Pubblicato: mer, 23 Ott , 2013

Liceo in quattro anni, al via la sperimentazione

Innovazione e possibili tagli si mescolano nella nuova riforma.

Maria Chia Carozza, ministro dell’Istruzione, dell’Università  e della Ricerca

Maria Chia Carozza, ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Parte tra le contestazioni dei sindacati la sperimentazione, presso il “Liceo Internazionale per L’impresa Guido Carli” (privato) di Brescia, del corso di studi superiori in quattro anni invece dei tradizionali cinque.

Il liceo di Bresciano sarà l’unico in Italia, per il momento, a consentire agli studenti di conseguire il diploma mediante regolari esami di stato con un anno d’anticipo rispetto ai cinque previsti. Alla base di questo test nelle idee del ministero c’è la convinzione che si possano guadagnare efficienza e maggiori competenze durante il percorso formativo scolastico, incrementando nel contempo le attività pratiche e laboratoriali.

Il Ministro Maria Chiara Carrozza ha affermato davanti ad una delegazione di studenti che “si tratta di un’esperienza che, a valle del monitoraggio che consenta di valutarne progressivamente i risultati, dovrebbe diventare un modello da replicare in tutta Italia anche per la scuola pubblica”.

Secondo l’Anief : “c’è da preoccuparsi, anziché combattere il crescente fenomeno dell’abbandono scolastico, con 260mila under 16 anni costretti a lasciare gli studi per lavorare, l’amministrazione torna a riproporre un modello che ha un solo fine: rendere nazionale il progetto per arrivare alla soppressione di 40mila cattedre e risparmiare 1.380 milioni di euro.”

La verità, in realtà come in tutte le storie italiane che abbiano una minima attinenza con l’innovazione e lo sviluppo è esattamente nel mezzo.  Sicuramente i nostri giovani escono dal Liceo con un anno di ritardo rispetto ai loro omologhi europei, ma non pare sia l’obbiettivo primario del Miur colmare questo Gap. Pertanto il tentativo malcelato di sforbiciata alle cattedre, paventata dai sindacati, sembra essere la reale motivazione di questa possibile riforma.

Purtroppo ancora una volta in Italia sembrano prevalere logiche conservative mascherate da innovazioni, recuperare terreno in termini di competitività rispetto agli altri paesi europei dovrebbe essere un obbligo per i governi italiani che invece camuffano tagli con riforme. Per ridurre drasticamente il presunto taglio degli insegnanti basterebbe mandare in pensione tutti quelli che sono stati bloccati dalla riforma Fornero. I lavoratori vanno preservati ma non a scapito dell’innovazione e del progresso che non può e non deve essere sempre sinonimo di tagli e contrazioni dei servizi costituzionalmente garantiti.

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