Pubblicato: mer, 4 Nov , 2015

Lazio, a rischio la libertà di informazione? La parola ai giornalisti.

Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, intervenuto in apertura alla conferenza stampa, invita i giornalisti a raccontare bene il processo di Mafia Capitale, perché si chiariscano davvero i fatti.

Domani a Roma inizierà il processo per Mafia Capitale. In città, il clima è indecifrabile, i cittadini si mostrano ancora stupiti e sbigottiti, più che indignati. Ci si chiede da più parti come non sia emersa prima questa realtà che camminava sotto gli occhi di tanti. La cosidetta società civile piu’ che avvilita, appare disincantata o disaggregata. Ci si rimprovera di non aver avuto gli anticorpi, tuttavia, il giornalismo d’inchiesta ha svolto un ruolo importante per far emergere il fenomeno ed ha pagato un prezzo. Oltre novanta i giornalisti denunciati dagli avvocati delle Camere penali e decine di direttori di testata per aver pubblicato le intercettazioni integralmente, pur già agli atti. Una normativa poco chiara ed incoerente secondo alcuni, penalizza il diritto di cronaca formalmente, ma in questo caso il numero dei giornalisti coinvolti ha fatto suonare il campanello d’allarme, perché il quadro generale nazionale e regionale è fosco.

27/04/2010 Roma, trasmissione Raitre Ballaro', nella foto il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti

27/04/2010 Roma, trasmissione Raitre Ballaro’, nella foto il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti

Alla luce dei dati, i giornalisti minacciati ed intimiditi sono 2583 dal 2006 ad oggi. Centosessantatrè solo nel primo semestre del 2015, in crescita quelli del Lazio, trentatré ne ha contati Ossigeno per l’Informazione, ma forse sono di più. A Roma, oggi numerose le testimonianze di singoli giornalisti, arrivati da Viterbo, Csasino, Anzio, Latina, che non vanno più considerati casi isolati, ma occorre ragionare sul quadro generale. “Le intimidazioni e le minacce assumono forme stravaganti ed originali, ammette ironicamente il vicepresidente della Commissione Antimafia, Claudio Fava. Non ci sono più solo le aggressioni fisiche o i morti ammazzati per strada, come gli undici giornalisti assassinati dalle mafie dal dopoguerra ad oggi, perché ormai lo strumento più utilizzato è l’emarginazione, anche dentro le redazioni, laddove gli editori non sono più editori, ma intrattengono affari con la malavita.

L’altro strumento, sempre più diffuso, come emerge dalla Relazione della Commisione Antimafia del 5 agosto scorso è quello delle querele temerarie incalzanti, con richieste di risarcimenti altissimi, che aggiunte ad una professione in cui la precarizzazione, priva per definizione di tutele, lascia tanti soli e senza risorse ad affrontare minacce e problemi legali. Alla proposta del sindacato Stampa Romana e dell’ associazione Cronisti di istituire un fondo istituzionale per le spese legali dei giornalisti che vivono fuori dalle redazioni o di inserire sanzioni pecuniare, magari anche penali, per chi sia reo di ostacolare in vario modo il diritto all’informazione ed il dovere di informare, come descritto nell’articolo 21, Claudio Fava risponde che i tempi non sembrano particolarmente favorevoli.

“Il parlamento è stato pigro, in alcuni c’ è la consapevolezza che non ci siano le condizioni politiche. Le storie raccontate oggi all’incontro promosso da Stampa Romana e dall’Ossevatorio per la sicurezza e la legalità della Regione Lazio, sono afflitte, ma forti, determinate ad andare avanti. C’ è una generazione nuova, anche di giovanissimi che va avanti, questo lo abbiamo desunto anche dalle tante audizioni in Commissione Antimafia”, conclude Fava.

Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, intervenuto in apertura alla conferenza stampa, invita i giornalisti a raccontare bene il processo di Mafia Capitale, perché si chiariscano davvero i fatti. “ I cittadini vogliono sapere e conoscere L’informazione libera è di aiuto per l’amministrazione, così come le inchieste, che anticipano le procure, ma nella battaglia per la legalità, sottolinea Zingaretti, ognuno deve fare il proprio dovere, capire meglio la propria funzione, per fare fronte. Oggi, il fatto stesso che siamo qui è un segnale che si può lavorare insieme, perché ognuno faccia la sua parte”.

 

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