Il 26 febbraio 1956 iniziava la destalinizzazione
58 anni fa si chiudeva il XX Congresso del Partito Comunista sovietico che denunciò i crimini dello stalinismo
Il 26 febbraio 1956 si chiuse a Mosca il XX Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS), che passò alla storia per il rapporto di Kruscev sui crimini di Stalin.
Nikita Kruscev, allora primo segretario del PCUS, rivoluzionò e sconvolse il mondo comunista e sovietico presentando un dettagliato rapporto in cui si denunciava l’operato di Stalin: le epurazioni di membri del partito e dello Stato, ovvero le cosiddette “Grandi Purghe”, l’eterodossia rispetto a Lenin, il culto della personalità e gli errori durante la seconda guerra mondiale erano il fulcro delle accuse. Il rapporto di Kruscev sarebbe dovuto rimanere segreto ma il Mossad ne entrò in possesso e lo passò agli Stati Uniti che provvidero a renderlo immediatamente pubblico. L’Unione Sovietica in un primo momento smentì ma poi fu costretta ad ammetterne l’esistenza e pubblicarlo, parzialmente, il mese successivo. Solo nel 1989 sarà pubblicato nella sua interezza.
La denuncia di Stalin portò alla destalinizzazione ma non certo ad una maggiore libertà in URSS. La dirigenza sovietica imputò al culto della personalità e al deviazionismo staliniano i crimini perpetrati dal Maresciallo ma non mise mai in dubbio la collettivizzazione forzata, il potere assoluto del Partito, la repressione delle opposizioni e soprattutto l’influenza sovietica nei paesi dell’est europeo. Nonostante la riconciliazione con Tito e lo scioglimento del Cominform avessero fatto sperare in un cambio della politica estera di Mosca, i sovietici diedero conferma, proprio nel 1956, che nulla era cambiato: prima la Polonia, in cui intervennero in giugno, e poi l’Ungheria, dove intervennero a novembre soffocando nel sangue l’insurrezione magiara, furono le prime conferme dell’immutata politica dell’Unione Sovietica.