Pubblicato: gio, 26 Dic , 2013

Franca Viola, la donna che con un No entrò nella Storia

Il ricordo di chi, con coraggio, si ribellò ad una legge arcaica e sessista, spianando la strada all’emancipazione femminile in Italia
 

viola1modEra il 26 dicembre 1965, quando ad Alcamo la 17enne Franca Viola viene rapita assieme al fratellino Mariano di 8 anni (subito rilasciato) e violentata da Filippo Melodia, il suo ex fidanzato vicino agli ambienti mafiosi del paese, nonché nipote di Don Vincenzo Rimi, capomafia alleato di Tano Badalamenti, lo stesso che fece uccidere Peppino Impastato. Liberata dopo 8 giorni, grazie all’intervento della polizia che scovò il casolare dove era segregata, Franca tornò finalmente a casa dei genitori; mentre Melodia e il gruppo di amici che si erano resi complici dell’atroce misfatto furono arrestati.

Secondo però la morale dell’epoca, la ragazza –non essendo più vergine- avrebbe dovuto sposare il suo rapitore, salvando così il suo onore e quello della propria famiglia. In caso contrario, sarebbe non solo rimasta zitella, ma persino additata come “donna svergognata”. Alla morale bigotta, frutto di ignoranza e pregiudizi, va aggiunta la legislazione italiana di quei tempi, per la quale la donna non era altro che un mero bottino di guerra e il rapporto con l’altro sesso ridotto ad una concezione a dir poco arcaica, tutta a vantaggio dell’uomo. L’articolo 544 del codice penale ammetteva infatti la possibilità di estinguere il reato di violenza carnale, anche ai danni di minorenne, qualora fosse stato seguito dal cosiddetto “matrimonio riparatore”, contratto tra l’accusato e la persona offesa. In poche parole, lo stupro era considerato oltraggio alla morale e non reato contro la persona.

Per non parlare dell’articolo 587, per intenderci quello sul “delitto d’onore”. Dovremo attendere ben 32 anni, perché venissero abrogate le disposizioni sancite da tali articoli: «Ed è proprio per la salvaguardia dell’onore che fino al 1981, nel nostro ordinamento, […] per un uomo [che uccide] la moglie, se colto da un impeto d’ira determinato dall’offesa recata [sono previste] pene minori rispetto a un analogo delitto di diverso movente, dal momento che l’oltraggio arrecato all’onore è ben più grave rispetto al delitto riparatore. Infatti, l’articolo 587 del Codice penale, abrogato con la Legge n. 442 del 5 agosto 1981, contempla una pena ridotta per chi uccida la moglie, la figlia o la sorella al fine di difendere l’onor suo o della famiglia».

Negli anni Sessanta, si diceva, le cose andavano diversamente e, visti i tempi e considerata la giovane età, Franca ha dimostrato coraggio da vendere. Contrariamente a ogni previsione, poco più che picciridda si ribellò al suo aguzzino rifiutando di sposare Melodia e affrontando anche il difficile processo che ne seguì, in cui venne addirittura accusata di complicità con il suo rapitore, ritenuta colpevole insieme a lui della cosiddetta fuitina. «Io non sono proprietà di nessuno – disse – nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce». Il padre Bernardo decise di costituirsi parte civile, malgrado le pesanti pressioni esercitate per dissuaderlo. Il caso sollevò forti polemiche e l’attenzione di tutta la stampa italiana. Innanzitutto perché per la prima volta una donna preferì dichiararsi “svergognata” e sfidare le regole di un “onore” soltanto presunto («Non ti sposo. Piuttosto me ne starò in paese a fare la zitella. Mi trattino pure come un’appestata»), sia perché la vicenda rappresenta anche un tentativo di non piegarsi al potere mafioso. La pressione era altissima, così come il prezzo da pagare, ma né Franca né la sua famiglia hanno mai mollato la battaglia. Hanno anzi gettato le basi per una società italiana davvero civile, che lo è a parole ma anche e soprattutto nei fatti.

Melodia fu riconosciuto colpevole e condannato a 11 anni di carcere. Il 13 aprile 1978, soltanto due anni dopo esser uscito di prigione, venne ucciso vicino Modena a colpi di lupara. Franca invece si è sposata nel 1968 con un amico d’infanzia, dal quale ha avuto due figli. Si trasferì a vivere a Monreale per i primi tre anni di matrimonio, per poi tornare ad Alcamo.

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