Pubblicato: dom, 12 Mag , 2019

La prosa di Piergiorgio Welby approderà in Spagna.

Al teatro Vascello di Roma in scena il corpo poliglotta di Vezzoli.

Roma, il  9 maggio, al teatro Vascello di Roma, chiamata ed adunata del popolo monteverdino, quello doc, costretto ad uscire di casa per recuperare un’ antica e bella “creanza”, quella di andare a teatro, lo spazio più bello che c’è. Lo dico con convinzione, perchè è valsa davvero la pena  farsi una passeggiata a teatro ed il Vascello, in via Giacinto Carini, è davvero un bel posto, uno spazio in cui si sta bene, che ci è familiare e ci appartiene. L’8 ed il 9 maggio scorsi è andato in scena “Ocean Terminal”, un nome strano, che probabilmente fa riferimento ad una catena di supermercati  scozzesi, riferimento biografico di Piergiorgio Welby, autore, poco noto, di una prosa colta e contemporanea. Uscire per andare a teatro non sempre, ma spesso può farci vivere emozioni importanti. Con Ocean Terminal, interpretato da Emanuele Vezzoli, ad esempio, ha significato per me, capire che cosa un uomo ed un corpo, quello dell’attore-regista Vezzoli, sono capaci di creare in soli 60 minuti, in uno spazio che si modifica ed in cui il corpo entra ed esce dai frame della sua narrazione con agilità e senza mai perdere il filo del racconto. Straziante ma esplosivo, il testo scritto da Piergiorgio Welby nell’arco di una vita, Ocean Terminal, è un testo decisamente ironico, fantasioso ed irriverente. Il racconto di una vita minacciata, fin dall’età di 17 anni, dall’annuncio di una malattia oscura ed incurabile, la distrofia muscolare scapolo-omerale. Un destino crudele ed una nascita non voluta, in una vita vissuta fino all’ultimo, ma condannata a sapere e a vivere nell’angoscia: “dead man walking” recita, infatti, il protagonista.

     La traduzione teatrale di Ocean Terminal (testo pubblicato da Castelvecchi nel lontano novembre, 2009) non è stata facile, ma quella prosa decisamente letteraria e profondamente umana, non poteva non approdare a teatro. Lo dissi subito, quando la lessi per la prima volta, il 30 dicembre del 2009,  per discutere ancora della morte e dell’impegno civile di Piergiorgio e Mina Welby, dai microfoni di Radio radicale, dove ho lavorato molti anni. Lo dissi subito: questo testo va ascoltato e letto in radio. A Radio radicale non vollero ascoltarmi, il teatro non era nelle loro corde mediatiche. Non avevano la disponibilità ad ascoltare e a comprendere che è, insieme alla poesia, la forma di comunicazione più potente che esista, altro che instagram e twitter! Così, come sempre, non mi persi d’animo e grazie ad una radio di impegno civile, che coniuga cultura, musica e politica, Radio100 passi, di cui oggi sono la direttrice responsabile, sostenemmo il progetto, semplicemente con la disponibilità ed il lavoro, il mio lavoro di ideazione e di approfondimento, di incontri radiofonici e di fuga nei teatri, al seguito di Emanuele Vezzoli, in giro per l’Italia. Aggiungemmo, ogni volta, interlocutori, opinion leader. Ricordo, il rimpianto Oliviero Beha, che, venne fino a Parma per vederlo e mi ringraziò molto per averlo costretto a farlo. Mi disse, ma è incredibile che nessuno ne parli, così corse a scriverne sul suo blog, su il Fatto quotidiano, ma restò una voce isolata, perché, diciamolo, la morte è un tabù forte, ci costa fatica rimuoverlo ogni giorno. Eppure, proprio la vita di Piergiorgio Welby e la sua ostinata forza civile, possono aiutarci paradossalmente a viverla al meglio e, ad amarla di più.  Così, grazie alla passione e alla professionalità del professor Giorgio Taffon, alla disponibilità del curatore del testo, Francesco Lioce, alla veterana e raffinata Gabriella Borni, coreografa impeccabile e all’appassionato e spregiudicato attore e regista Emanuele Vezzoli il romanzo di una vita di Piergiorgio Welby, ha preso vita sulla scena, nel maggio 2012 e si è impossessato dello spazio ed occupandosi di un percorso esistenziale di un uomo che entra in contatto con la sua fine corporea, è destinato a diventare un testo classico, da tramandare. Paragonabile ad uno testo di William Shakespeare contemporaneo, tra un Dario Fo ed un Carmelo Bene, ma con movimenti scenici che ricordano anche le maschere del teatro veneziano, insomma un prezioso lavoro, ricco di contaminazioni, ben assimilate, da far conoscere a tutti.

     L’attorialità e l’invenzione scenica di Emanuele Vezzoli sono semplicemente “enormi”, ha sussurrato sottovoce a teatro il regista Carlo Cotti, all’uscita dalla prima delle due serate romane, al Vascello. Non voleva parlare di getto Cotti – “Ho bisogno di un po’ di tempo, per assimilare, per far precipitare dentro di me le emozioni che ho provato, ho bisogno di tempo –  Vezzoli, l’ho conosco da sempre, aggiunge Cotti. L’ho visto con Zeffirelli, con Strehler, con tutti, ma oggi qui, posso solo dire che è “incredibile”. Ocean Terminal, da domani lascerà Roma e dopo essere stato apprezzato a New York, al Festival del teatro italiano a New York due anni fa, sarà ospite dell’Università di Valencia Càtedra de Estudios Artisticos, in collaborazione con l’IVAM (Institut Valencia d’Art Modern) dove Emanuele Vezzoli terrà un seminario ed una conferenza sul tema: “ Cuerpo, imaginario social y cultura visual”- e tratterà la rappresentazione del corpo negato. Non perdetelo di vista.

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