Pubblicato: ven, 21 Giu , 2019

Esami di maturità? Ma per chi?

Eccoci all’ennesimo giro di boa. La famigerata notte prima degli esami è passata solo da poco e già ha un sapore amaro, nostalgico.

L’esame di stato ha segnato e turbato da sempre i sogni, le speranze di tutti noi. Esame di maturità è anche chiamato, ma siamo sicuro che sia il giusto strumento per misurare la crescista dei nostri ragazzi?

La nostra cara Italia è piena di diamanti pazzi (citando un gruppetto d’oltre Manica), che alle volte, lo dico sperando di non essere tacciato di blasfemia, dal nostro sistema scolastico vengono penalizzati.

Per capire il senso, l’utilità e lo spirito di questo Leviatano che da secoli terrorizza generazioni dopo generazioni, dobbiamo fare un piccolo passo indietro nel tempo.

Cina, anno 605 d.c., sotto la dinastia Sui il sistema degli esami ispirati alla dottrina confuciana, prese vita e durò per ben 1300 anni, fino alla sua abolizione nel 1905 sotto i Qing, alla fine dell’età imperiale.

Prima delle scoperte archeologiche, nell’impossibilità di distinguere tra leggenda e storia, la vera epoca storica della Cina cominciava soltanto con il periodo di Confucio (6-5 sec. a.c.). Il filosofo (nome latinizzato) visse tra il 551-479 a.C., ed elaborò un sistema rituale e una dottrina morale e sociale, che si proponevano di rimediare alla decadenza spirituale della Cina, in un’epoca di profonda corruzione e di gravi sconvolgimenti politici.

Le prime notizie in Europa si devono ad un missionario gesuita (Matteo Ricci) mandato in Cina per evangelizzare e dunque convertire. Nei suoi rapporti scrive per primo il nome Confucio, preso da una traduzione dal cinese del nome Kung Fu Tse.

Egli cercò di frenare il processo di disgregazione in atto, ribadendo i principi del tradizionale sistema gerarchico-patriarcale dei Chou, ovvero cercando di democratizzarli o di umanizzarli al massimo ma non trovò l’appoggio né dei principi feudali, né del re Chou che, se in teoria poteva sostenere le sue idee, in pratica non aveva la forza per applicarle.

Ecco perché, dopo aver costatato l’indifferenza se non l’ostilità di diversi sovrani, Confucio decise di ritirarsi a vita privata, dedicandosi completamente, e fino alla morte (479 a.C.), allo studio dei testi classici degli antichi saggi cinesi e all’insegnamento.

In effetti il Confucianesimo si prestava molto ad essere utilizzato come una religione di stato. Esso equiparava il sovrano al sommo sacerdote in grado di governare per il “mandato ricevuto dal cielo”: mandato revocabile ogniqualvolta il sovrano spezzava l’armonia fra ordine sociale e naturale. Era il sovrano a promulgare ogni anno il calendario dei doveri civili e rituali.

Questa dottrina, raccolta in diversi libri e rielaborata dai suoi discepoli, fu alla base degli esami con cui si selezionarono i funzionari statali dal 1313 al 1905. Il sistema di esami serviva inoltre a mantenere l’unità culturale e il consenso sui valori di base. L’uniformità dei contenuti degli esami significava che la classe dirigente attraverso tutta la Cina veniva formata agli stessi valori. Anche se solo una piccola percentuale (circa 5%) di coloro che sostenevano gli esami li passavano e ricevevano i titoli, lo studio, l’auto-indottrinamento e la speranza di un’eventuale vittoria ad un successivo esame serviva a sostenere gli interessi di coloro che li prendevano. Chi non riusciva a superare non perdeva ricchezza o la levatura sociale locale; come credenti dediti all’ortodossia confuciana, essi servivano, senza i benefici degli incarichi di stato, come insegnanti, patroni delle arti, e gestori di progetti locali come opere di irrigazione, scuole o istituti caritatevoli. Verso la fine della Cina tradizionale, per questo, l’educazione veniva valutata in parte perché poteva venir eventualmente ripagata nel sistema di esami. Il risultato complessivo del sistema e degli studi associati era l’uniformità culturale – identificazione degli istruiti con valori e obiettivi nazionali piuttosto che regionali. Questa consapevole identità nazionale è alla base del nazionalismo, così importante nella politica della Cina nel XX secolo.

Insomma, come abbiamo rapidamente visto, gli esami avevano una vera e propria funzione sociale. È da qui, dalla Cina, che nasce il concetto di esame volto a migliorare la persona, per elevare la società moralmente e spiritualmente. Sono questi i principi che hanno ispirato, con le dovute differenze, i modelli di esame di mezzo mondo e che ancora oggi sopravvivono.

Per quanto riguarda il nostro di sistema scolastico, alle volte, si ha la sensazione che miri più al risultato che al percorso qualitativo. Siamo ancora ancorati ad un sistema a tratti obsoleto, che molte nazioni del mondo hanno già abbandonato da un pezzo. Un esempio: è solo da pochissimi anni che i nostri ragazzi ed i loro docenti hanno a disposizione (ancora non tutti) i supporti multimediali, essenziali per rapportarsi con le nuove generazioni e stimolarle all’apprendimento. Anche su questo siamo in ritardo di almeno 10 anni.

Urge uno svecchiamento immediato del personale docente, a tratti in affanno nel confrontarsi con generazioni distanti anni luce da loro. Qui non è in discussione il loro valore ma bensì la loro capacità di adattamento e di invogliare i giovani all’apprendimento.

Sarebbe il caso di farla sul serio una riforma scolastica ma seria e lungimirante (magari prendendo ad esempio i sistemi nord-europei), che non abbia ad esempio i passati provvedimenti che negli anni si sono susseguiti. Bisognerebbe smetterla di lamentarsi, di dire che i nostri ragazzi fanno parte di una gioventù inutile e insensibile, quando poi, attualmente, investiamo solo il 3,7% del Pil nell’istruzione (fonte Eurostat). Sia come percentuale del Pil (3,9 % nel 2016 rispetto alla media Ue del 4,7 %), sia come percentuale della spesa pubblica totale (7,9 %, media Ue 10,2 %), gli investimenti italiani sono al di sotto della soglia media e a volte anche più bassi. L’aggravante infatti si chiama livello terziario: per le scuole superiori e le università la spesa dell’Italia è la più bassa d’Europa dopo il Regno Unito, appena lo 0,3 % del Pil nel 2016 (media europea dello 0,7 %).

I dati sono preoccupanti. Tra le ferite aperte, oltretutto, ci sono gli abbandoni scolastici dei giovani dai 18 ai 24 anni: nel 2017 la quota è superiore di 4 punti percentuale alla media Ue (14% contro il 10,6%). Ma a preoccupare maggiormente sono il numero degli studenti che conseguono un diploma d’istruzione terziaria, il 26,9% contro una media europea del 39,9%. Se il nostro sistema scolastico, anche se a fatica, si regge ancora in piedi, è solo grazie alle migliaia di professoresse e professori che fanno il loro lavoro con passione e dedizione nonostante i loro pessimi compensi (gli insegnanti italiani vengono pagati meno dei colleghi, sia a livello europeo che internazionale). Una busta paga scarna che si va ad aggiungere alle prospettive di carriera limitate.

Tutto questo per dire che ai nostri ragazzi prima di tutto vanno offerti i mezzi per costruirsi un’istruzione di qualità.

In queste ore migliaia di ragazzi si staranno interrogando sul proprio futuro, in un mix di paure e gioie, aspettando il giorno successivo come un condannato avrebbe atteso la ghigliottina nella Francia rivoluzionaria. Riprendendo spunto dall’idea confuciana, il pensiero più errato che i nostri figli, amici, parenti, amori possano fare, è quello di interrogarsi sulle loro qualità, sul loro valore. Nessuno può essere identificato o peggio ancora mal giudicato a causa di un voto, dettato da eventi e cause così disparate, che anche ‘fare 5’ al gioco del Lotto (gioco casuale per eccellenza) a confronto sembra di una banalità sconcertante. Qualunque cosa accada, cari ragazzi, ricordate che voi, tutti voi, nessuno escluso, valete molto più di una media di numeri e che questa è solo una delle tante tappe della vita, che vi riserverà ben altri tipi di esami. Non sia questo però motivo di scarso impegno o superficialità, solo grazie alla conoscenza potrete costruirvi il futuro che più vi aggrada ma senza di essa, sarete solo in balìa dei capi di turno, che faranno di voi il loro popolino da usare a loro piacimento. Seguite le vostre passioni, i vostri sogni, e non snaturatevi mai.

Voi siete già tutti promossi, per quanto riguarda il sistema scolastico: “ritorni l’anno prossimo e ci metta più impegno, mi dispiace”.

Che questa sia la Primavera intellettuale della vostra vita.

In bocca al lupo dal profondo del cuore!

 


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