Il governo blocca la registrazione dei figli nati da coppie omogenitoriali
A Milano: diritti in bilico.
Recentemente, il governo italiano ha deciso di bloccare la registrazione all’anagrafe dei figli nati da coppie omogenitoriali nel Comune di Milano. La decisione ha suscitato un acceso dibattito, riaccendendo il confronto sui diritti delle famiglie LGBTQ+ in Italia. Il provvedimento, voluto dall’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, si inserisce in un contesto politico dove i diritti civili vengono spesso subordinati a visioni più tradizionaliste della famiglia, creando divisioni tra i sostenitori delle famiglie arcobaleno e chi difende un’interpretazione più rigida delle leggi in materia di filiazione.
Il Comune di Milano, guidato dal sindaco Beppe Sala, è stato tra i primi in Italia a registrare all’anagrafe i figli delle coppie omogenitoriali, sia quelli nati tramite tecniche di procreazione assistita all’estero, sia quelli riconosciuti da uno dei genitori biologici. Tuttavia, a marzo 2023, il governo ha deciso di interrompere questa pratica, facendo leva sulla normativa attuale che non riconosce pienamente i diritti delle coppie dello stesso sesso nel campo della genitorialità.
Il blocco della registrazione all’anagrafe ha colpito in particolare le famiglie arcobaleno che, senza il riconoscimento legale di entrambi i genitori, si trovano in una situazione di precarietà giuridica. In caso di separazione della coppia o, ancora più tragicamente, della morte del genitore biologico, il secondo genitore non ha alcun diritto legale sul figlio, con conseguenze dirette sul benessere del bambino.
Questa decisione ha provocato una forte reazione da parte delle associazioni LGBTQ+, che vedono nel blocco un atto discriminatorio che nega diritti fondamentali ai bambini. L’associazione Famiglie Arcobaleno ha denunciato una violazione dei diritti dei minori, ricordando che l’Italia ha già ricevuto condanne dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per non aver garantito una protezione adeguata ai figli delle coppie omogenitoriali.
Il dibattito intorno alla genitorialità omosessuale in Italia si scontra con un quadro normativo lacunoso e spesso contraddittorio. Sebbene la legge sulle unioni civili del 2016 abbia rappresentato un passo avanti per il riconoscimento dei diritti delle coppie dello stesso sesso, essa non prevede l’adozione piena o il riconoscimento automatico dei figli nati all’interno di queste coppie. Questo vuoto normativo crea una situazione di incertezza, dove la pratica di registrare i figli all’anagrafe è stata lasciata alla discrezione dei singoli comuni, senza un’uniformità a livello nazionale.
Il governo attuale, sostenuto da partiti conservatori come Fratelli d’Italia e la Lega, si oppone fortemente all’espansione dei diritti per le coppie omosessuali, sostenendo che il riconoscimento legale dei figli nati da queste unioni dovrebbe essere regolato esclusivamente dal legislatore. Da qui la decisione di fermare la registrazione di queste famiglie a Milano, con la giustificazione che occorre rispettare la normativa attuale, che non prevede questa possibilità.
Il blocco della registrazione dei figli di coppie omogenitoriali non rappresenta solo una questione legale, ma solleva interrogativi più profondi sulla tutela dei diritti civili in Italia. Senza il riconoscimento giuridico di entrambi i genitori, i bambini rischiano di essere privati di diritti essenziali, come l’accesso all’eredità, alla previdenza sociale e alle decisioni riguardanti la salute. La mancata registrazione delle famiglie omogenitoriali implica, di fatto, la negazione di una parte della loro identità familiare.
Le associazioni per i diritti LGBTQ+ hanno lanciato campagne e petizioni per chiedere una riforma legislativa che garantisca il riconoscimento giuridico dei figli delle coppie dello stesso sesso. Il sindaco Sala ha espresso solidarietà con le famiglie colpite dal provvedimento e ha sollecitato il Parlamento a intervenire per colmare le lacune normative, ma ha sottolineato di dover rispettare l’indicazione del governo.
La vicenda di Milano è diventata simbolica di un confronto più ampio sui diritti civili in Italia. Da un lato, c’è una parte della società che chiede maggiore inclusione e uguaglianza, e dall’altro, un governo che si oppone a una rapida evoluzione dei diritti per le persone LGBTQ+, preferendo un approccio più tradizionalista.
Questa divisione è evidente anche nel dibattito parlamentare, dove le forze progressiste, come il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle, spingono per una revisione delle leggi sulla famiglia, mentre i partiti di destra resistono a qualsiasi cambiamento che possa alterare la concezione tradizionale della genitorialità. Le tensioni si riflettono anche a livello europeo, dove l’Italia è stata più volte criticata per il ritardo nel garantire i diritti delle persone LGBTQ+ rispetto ad altri Paesi dell’Unione.
Il blocco della registrazione dei figli di coppie omogenitoriali a Milano rappresenta una battuta d’arresto per i diritti civili in Italia, ma potrebbe anche essere un catalizzatore per un più ampio dibattito su una riforma legislativa che tuteli tutte le famiglie, indipendentemente dalla loro composizione. Le famiglie arcobaleno continuano a lottare per il riconoscimento dei loro diritti, mentre la società italiana si trova di fronte a un bivio: proseguire verso un’uguaglianza più ampia o mantenere uno status quo che esclude una parte significativa della popolazione.