Pubblicato: sab, 16 Nov , 2013

Ingroia: «Istituire un comitato d’inchiesta all’interno della Commissione antimafia»

La proposta dell’ex pm affinché la classe politica accetti di collaborare con la società civile e, insieme, poter far finalmente luce sulla Trattativa Stato-mafia  

 

 

ingroiaUna sottocommissione d’inchiesta che indaghi, unitamente alla Commissione parlamentare antimafia, sulla trattativa Stato-mafia. È questa la proposta lanciata dall’ex pm Antonio Ingroia all’indomani delle minacce che Totò Riina ha rivolto ai magistrati siciliani dal carcere di Opera.

L’idea, presentata oggi dal leader di Azione Civile presso la sede palermitana del movimento, è stata discussa insieme ad alcuni rappresentanti dell’associazionismo antimafia (Cittadinanza per la Magistratura; Comitato 23 maggio; Associazione nazionale familiari vittime di mafia; Un’altra storia; Associazione nazionale Amici Attilio Manca; Muovi Palermo; ContrariaMente; Associazione Peppino Impastato; Associazione Rita Atria; etc.). L’intento è quello di raggruppare gli esponenti di tali associazioni presenti sul territorio, per dare vita ad una sottocommissione votata dalla società civile, che lavori all’interno della Commissione parlamentare antimafia con gli stessi poteri, al pari dell’Autorità giudiziaria, e impedire che personaggi come Riina possano continuare impunemente a minacciare i pm.

«La tensione, che cresce intorno alla magistratura di Palermo, così come intorno alle Procure di Caltanissetta e di Trapani (quest’ultima per il collegamento con la latitanza di Matteo Messina Denaro), nasce da un semplice dato di fatto. – spiega Ingroia – Su certi fronti e in certi termini, la magistratura è isolata e allo stesso tempo sovraesposta, e ciò ha costituito un terreno fertile per la mafia e per quanti si oppongono al raggiungimento della verità sul biennio stragista ’92-’93. Come diceva Falcone: “Si muore quando si è lasciati soli”».

Tante, sono le iniziative popolari di sostegno alla magistratura, di tutela ai singoli magistrati, di richieste dell’innalzamento del livello di sicurezza; ma per il presidente di Azione Civile, tali manifestazioni -da sole- non bastano. «Anzi, paradossalmente, dal punto di vista “politico”, concentrare l’attenzione soltanto sul tema della sicurezza dei magistrati, provoca un’ulteriore sovraesposizione degli stessi. Perché è chiaro che, nel momento in cui l’azione della società civile e politica, è quella di attestazione di solidarietà alla magistratura, chiedendo che i pm siano fisicamente protetti, dobbiamo ricordare quanto insegnatoci dalla Storia, e cioè che non esiste nessuna forma di protezione assolutamente sicura. Falcone disponeva dei massimi livelli di protezione ed è stato ucciso».

Il compito della società civile non deve essere, quindi, soltanto quello di «fare da scudo», ma è necessario fare tutti un passo avanti, in modo tale che il fronte si allarghi e aiutare così indirettamente le indagini, «senza sottrarre centralità, ma creando ulteriori spazi d’azione». Ad esempio, sulla questione cruciale del processo “trattativa”, Ingroia ritiene che «la ragione principale ad aver determinato la sovraesposizione della magistratura, è che tutto fosse concentrato su di essa, lasciata da sola ad indagare sulla vicenda».

«Dobbiamo scoperchiare quelle pentole che fino ad oggi non sono state scoperchiate». All’epoca delle indagini sulla trattativa, «si erano riusciti a fare tanti passi avanti, che poi avevano portato al processo di oggi. Era stato possibile perché si era creato, nell’intero Paese, un clima favorevole affinché si facesse luce su quei fatti. Oggi quel clima non c’è più. E non c’è più da quando il presidente Napolitano ha sollevato, da un punto di vista giuridico ma soprattutto politico, un conflitto di attribuzioni nei confronti della Procura di Palermo che stava indagando sulla Trattativa».

Adesso, il primo passo da compiere sarà proprio quello di preparare una petizione popolare da rivolgere alla Commissione parlamentare antimafia, al fine di istituire il sottocomitato d’inchiesta.

In verità, Ingroia aveva già lanciato qualche giorno fa l’appello alla presidente della Commissione Rosy Bindi, perché si garantisse un livello più alto di sicurezza ai magistrati. Appello puntualmente ignorato, dimostrando ancora una volta come la classe politica, piuttosto che accertare le proprie responsabilità, preferisca continuare ad ostacolare l’azione della magistratura, impegnata in questa delicatissima ricerca della verità. La speranza è che, attraverso una mobilitazione popolare, si riesca ad ottenere, «immediatamente e senza indugi», una maggiore attenzione. Magari questa volta dal suo vicepresidente Claudio Fava, da sempre in prima fila nella lotta alla mafia.

In conclusione, l’idea di Ingroia, è quella di aprire una sessione ad hoc che lavori sul tema generale della trattativa e, conseguenzialmente, su quello che oggi si può e si deve fare. «In modo tale che si avviino due processi paralleli: quello penale e quello “politico”. Processi che non devono interferire fra loro, poiché si muovono su binari diversi, essendo diverse le responsabilità che devono accertare».

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