Pubblicato: ven, 18 Gen , 2013

Grandi Rischi, depositata sentenza

Le motivazioni della condanna alla commissione in 1000 pagine. ‘L’operazione mediatica’ ha prodotto effetti devastanti nella percezione del pericolo.

 

di Il capoluogo

«La contestazione mossa agli imputati appare pienamente fondata: le affermazioni riferite alla valutazione dei rischi connessi all’attività sismica in corso sul territorio aquilano sono risultate assolutamente approssimative, generiche e inefficaci in relazione ai doveri di previsione e prevenzione». E’ quanto afferma il giudice del tribunale dell’Aquila Marco Billi che oggi ha depositato le motivazioni della sentenza con cui il 22 ottobre 2012 ha condannato a 6 anni di reclusione ciascuno per omicidio colposo e lesioni colpose i sette componenti della commissione Grandi rischi che si riunì all’Aquila il 31 marzo 2009, a una settimana dal tragico sisma del 6 aprile che fece 309 vittime. Un documento corposo di 940 pagine che arriva a due giorni dal termine previsto per il deposito. I condannati sono Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi rischi, non presente in aula; Bernardo De Bernardinis, vicecapo del settore tecnico del Dipartimento di

Protezione civile; Enzo Boschi, allora presidente dell’Istituto nazionale di Geologia e Vulcanologia (Ingv), non presente in aula; Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case; Claudio Eva, ordinario di fisica all’Universita’ di Genova. In più, Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico del Dipartiment

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o della Protezione civile e Giulio Selvaggi, allora direttore del Centro nazionale terremoti dell’Ingv. LE AFFERMAZIONI DELLA COMMISSIONE RASSICURAVANO – Hanno una «indubbia valenza rassicurante» le affermazioni emerse nel corso della riunione della commissione Grandi rischi sui temi «della prevedibilità dei terremoti, dei precursori sismici, dell’evoluzione dello sciame in corso, della normalità del fenomeno, dello scarico di energia indotto dallo sciame sismico quale situazione favorevole, che costituiscono il corpo principale del capo di imputazione». Lo evidenzia nelle sue motivazioni il giudice del tribunale dell’Aquila Marco Billi. La «migliore indicazione» sulle rassicurazioni della commissione Grandi rischi, aggiunge, «si ricava dalla lettura della frase finale della bozza del verbale della riunione, laddove l’assessore alla Protezione civile regionale Daniela Stati, in modo emblematico, dice: ‘Grazie per queste vostre affermazioni che mi permettono di andare a rassicurare la popolazione attraverso i media che incontreremo in conferenza stampa’». Billi sottolinea che «la rassicurazione non costituisce un segmento della condotta che il pm contesta agli imputati, ma costituisce in realtà l’effetto prodotto dalla condotta contestata». ISTITUZIONE CGR – «All’Aquila, il 31 marzo 2009, gli imputati agirono effettivamente in qualità di componenti della commissione Grandi rischi come contestato nel capo di imputazione». Lo evidenzia nella mille pagine di motivazione il giudice del Tribunale dell’Aquila, Marco Billi, sulla condanna dei rappresentanti dell’organo della Presidenza del Consiglio dei Ministri. «Non è corretto sostenere che la commissione Grandi rischi, per le questioni connesse al rischio sismico non è strutturalmente in grado di riunirsi con dieci soggetti» come previsto dalla legge, scrive Billi rispondendo a una delle principali obiezioni mosse dalle difese dei sette imputati, e anche direttamente dall’imputato Franco Barberi, che quella del 31 marzo 2009 non fosse una riunione ufficiale della commissione. Secondo Billi, la legge di istituzione della Cgr «è analitica e coerente poiché stabilisce criteri di operatività specifici che si adattano alle diverse possibili situazioni e ai diversi possibili contesti nei quali può essere chiamata a operare». Quanto all’assenza di molti componenti e alla presenza di esperti esterni che formalmente non erano parte della commissione, il giudice valuta queste eccezioni come «meno pretestuose e certamente più ricche di contenuto argomentativo». Sposando in pieno la tesi dell’accusa, però, Billi ricorda poi che la norma prevede che «alle riunioni, oltre ai membri nominativi, possano partecipare senza diritto di voto i direttori degli enti, istituti, centri di competenza e delle strutture competenti dell’Ingv, esperti esterni o autorità competenti in materia di protezione civile, i direttori degli uffici del Dipartimento interessati agli argomenti posti all’ordine del giorno». E conclude che quella era ufficialmente una riunione della Cgr e come tale va giudicata. QUESTO NON E’ PROCESSO A SCIENZA – «Il presente processo non è volto alla verifica della fondatezza, della correttezza e della validità sul piano scientifico delle conoscenze in tema di terremoti. Non è sottoposta a giudizio “la scienza” per non essere riuscita a prevedere il terremoto del 6.4.09». Lo afferma nella voluminosa motivazione sui componenti della Cgr, il giudice Marco Billi. «E’, dunque, pacifico – aggiunge – che i terremoti non si possono prevedere, in senso deterministico, perché le conoscenze scientifiche (ancora) non lo consentono; ed è altrettanto pacifico che i terremoti, quale fenomeno naturale, non possono essere evitati: il terremoto è un fenomeno naturale non prevedibile e non evitabile. Per gli stessi motivi nessuno è in grado di lanciare allarmi, scientificamente fondati, circa una imminente forte scossa». «Ma, sulla base del quadro normativo, deve dirsi che l’esposizione, seppure motivata e condivisibile, di questo dato non esaurisce il compito degli imputati: l’affermazione secondo cui il terremoto è un fenomeno naturale non prevedibile e non evitabile costituisce, infatti, solo la premessa dei compiti normativamente imposti agli imputati poiché, per quanto previsto dalla legge e per quanto richiesto dalla loro qualità e dalle funzioni della Commissione da essi composta, il giudizio di prevedibilità/evitabilità, su cui si basa la responsabilità per colpa contestata nel capo di imputazione, non andava calibrato sul terremoto quale evento naturale, bensì sul rischio quale giudizio di valore; al fine, come recita l’articolo 5 L. 401/01, di tutelare l’integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi o da altri grandi eventi, che determinino situazioni di grave rischio. E proprio sulla corretta analisi del rischio – scrive sempre Billi – andava, di pari passo, calibrata una corretta informazione». GIUDIZIO DI PREVEDIBILITA’ – Sul giudizio di prevedibilità, «così formulato, calibrato sul rischio sismico quale giudizio di valore e non sul terremoto quale evento naturale, non avrebbe evitato il terremoto, ovviamente, ma avrebbe contribuito a diminuire il prezzo pagato in termini di perdite di vite e di lesioni all’integrità fisica; e questo grazie alle misure di prevenzione e alle cautele che a livello collettivo e a livello individuale la corretta analisi del rischio e la corretta informazione avrebbero suggerito». GIUDIZIO DI EVITABILITA’ – «Anche il giudizio di evitabilità – ha aggiunto – che può definirsi come diminuita esposizione alle conseguenze dannose per la salute collettiva e individuale, non va quindi posto in relazione al mancato allarme di una imminente forte scossa (cosa impossibile da poter realizzare), ma all’analisi errata e inidonea degli indicatori di rischio e a una carente informazione. Il giudizio di prevedibilità/evitabilità si struttura, dunque, proprio per esplicita indicazione di legge, in termini di analisi del rischio: ciò che si rimprovera agli imputati è appunto una valutazione in tal senso carente e inidonea. L’evitabilità del danno (intesa come diminuita esposizione alle conseguenze dannose per la salute collettiva e individuale) non va dunque intesa in relazione al mancato allarme (che né gli imputati né nessun altro avrebbe potuto dare poiché la scienza non dispone attualmente di conoscenze e strumenti per la previsione deterministica dei terremoti), ma in relazione alla inidonea valutazione del rischio e alla inidonea informazione». PREVISIONE TERREMOTO VS. PREVISIONE RISCHIO – Secondo il giudice «nel formulare il giudizio di responsabilità penale per colpa non deve farsi confusione tra l’impossibilità (scientifica) di prevedere il terremoto, quale fenomeno naturale, e l’impossibilità di prevederne il rischio: poiché se è vero, da un lato, che la scienza non è in grado di prevedere i terremoti, è altrettanto vero, dall’altro lato, che le conoscenze e i dati a disposizione degli imputati a L’Aquila il 31.3.09 permettevano certamente di poter formulare una fondata valutazione di prevedibilità del rischio. E se, dunque, il terremoto quale fenomeno naturale non è certo evitabile, e se le attuali conoscenze non consentono di lanciare fondati allarmi per forti scosse imminenti, la corretta valutazione di prevedibilità del rischio (che gli imputati non hanno compiuto) e la completa informazione in tal senso (che gli imputati non hanno fornito) avrebbero evitato o avrebbero contribuito ad evitare la morte e il ferimento delle persone indicate nel capo di imputazione o ne avrebbero comunque diminuito il numero». «Gli imputati – evidenzia sempre Billi – non si trovavano a L’Aquila in data 31.3.09 a titolo personale e non erano stati interpellati (solo) a titolo di scienziati, esperti o studiosi. Essi parlavano (prima di tutto) quali componenti della Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi e in tale qualità erano stati chiamati ad assolvere alle funzioni proprie dell’organo che componevano, ovvero funzioni consultive, propositive, informative per la previsione delle varie ipotesi di rischio a fini di prevenzione, ovvero al fine di evitare o ridurre al minimo la possibilità di danni conseguenti agli eventi calamitosi». «Se gli imputati avessero espresso opinioni a titolo meramente personale o se avessero espresso opinioni quali scienziati, esperti o studiosi – si legge ancora nella sentenza – la loro rilevanza sarebbe stata limitata al mondo scientifico e accademico; avendo però essi espresso giudizi quali componenti della Commissione Grandi Rischi, è evidente che il parametro della loro rilevanza deve essere rappresentato dai compiti e dalle funzioni assegnati dalla legge. Se gli imputati fossero stati chiamati a esprimersi in veste di scienziati, esperti o studiosi, gli strumenti per valutare il loro operato sarebbero stati quelli propri delle scienze fisiche e naturali e si sarebbe dovuto approfondire lo stato della ricerca scientifica sui precursori dei terremoti, sulle faglie, sulle onde sismiche, sulla distribuzione e sull’intensità dei terremoti, sugli algoritmi di previsione, ma lo sfondo non sarebbe certo stato l’aula di un Tribunale, bensì le aule universitarie. La legge – scrive sempre Billi – non esigeva una riposta in termini di certezza scientifica sulla previsione del terremoto, ma una valutazione del rischio in termini di completezza e adeguatezza. E, come detto, vi è una grande differenza tra la prevedibilità di un terremoto e la prevedibilità del rischio: il terremoto è un fenomeno naturale non prevedibile; il rischio è una situazione potenziale analizzabile». UNA ‘OPERAZIONE MEDIATICA’ DAGLI EFFETTI DEVASTANTI – «Fu un’operazione mediatica». Uno dei passaggi chiave delle mille pagine di motivazioni rigurda il rapporto tra i componenti della Commissione e la Protezione Civile. Il giudice del Tribunale dell’Aquila, Marco Billi scrive: «Gravi profili di colpa si ravvisano nell’adesione, colpevole e acritica, alla volontà del capo del Dipartimento della Protezione Civile di fare una ‘operazione mediatica’ che si è concretizzata nell’eliminazione dei filtri normativamente imposti tra la Commissione Grandi Rischi e la popolazione aquilana. Tale comunicazione diretta, favorita dall’autorevolezza della fonte, ha amplificato l’efficacia rassicurante del messaggio trasmesso, producendo effetti devastanti sulle abitudini cautelari tradizionalmente seguite dalle vittime e incidendo profondamente sui processi motivazionali delle stesse». ‘CGR NON DOVEVA AVERE VIRTU’ PROFETICHE’ – Sui profili di colpa dei sette membri della Commissione Grandi Rischi, il giudice – in un passaggio della sentenza – evidenzia che «non si rimprovera agli imputati l’assenza di virtù profetiche, ma si rimprovera la violazione di specifici obblighi in tema di valutazione, previsione e prevenzione del rischio sismico disciplinati dalla normativa vigente alla data del 31.3.09 e la violazione di specifici obblighi in tema di informazione chiara, corretta e completa. Il giudizio di responsabilità si basa sulla carente valutazione degli indicatori di rischio e sulla errata informazione». «La valutazione del rischio, nel senso voluto dalla normativa vigente – spiega il giudice – andava ben al di là di una semplice raccolta di dati scientifici o di una generica osservazione/esposizione di dati di tipo statistico». Secondo Billi «la ‘valutazione dei rischi’ connessi all’attività sismica in corso sul territorio aquilano in relazione ai doveri di ‘previsione e prevenzione’ richiedeva una complessiva analisi e la ricerca di una reciproca correlazione tra tutti gli indicatori di rischio, che tenesse conto di tutti i dati statistici, storici, scientifici, conoscitivi disponibili alla data del 31.3.09, secondo una visione collegiale arricchita dalle esperienze e dalle competenze di ogni singolo membro della Commissione». ‘COLPA IMPUTATI CERTAMENTE GRAVE’ – Descrivendo il capitolo «sulla Commisurazione della pena», il giudice evidenzia di aver tenuto in considerazione «la gravità del danno, che emerge con evidenza dall’apprezzabile numero di persone offese: 29 vittime decedute e 4 persone offese che hanno patito lesioni» e «il grado della colpa». «L’esame dei molteplici profili di colpa evidenziati nella condotta degli imputati – scrive il giudice – consente di sostenere che, nel caso di specie, il grado della colpa è particolarmente elevato: la colpa degli imputati è certamente grave». «Ampia e netta, infatti – spiega il dottor Billi – è risultata la divaricazione tra la condotta in concreto tenuta e la regola precauzionale applicabile. L’attività di previsione, prevenzione ed analisi del rischio è stata svolta in modo superficiale, approssimativo e generico, con affermazioni apodittiche ed autoreferenziali, del tutto inefficaci rispetto ai doveri normativamente imposti. La carente analisi del rischio sismico – afferma sempre il giudice – non si è limitata alla omessa considerazione di un singolo fattore, ma alla sottovalutazione di molteplici indicatori di rischio e delle correlazioni esistenti tra tali indicatori. Dalla condotta colposa degli imputati è derivato un inequivoco effetto rassicurante. Gravi profili di colpa si ravvisano anche nell’adesione, consapevole e acritica, alla volontà del Capo del Dipartimento della Protezione Civile di fare una ‘operazione mediatica’ che si è concretizzata nell’eliminazione dei filtri normativamente imposti tra la Commissione Grandi Rischi e la popolazione aquilana. Tale comunicazione diretta, favorita dall’autorevolezza della fonte, ha amplificato l’efficacia rassicurante del messaggio trasmesso, producendo effetti devastanti sulle abitudini cautelari tradizionalmente seguite dalle vittime ed incidendo profondamente sui processi motivazionali delle stesse. La gravità del reato, desumibile dal consistente numero di vittime e di persone offese e dall’elevato grado della colpa, consente di ritenere equa, nel calcolo sanzionatorio, una pena base pari a quattro anni di reclusione». ‘SCOSSA EVENTO NON ECCEZIONALE’ – «La scossa delle ore 03.32 del 6.4.09 non è stato evento anormale, eccezionale, atipico nè in termini assoluti, poichè ogni anno si verificano mediamente 120 terremoti di pari intensità; nè in relazione alla storia sismica di L’Aquila, che registrava nel 1349, nel 1461, nel 1703 tre eventi con intensità pari o superiore; nè in relazione al periodo medio di ritorno, quantificabile tra 325 e 475 anni; nè in relazione alla classificazione sismica e alle caratteristiche sismogenetiche dell’aquilano». Lo afferma nella sua volumonosa motivazione di condanna dei sette membri della Commissione Grandi Rischi, il giudice del Tribunale dell’Aquila, Marco Billi. ___________________________ LE REAZIONI STEFANO GRESTA, PRESIDENTE INGV – «Sono intimamente convinto della buona fede dei miei colleghi». «Di sicuro – ha aggiunto Gresta – è stata gestita male la distribuzione dell’informazione». Inoltre, ha rilevato, «non è scientificamente corretto voler guardare, dopo che un evento è avvenuto, a quello che si sarebbe dovuto fare prima». ENZO BOSCHI, EX PRESIDENTE INGV – «Non mi sento assolutamente colpevole»: così Enzo Boschi commenta le motivazioni della sentenza del Tribunale dell’Aquila che lo ha condannato in primo grado, con altre sei persone, in relazione al terremoto del 6 aprile 2009. «Non penserà, il giudice – ha detto Boschi all’ANSA – che dopo aver denunciato per anni la sismicità del territorio italiano, avrei detto improvvisamente che all’Aquila non c’é rischio di terremoti?». SELVAGGI,SI GETTA A ORTICHE LAVORO SISMOLOGI – «Si getta alle ortiche il lavoro di generazioni di sismologi e ingegneri sismici in quanto viene oscurato il valore, cui abbiamo sempre creduto, della prevenzione come strumento fondamentale per difendersi dai terremoti»: l’ex direttore del Centro Nazionale Terremoti Giulio Selvaggi commenta così le motivazioni della sentenza del Tribunale dell’Aquila che lo ha condannato in primo grado, con altre sei persone, in relazione al terremoto del 6 aprile 2009. «Per ‘prevenzione’ – ha proseguito Selvaggi – intendo il pretendere che gli edifici pubblici, le scuole, i luoghi di lavoro e le nostre case siano a norma e sicure». Per Selvaggi «spostare l’attenzione da queste politiche al breve o brevissimo termine significa pensare che in pochi giorni si possa fare ciò che non è stato fatto per anni: questo – rileva – è pericolosissimo e non aiuta a mitigare gli effetti catastrofici dei terremoti». COMITATO VITTIME, CONDANNATO MALCOSTUME – «Non aggiungono niente di nuovo, sono una sintesi del lungo lavoro di inchiesta e di testimonianza arrivate alla conclusione della condanna. Oggi c’è la conferma nonostante quanto dice il ministro Clini che ha tacciato di oscurantismo il tribunale dell’Aquila». Lo ha detto Antonietta Centofanti, presidente del comitato vittime Casa dello Studente, commentando le motivazione del Gip del Tribunale dell’Aquila, Marco Billi, sulla condanna a sei anni di reclusione, dei sette scienziati della Commissione Grandi Rischi. «Qui non è stata condannata la scienza, ma un malcostume, cialtroneria e pressappochismo con cui si affrontano temi che riguardano il bene comune – ha aggiunto – lo confermano le intercettazioni telefoniche a carico dell’allora capo della protezione civile, Guido Bertolaso, che nei colloqui con l’assessore Stati ha parlato di riunione mediatica. Questa non è una invenzione, spero che anche Bertolaso finisca sul banco degli imputati e mi auguro che risponda di questa condanna che reputo criminosa». CODACONS: RISARCIMENTO PER TUTTI GLI AQUILANI – «Le motivazioni della sentenza del Tribunale dell’Aquila sono “pesantissime”, e inchiodano la Commissione Grandi Rischi e i suoi componenti alle proprie responsabilità, senza alcuna possibilità di fuga». Lo afferma il Codacons, commentando quanto scritto dal giudice Marco Billi nella sentenza con cui lo scorso ottobre ha condannato i membri della Commissione in relazione al sisma del 2009. «Questa sentenza – spiega il presidente Carlo Rienzi – è talmente esaustiva e precisa nell’individuare le colpe della Commissione e dei suoi componenti, gli errori e l’inefficacia dei provvedimenti presi, che apre la strada ai risarcimenti in favore di tutti i cittadini dell’Aquila, non solo per le parti civili che hanno già visto riconosciuto dal Tribunale un indennizzo». «A tal fine – prosegue la nota del Codacons – l’ufficio legale del Codacons ha avviato le pratiche per intentare, alla luce delle motivazioni della sentenza diffuse oggi, un’azione risarcitoria contro la Commissione Grandi Rischi da parte di tutti i cittadini dell’Aquila».

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