Pubblicato: Mar, 18 Lug , 2023

No all’immigrazione: “stiano a casa loro”.

dopo che gli abbiamo saccheggiato ogni cosa, a casa loro.

Negli ultimi anni, il tema dell’immigrazione è diventato sempre più centrale nel dibattito politico europeo. “No all’immigrazione” è lo slogan che riecheggia nelle piazze, nei talk show, e sui social, spesso accompagnato dall’affermazione che “stiano a casa loro”. Tuttavia, questa posizione ignora una verità scomoda: molti dei Paesi da cui provengono i migranti sono stati impoveriti, destabilizzati e saccheggiati dalle stesse potenze occidentali che ora rifiutano di accoglierli.

Le radici dell’immigrazione massiccia dall’Africa e dal Medio Oriente affondano in secoli di colonialismo e sfruttamento. Per decenni, le risorse naturali di questi Paesi sono state estratte a beneficio delle potenze europee: oro, petrolio, diamanti, cacao e altre ricchezze hanno alimentato l’economia dell’Occidente, lasciando dietro di sé società devastate e disuguaglianze profonde. Il saccheggio delle risorse ha arricchito le economie occidentali, ma ha impoverito le popolazioni locali, privandole di infrastrutture, opportunità e stabilità.

Non solo: i confini attuali di molti Stati africani e mediorientali sono stati tracciati a tavolino dalle potenze coloniali, senza tener conto delle realtà etniche e culturali locali. Questo ha portato a conflitti interni, guerre civili e instabilità politica che, ancora oggi, costringono migliaia di persone a fuggire dalle loro terre in cerca di sicurezza.

Inoltre, le politiche commerciali e gli accordi economici, imposti dai Paesi ricchi attraverso organizzazioni internazionali, hanno continuato a perpetuare una forma di neo-colonialismo. Mentre le grandi multinazionali occidentali fanno affari miliardari in Africa e altrove, le popolazioni locali rimangono spesso ai margini, private delle risorse e delle opportunità necessarie per costruirsi un futuro migliore. Così, le stesse potenze che oggi respingono i migranti hanno contribuito in modo determinante a creare le condizioni che spingono milioni di persone a lasciare le loro case.

La narrazione secondo cui i migranti dovrebbero “stare a casa loro” si scontra con una realtà storica ed economica molto più complessa. Chi decide di emigrare non lo fa per scelta leggera o superficiale, ma spesso perché non ha altra alternativa. La mancanza di lavoro, l’instabilità politica, la povertà e i conflitti armati sono i principali fattori che spingono intere famiglie a cercare rifugio altrove. E molti di questi problemi hanno le loro radici nelle azioni passate e presenti delle nazioni occidentali.

D’altra parte, respingere i migranti senza riconoscere le nostre responsabilità storiche equivale a chiudere gli occhi di fronte a una tragedia umana globale. L’Europa, ricca delle risorse estratte dalle colonie, non può sottrarsi al dovere morale di accogliere e offrire opportunità a coloro che oggi cercano un futuro migliore, soprattutto quando parte del loro disagio deriva da politiche di sfruttamento perpetrate per secoli.

Rifiutare l’immigrazione significa anche ignorare il contributo che i migranti portano nelle nostre società. Molti di loro lavorano nei settori più difficili, spesso svolgendo lavori che i cittadini locali non vogliono più fare. I migranti contribuiscono alla crescita economica, arricchiscono le culture locali e portano nuove prospettive e idee.

Se vogliamo davvero che “stiano a casa loro”, dovremmo prima garantire che le loro case siano luoghi sicuri e prosperi. Questo richiede un cambio radicale nelle politiche economiche e di cooperazione internazionale. Le nazioni occidentali devono riconoscere il proprio ruolo nell’impoverimento di interi continenti e iniziare a lavorare per creare opportunità reali in quei Paesi. Investire in infrastrutture, educazione e sviluppo sostenibile è l’unico modo per ridurre il flusso migratorio a lungo termine.

Fino a quel momento, è ipocrita chiedere che chi fugge dalla miseria e dai conflitti “stia a casa sua”. Non possiamo pretendere di costruire muri attorno al nostro benessere, ignorando i costi umani che la nostra prosperità ha imposto ad altre parti del mondo.

Di

- Danilo Sulis, oggi presidente di rete 100 passi, è l'amico di Peppino Impastato che ha fatto proseguire il cammino di Radio Aut con la nuova Radio 100 passi. Pioniere dell'informazione libera ed indipendente è stato anche docente in corsi di "Formazione professionale continua per giornalisti" presso il "centro di documentazione giornalistica" di Roma.

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