Pubblicato: mar, 10 Dic , 2013

Legge bavaglio approvata all’ARS

Approvato emendamento che impone l’identificazione dei commenti online. Dal bavaglio ai giornali a quello ai lettori

 

l'on. Michele Cimino (VS)

l’on. Michele Cimino (VS)

Non finiscono le polemiche sulla legge per il sostegno all’editoria approvata nei giorni scorsi dall’Assemblea Regionale Siciliana. A finire sotto le lenti degli osservatori è un emendamento, all’articolo 4, che subordina i finanziamenti per i giornali online alla riconoscibilità dei commenti all’articolo.

La modifica è stata votata, come tutta la legge, in maniera bipartisan con la sola opposizione del M5S. L’emendamento, passato sotto silenzio al momento dell’approvazione, porta in calce la firma di Michele Cimino (VS) fino a poco tempo fa braccio destro di Miccichè e membro delle prime giunte Lombardo ed ora vicino al nuovo presidente Rosario Crocetta. Il motivo, ufficiale, della norma è provare a mettere un freno ai cosiddetti troll ovvero quegli utenti di internet che, mascherandosi dietro l’anonimato, commentano in maniera critica, spesso ai limiti dell’insulto, questo o quell’articolo, questo o quel post. Le testate online dovranno “avvalersi di un sistema informatico che assicuri la possibilità di identificare gli autori” e, nel caso concedano l’utilizzo di pseudonimi, curarsi di ottenere “la copia di un documento d’identità o altri strumenti tecnicamente idonei all’accertamento dell’identità dell’autore”. In pratica chi vorrà commentare un post, con un nickname, senza sbandierare ai quattro venti il proprio nome e cognome, dovrà recarsi fisicamente in redazione e farsi identificare come fosse un sospetto criminale da tenere sotto controllo.

È chiaro che la norma risponde all’unico obiettivo di colpire la libertà di critica, dei lettori e non solo dei giornali, inoltre, ad essere più maligni, si potrebbe sospettare che l’emendamento in questione, in combinato con gli altri stringenti requisiti previsti, riduce ulteriormente il novero di testate che possono beneficiare dei contributi, così poche che si potrebbero identificare già ora. Dimostrazione ulteriore dell’inutilità del provvedimento il fatto che a difendere dall’ingiuria e dalla calunnia c’è la possibilità di risalire già ora, tramite l’indirizzo IP e senza aggravi per la redazione o il lettore, all’autore del post anche se anonimo.

La vicenda dimostra ancora una volta che il costo, non economico, dei contributi pubblici all’editoria è il dover sottostare a norme capestro imposte dalla politica, in pratica il controllato che dice al controllore come agire. Un motivo in più per avviare una seria riflessione sull’opportunità, in termini di libertà di stampa più che economica, dei finanziamenti pubblici ai giornali.

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