Pubblicato: mar, 1 Mar , 2022

L’evoluzione della ‘ndrangheta, la dote di Santista e gli uomini cerniera

Relazione antimafia, febbraio 2022

Nel corso dei decenni la ndrangheta cambia la propria composizione sociale, da contadino-bracciantile-pastorale, aumenta la rappresentanza di impiegati, artigiani, commercianti, professionisti, imprenditori. Si articola sempre di più, con oltre 25 gradi tuttora semi-segreti. Oltre ai padrini, esistono cariche molto più alte e riservate anche per gli intranei più importanti, gli appartenenti ai livelli si conoscono solo tra di loro. La sua gerarchia è estremamente complessa, è tanto più potente quanto più è invisibile. «[ndr la ‘ndrangheta] può essere paragonata ad un treno con tanti vagoni, e ogni vagone ha il suo capotreno che è il capolocale. Poi c’è il capotreno. E questo è un treno locale bello lungo. Poi c’è il treno ad alta velocità, dove non possono salire tutti, ci vanno solo i capi. Al di sopra di questo treno c’è chi viaggia in aereo, che dirige gli scambi, dirotta i convogli e neanche si vede. Sono state combattute guerre, sono state uccise tante persone e chi lo ha fatto non sa neanche il vero perché. gente che ha preso ordini dai servizi segreti.» (Antonino Fiume, ex braccio destro di Giuseppe De Stefano durante il processo ‘ndrangheta stragista del 2019).

Amplia la struttura in modo verticistico, saldandosi a politica, massoneria e servizi segreti deviati. Si crea un ulteriore livello, la “Santa” o Società Maggiore, che stravolge l’ordinamento dell’organizzazione, consentendo ai boss la possibilità di una seconda affiliazione, quella alle logge coperte della massoneria. Il passaggio serve per creare una mafia 2.0, non più subalterna rispetto a chi gestisce la cosa pubblica, ma in grado di relazionarsi con il “mondo di sopra” (politica, impresa, istituzioni, forze dell’ordine, avvocati e palazzi di giustizia). I boss gestiscono direttamente potere e affari, sedendosi al tavolo di comando, nella cd “stanza dei bottoni”, dove si decidono progetti ed opere, investimenti, se costruire o meno infrastrutture, sanità, gestione della politica, dell’amministrazione e più in generale l’economia nazionale. Il ritorno per le istituzioni compiacenti, in termini di benefici, è un sicuro sostegno elettorale, protezione e fruttuose collaborazioni. Gli effetti di quella scelta di potere e capacità di infiltrazione si vedono ancora oggi.

E’ proprio nella costituzione della nuova dote che fa il salto di qualità e si differenzia da tutte le altre articolazioni criminali. Sebbene in contatto con Cosa Nostra e con la Camorra, la ndrangheta predilige le collaborazioni con le istituzioni e i vertici. Sceglie i candidati politici, senza distinzione di colore, puntando su figure vincenti da cui poi poter riscuotere incarichi pubblici e posizioni apicali. Una trasformazione non compresa e spesso trascurata, di cui ancora oggi quasi non si parla. Eppure è un nodo nevralgico, da cui si diramano gli intrecci fondamentali.

Il santista è il primo grado della Società Maggiore, si conquista per esclusivi meriti criminosi. Uno sgarrista che vuole passare alla Santa riceve la cosiddetta chiave d’oro e attende il benestare della società maggiore di San Luca. I santisti cambiano la loro formula di giuramento e lo fanno in nome di altri tre cavalieri: Mazzini, Garibaldi e La Marmora. Tra i santisti noti, troviamo i nomi dei capi promotori (Piromalli, i fratelli De Stefano, Araniti) gli Arena e Gioffrè. Secondo un collaboratore di giustizia (Operazione Rinascita-Scott 2019), la Santa sarebbe una dote di passaggio, che una volta conferita viene mantenuta pochi mesi, per poi guadagnare quella successiva di Vangelo. Solo 7 ‘ndranghetisti detengono la dote di Santa a vita, sono gli appartenenti alle cosche calabresi più potenti, in grado di mantenere il grado (e le sue prerogative) eternamente e, quindi, di accrescere il proprio potere. Dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia emergono i nomi de i Piromalli, gli Alvaro, i De Stefano, gli Arena di Isola Capo Rizzuto, i Grande Aracri di Cutro, pur rimanendo indiscusso il rispetto riverenziale per Polsi, ritenuta il vero cuore pulsante della ndrangheta. Per creare una società maggiore occorrono almeno 7 persone col grado di santista. Il vangelista ha prestato giuramento di fedeltà all’organizzazione criminale mettendo una mano su una copia del testo sacro. Vangelo, Crimine, Dritto e Medaglione. Seguono Quartino, Trequartino e Padrino, un grado attribuito ad un ristretto numero di mafiosi che all’interno dell’organizzazione vanno a costituire un’oligarchia con privilegi e responsabilità. Secondo alcuni collaboratori di giustizia si riscontrano anche doti speciali, come “crimine internazionale” (Pasquale Nicoscia, Nicolino Grande Aracri, Antonio Pelle avrebbero avuto questo grado – processo Rinascita-Scott, 2021). La dote di “associazione” sarebbe nata in Piemonte, dedicata ai vertici (processo Minotauro). Salendo si trovano i livelli più sconosciuti e riservati: Crociata (formata da 7 santisti, raccoglierebbe gli affiliati dal grado di picciotto a quello di padrino). Sopra al padrino ci sono le doti di “stella polare”: Associazione, Stella (formata da 5 evangelisti), Infinito, Cavaliere di Cristo, Luce, Bartolo, Mammasantissima (capo di 5 padrini), Tredicesimo apostolo, Super associazione e Conte Ugolino. Il livello più alto e segreto è quello decisivo, in cui la contaminazione con uomini di affari, professionisti ed istituzioni è pressochè totale. Dalle indagini emerge che la componente “invisibile” è proprio quella che effettivamente prende le decisioni, indirizza l’agire dei partecipi la struttura criminale. Un rango elitario che sarebbe stato formalizzato nel 2005 (intercettazione Sebastiano Altomonte, 2007), i cui componenti segreti sarebbero sette. All’interno di questa super cupola ci sarebbe anche uno degli esponenti dei De Stefano, mentre i Mancuso ricoprirebbero il grado di Mammasantissima. Confermato il potere degli altri clan che orbitano attorno, tra Piromalli, Arena, Grande Aracri, Oppedisano, Pelle e via dicendo, ma gli inquirenti non sono ancora riusciti a dare un nome e cognome a tutti i gradi dell’Onorata Società, in continua evoluzione.

Oltre ai suoi uomini d’onore e picciotti, si avvale di soggetti al di sopra di ogni sospetto, chiamati “uomini cerniera”: imprenditori, politici, manager, faccendieri, avvocati, traffichini. Anche per questo è sempre più difficile distinguere tra potere istituzionale e criminale, tra lecito ed illecito, economia pulita e sporca. Le analisi e le indagini nonché gli accertamenti giudiziari, ne delineano una sempre più viva e vitale vocazione affaristica, un’imponente abilità espansiva, anche su scala internazionale, una capacità di infiltrazione e una forza corruttiva, che l’hanno trasformata in una dinamica e spregiudicata holding economico finanziaria. La ‘ndrangheta ha dimostrato di sapersi evolvere e fare impresa, soprattutto nella gestione, con forme sempre nuove di riciclaggio e reimpiego, negli investimenti delle enormi disponibilità finanziarie derivanti dagli illeciti. Ha modificato le regole basilari della tradizione criminale, dotandosi di una sovrastruttura occulta e riservata che permea gli ambiti strategici della politica, dell’economia e delle istituzioni (Commissione Antimafia sull’esito delle due missioni svolte a Catanzaro e a Vibo Valentia, 2022). Agisce sempre più in modo sommerso, senza manifestazioni eclatanti della sua forza (pur non rinunciando a porre in essere condotte dimostrative di monito o regolamenti di conti), ma privilegiando corruzione e collusione con le istituzioni. Le risultanze delle indagini dimostrano e confermano lʹabilità di penetrare, con soggetti ad essa riconducibili o comunque contigui, negli enti pubblici, condizionandone l’azione a proprio vantaggio. Le procedure di affidamento di lavori e forniture sono spesso eluse o addirittura del tutto obliterate; controlli inesistenti, autorizzazioni e concessioni vengono emesse e affidate a imprese di soggetti riconducibili alla criminalità organizzata. E’ emersa addirittura la gestione diretta della cosa pubblica da parte delle cosche, tramite funzionari apicali, consiglieri comunali, assessori e sindaci, veri e propri affiliati. Anche l’infiltrazione nell’economia è attuata tramite imprese intranee o colluse, spesso unite in “cartello”, oltre che tramite professionisti di elevata esperienza e capacità tecnica, che la affiancano con condotte di supporto e agevolazione. La ndrangheta è divenuta attore di riferimento in numerosi settori dell’economia legale che, conseguentemente, ne risulta fortemente inquinata. Inoltre, gli effetti della crisi economica conseguita alla pandemia covid19, costituiscono terreno fertile per i clan, disponibili ad andare incontro ai bisogni delle classi meno abbienti e delle piccole e medie imprese. La consorteria riesce facilmente a rispondere alle esigenze di liquidità, acquisendo ulteriore consenso e impossessandosi poi delle imprese. Anche per questo, risulta sempre più impellente la necessità di intervenire sulle normative dell’accesso al credito e sulla normativa anti-usura; snellire la burocrazia e i procedimenti, garantire la certezza di giudizio. Sarebbe opportuno, nondimeno, rivedere i parametri di accesso e permanenza agli incarichi dirigenziali e politici.

Il dott. Gratteri sottolinea anche il preoccupante aspetto di silenzio-consenso, che tende a trovare una collettività sempre più assuefatta e smemorata. La mafia uccide sempre meno, è sempre meno visibile e non impressiona più l’opinione pubblica. E allora, se non fa impressione all’opinione pubblica, la stampa e la televisione non ne parlano, quindi il problema non esiste. Eppure oggi i clan stanno drogando l’economia legale, fanno saltare le regole del libero mercato. Appare imprescindibile tenere alta l’attenzione sul versante delle competizioni elettorali come su quello dell’affidamento di forniture e lavori pubblici. L’organizzazione criminale si sta già muovendo per arraffare il più possibile anche dal PNRR (piano nazionale di ripresa e resilienza) che con un importo previsto di 191 miliardi e 500 mila euro dovrebbe risollevare la situazione del paese. Le truffe sono per lo più in ambito di edilizia e appalti, collaborazioni ed alleanze che fanno evaporare ingenti risorse, lasciando arretratezza e povertà. Tutto ciò è sicuramente imputabile ad un concorso di colpe. La responsabilità principale, però, è della politica, dei governi e del parlamento che non creano delle norme proporzionate e proporzionali alle realtà criminali. Oggi fare una truffa aggravata, anche per milioni di euro, vuol dire al netto una condanna a 2-3 anni di carcere, ammesso che si riesca a celebrarne il processo. Fino a quando sarà conveniente delinquere, questo tipo di reati continuerà ad esistere perché il rischio è bassissimo e la sanzione è minima. Allo stesso modo, in più occasioni è stato sostenuto da diverse voci che il reato di partecipazione ad associazione mafiosa e il concorso esterno in associazione mafiosa non siano da considerarsi reati. D’altra parte, appare sempre più chiaro come la poca incisività del nostro apparato burocratico-giuridico offra molteplici incertezze e vie di fuga.

[dati integrati dalla Relazione febbraio 2022 della Commissione Parlamentare Antimafia; sull’esito delle due missioni svolte a Catanzaro e a Vibo Valentia]

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