Pubblicato: gio, 31 Gen , 2013

Mafia, Gianni Nicchi condannato a 10 anni

Arrestato nel 2011,reggente della famiglia di Pagliarelli. Condanna per associazione mafiosa ed estorsione a 25 tra boss e gregari e a due imprenditori: non denunciarono il pizzo

 

di Gianluca Caltanissetta

NEWS_95539Dopo la cattura di Bernardo Provenzano e dei Lo Piccolo, doveva essere lui il boss di Palermo. Gianni Nicchi, giovane rampollo della famiglia Pagliarelli, cresciuto all’ombra del padrino Nino Rotolo, aveva bruciato le tappe e ad appena 25 anni si apprestava a diventare il più giovane capomafia della storia. Ma ad una ascesa repentina ha fatto seguito un altrettanto rapido declino. Arrestato nel 2011, il rampollo che amava la bella vita era rimasto impigliato nell’indagine “Hybris” dei carabinieri, e con lui fu smantellata la rete di estorsori ed esattori del pizzo di una grossa fetta di Palermo. Ieri è arrivata la condanna a 10 anni di carcere, una sentenza emessa col rito abbreviato dal Gup Giangaspare Camerini. Condanne anche per altri 25 tra boss e gregari delle famiglie di Pagliarelli, Porta Nuova e Borgo Vecchio, accusati a vario titolo di associazione mafiosa ed estorsione. Condannati a due anni per favoreggiamento aggravato due imprenditori palermitani: non avrebbero denunciato la richiesta del pizzo. Cinque gli assolti.
Di lui Nino Rotolo diceva: ‘Gianni è mio figlioccio, però ti dico, per me è come se fosse figlio mio’. Con Giovanni, quando parli con lui è come se parlassi con me. È la stessa cosa…”. Un’investitura formale. Dopo la cattura del vecchio boss, avvenuta nel 2006, e nell’anno successivo quella dei Lo Piccolo, i rivali di sempre, Nicchi è latitante. Si vocifera che si nasconda a Milano. Proprio dove fu arrestato Luciano Liggio, lo storico boss di Corleone che con Riina e Provenzano aveva scompaginato le gerarchie mafiose e scatenato una sanguinosa guerra di mafia.
Protetto da una fitta rete di fiancheggiatori, Nicchi è pronto ad allungare le mani su Palermo e a imporre indisturbato pizzo e regole ai commercianti della città. Ma per “u picciutteddu”, come veniva soprannominato nell’ambiente mafioso, il regno è destinato a durare poco. Gli uomini della catturandi lo scovano in un appartamento a poca distanza dal tribunale. Insieme a lui, in carcere finiscono gli uomini della cosca di Pagliarelli, Calatafimi, Borgo Molara e Rocca-Mezzo Monreale: da Michele Armanno, vice di Nicchi, a Giovanni Tarantino e Luigi Giardina, passando per Filippo Burgio. E l’esercito di picciotti che si occupano della raccolta del pizzo ai danni dei commercianti di Palermo.
Con la condanna di ieri cala il sipario sul giovane rampollo e si chiude un pezzo di storia recente della mafia. Resta, almeno apparentemente, scoperta una casella importante nello scacchiere del potere mafioso della città. Ma la storia prosegue, con un altro re e un regno in espansione, quello di Matteo Messina Denaro, il boss imprenditore di Castelvetrano, l’ultima primula rossa della mafia siciliana.

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