice è andato oltre: ha compiuto quel passo in più necessario, perché la Chiesa prendesse finalmente una chiara e netta posizione, anche all’interno della sua stessa Istituzione, spesso resasi correa di ingiustificabili nefandezze.

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