Pubblicato: gio, 17 Apr , 2014

La Lis è una lingua ma l’Italia non la riconosce

Ancora in Europa c’è qualche paese che non riconosce la lingua dei segni come lingua. L’Italia è tra questi. Ce ne parla la comunità dei sordi

Linguaggio_segni_450x280Italia, Lussemburgo e Malta. Cosa hanno in comune questi tre paesi? Nulla di cui andare fieri. Cosa è successo? Forse dovremmo parlare di cosa non è successo. Ancora oggi la Lingua dei Segni in ognuno di questi Paesi non è riconosciuta. Eppure da tempo sordi, interpreti  e udenti lo reclamano. Reclamano che sia equiparata a tutte le altre lingue. Perché la Lis è una lingua, non un linguaggio. Ha una sua grammatica ed un suo lessico, che come tutte le lingue, varia nel tempo grazie alla comunità che la utilizza. «È la mia lingua madre, sono un segnante puro – racconta Fabio Giuffrida – io con le mie mani comunico ciò che sono, ma questo l’Italia non l’ha capito. Dal 1988 lottiamo e credo che dovremo lottare ancora. Se dovesse continuare così, sarò costretto a lasciare questo paese, se non ci saranno servizi me ne andrò. In altri paesi sono avvantaggiati, penso all’America che ha l’università per sordi e ci sarebbero molti altri esempi».

La questione è attuale e ancora aperta. Nonostante nel 2011 sia stato approvato un disegno di legge  che ne unificava altri 6 presentati durante la XVI legislatura, il riconoscimento non è mai avvenuto. Dopo l’approvazione al Senato però, il testo passa alla Commissione Affari Sociali che rigetta gli emendamenti, garantendo di fatto la sola promozione della ricerca ai fini di un potenziamento di tecnologie  e impianti acustici e di interventi riabilitativi, eliminando ogni riferimento all’art 6 della Costituzione e alla Carta Europea delle lingue regionali o minoritarie. Dopo la Convenzione Quadro Onu del 2009, sono sorti dubbi sulla costituzionalità della legge,  dal momento che l’art 117 della Costituzione rende valide le norme interne solo se  rispettano i trattati internazionali.  L’Italia avrebbe dovuto adeguarsi ai principi dettati dalle nazioni unite. I principi sono: accessibilità a strutture pubbliche con interpreti professionisti di Lis; riconoscimento e promozione della Lis; agevolare l’apprendimento e l’identità linguistica della comunità dei sordi; garantire a ciechi, sordi o sordo ciechi un’istruzione con i mezzi di comunicazione più adeguati a ciascuno.

Il testo italiano invece non accorda protezione a questi principi ma si limita ad un riconoscimento formale della Lis come mero strumento di supporto. «A Roma eravamo in 3000 a manifestare, qualche anno fa – riporta Fabio – siamo rimasti a dormire nelle tende in attesa di una risposta che non è mai arrivata. La politica dice che ci sono altri problemi, ma anche questo è un problema».  Nel resto dell’Europa, la storia è un po’ diversa, e dai racconti di alcuni ragazzi sordi, non è solo per una questione legislativa, ma ben più ampia. «In Italia la gente quando ci vede segnare ci osserva come se venissimo dallo spazio. Mi è anche capitato di subire episodi di “audismo”, in un gelateria una volta chi mi doveva servire si è lamentato del fatto che fossi sordo mentre cercavo di capire i gusti. All’estero non mi è mai successo. Per noi, integrarci nel mondo degli udenti non è facile, se tutti conoscessero un po’ di più il nostro mondo e la Lis, sarebbe più facile. D’altronde siamo uguali, facciamo gli stessi percorsi, abbiamo una vita anche noi». Il racconto di un altro ragazzo ci ricorda quanto questo sia vero. «I miei genitori sono entrambi sordi – dice Alessandro Abbate –  ma mi hanno aiutato a parlare insieme alla logopedista. Dopo i sei anni cominciai a segnare. Non ho avuto difficoltà a scuola nonostante avessi solo 4 ore coperte dall’assistente. Un momento di gioia immensa è stato l’esame di Stato, mi ha fatto sentire maturo per l’università. La Luiss ha accettato la mia richiesta di interprete. Oggi studio economia e management e dopo aver preso un bel voto al primo esame ho capito che ce la potevo fare. Non ho al momento un obiettivo preciso, ma sono confido nelle mie capacità. A tutti i sordi, ma anche agli udenti,vorrei dire che la Lis è importante ed altrettanto lo è studiare, perché nel futuro chi è bravo si vedrà. Conta il cervello anche se si parla poco». Alessandro è molto sicuro di sé, sa ciò che vuole  e come ottenerlo. «Con il suo coraggio è diventato come un’icona per i sordi» ci rivela Beatrice, interprete Lis che lo conosce da molti anni. Tra loro si conoscono un po’ tutti, la comunità dei sordi sembra come una grande famiglia. Una famiglia a cui troppo spesso si nega l’accesso. L’accesso all’informazione ed ai servizi. «Perché non sono tutti sottotitolati i programmi in tv? Gli unici che li hanno sono stupidi e che dire dell’accesso alla cultura? All’università ci sono solo 3 ore a settimana coperte dall’interprete» dice Alessandra Patera. Il legislatore dovrebbe aver previsto con la ratificata della Convenzione da parte del nostro Paese (legge 3 marzo 2009, n. 18) tutta una serie di servizi che faticano ad essere realizzati.

Dai racconti dei ragazzi, emergono situazioni paradossali che non hanno quasi mai risalto sui media. «Quando dovevo rinnovare la patente, per fortuna avevo mia zia, chiamavano i numeri a voce alta da un’altra stanza – riferisce Alessandra – davvero assurdo».  E se un sordo va in ospedale? «Potrebbe non trovare nessuno in grado di comunicare con lui, ci vuole assistenza 24 ore su 24» dice Fabio. Per restare in tema salute, si può riportare il caso di Luciano Caltagirone, che ha aspettato l’ambulanza per 18 minuti. Se volessimo spaziare e pensare ad un sordo in un aeroporto, anche lì potrebbe aver difficoltà a reperire informazioni. «Non c’è nessun video che trasmetta in Lis la comunicazione dei ritardi» aggiunge Fabio. «Servirebbero video con spiegazioni in Lis nei musei – sostiene Alessandro Abbate – come credo bisogni anche dare assistenza negli uffici,come la posta». Dalle loro parole emerge dirompente la voglia di autonomia e di integrazione. «Ci pensano per la pensione, mai per servizi che ci possano far sentire parte della società» accusa Fabio. Una società fatta di diritti violati, negati. Appelli inascoltati. Chi sono i veri sordi di Paesi come l’Italia, che ancora non hanno una legge che riconosca la Lis?

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