Io sto con la sposa: il film manifesto dei clandestini
Gli autori: «Ventimila morti in frontiera nel Mediterraneo sono abbastanza per dire basta. Non sono vittime del fato né della burrasca. Ma di leggi alle quali è arrivato il momento di disobbedire»
Agli autori del film, Gabriele Del Grande, giornalista italiano e autore del blog Fortress Europe, Khaled Soliman al Nassiry, poeta palestinese siriano, e Antonio Augugliaro, regista televisivo, l’idea di girare “Io sto con la sposa” è venuta «una sera di fine ottobre del 2013». All’inizio sembrava più una battuta nata ma poi è diventata realtà. Quale poliziotto chiederebbe mai i documenti a una sposa? È da questa domanda che è partita l’idea di inscenare un matrimonio per far giungere in Svezia i cinque palestinesi e siriani, sbarcati a Lampedusa per fuggire dalla guerra e incontrati a Milano. Per evitare di essere arrestati come trafficanti di esseri umani, decidono di coinvolgere un’amica palestinese che sarà la sposa e una decina di amici italiani e siriani che si fingeranno invitati. Tra il 14 e il 18 novembre del 2013, un corteo attraversa i 3mila chilometri che dividono Milano da Stoccolma.
Il film documentario ha un costo di produzione e postproduzione di 150mila euro; una campagna di crowdfunding punta a raccoglierne almeno la metà per chiudere il film in tempo utile per iscriversi al Festival di Venezia e distribuirlo nelle sale in autunno.
Sul sito del film, dove è possibile fare una donazione, gli autori spiegano le motivazioni per cui si sono «improvvisati trafficanti per una settimana» consci che «al momento dell’uscita del film, potremmo essere condannati fino a 15 anni di carcere per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ma siamo pronti a correre il rischio. Perché abbiamo visto la guerra in Siria con i nostri occhi, e aiutare anche una sola persona ad uscire da quel mare di sangue, ci fa sentire dalla parte del giusto».