Calabria, il paradiso irraggiungibile
In viaggio verso uno dei posti più belli e difficili
è tra le mete più belle del mondo e l’unica destinazione italiana nell’elenco dei 50 luoghi da vedere nel 2022, secondo la famosa rivista statunitense Time. La Calabria è una terra importante, da scoprire e riscoprire. Pitagora la scelse per fondare la sua scuola; risente delle influenze di Greci e Romani, Bizantini e Normanni; visse sotto il Regno di Napoli, degli Angioini e degli Aragonesi. Inestimabile sito archeologico, testimonianza di una storia millenaria. Fu uno dei più attivi mercati mediterranei per la seta e le spezie, punto di riferimento per arte e cultura. Tra le sue acque cristalline ci furono pescatori, gioielli e ceramiche. La dominazione spagnola e moresca ancora si respira. Fulcro dei commerci e delle attività, nota per il suo prestigio e i panorami spettacolari. Un tempo si credeva che fosse protetta dalla mitica “Cappa Aurea”, che donava salute e bellezza ai propri abitanti. Si diceva che i cittadini dell’antica Crotone (Kroton) oltre ad essere belli, avessero una forza prodigiosa, “l’ultimo dei Crotoniati valeva quanto il primo dei Greci”, che pure erano celebrati per le doti fisiche eccezionali. La Calabria fu abitata da condottieri valorosi, che crearono il maggior centro della grecità in Italia.
Eppure, qualcosa è andato perso. Secondo l’ultima ricerca del Sole24Ore, Reggio Calabria è solamente 101 esima nella classifica generale per qualità di vita in Italia; non va meglio neppure per le altre province calabresi: Cosenza al 88° posto, Catanzaro al 96°, Vibo Valentia al 104°, Crotone al 107° è il fanalino di coda. La città pitagorica all’ultimo posto nella mappa del benessere sui territori del Paese, risente di una situazione di difficoltà che si innesta in un tessuto socio economico già provato nei decenni scorsi dal declino del sogno industriale e dalla precarietà del sistema infrastrutturale e dei trasporti. Reggio Calabria conquista la prima posizione nell’indice della criminalità (associazione di tipo mafioso) e primeggia anche nel numero di imprese cessate, ogni 100 registrate (Infocamere).
La Calabria fino agli anni ’70 era «la terza isola», prima della costruzione dell’autostrada, le condizioni geografiche l’hanno chiusa al mondo. Sono coriacei gli isolani di penisola, abituati in paesi arroccati sui cocuzzoli; spesso tenebrosi e con profonde solitudini interiori, si distinguono per le menti brillanti e l’ingegno acuto. Hanno provato la violenza della terra e persino del mare. Nei secoli si sono difesi sulle colline, tra le montagne, lontani dalle coste delle scorribande saracene e le pianure della malaria, mal collegati da itinerari impraticabili. Sono guardinghi, ci impiegano un poco a dare confidenza, ma portano con loro il sorriso. La cucina locale è indimenticabile, dai formaggi ai salumi, per non tralasciare i vini, gli amari e i dolci della tradizione calabra. Eccellenze pluripremiate in ogni angolo del globo. Da qui si sono snodate storie di successo personale e imprenditoriale, da Gianni Versace a Gerardo Sacco, ricerca e scienza, anche il Nobel per la medicina. Paesaggi e realtà stupende di un popolo altrettanto incredibile. I figli del mare e del peperoncino sono tenaci e grintosi, fin da piccoli imparano a conquistare il mondo e sembra proprio che ci riescano, se solo lo vogliono.
Strade difficili spesso conducono a destinazioni meravigliose. La Calabria è una terra complessa, dimenticata. Quasi inaccessibile. Nel vero senso della parola, iniziando dai trasporti: pochi e costosi i voli aerei. Oltre all’aeroporto di Lamezia Terme, che ancora non è ben collegato da mezzi pubblici verso gli altri paesi, l’aeroporto di Crotone sembra addirittura non funzionante, tanto che il sito ufficiale dell’aeroporto indica chiaramente che non ci sono mezzi di trasporto per lo stesso, eccezion fatta per i pullman extraurbani o le auto private. Uno scalo, quello pitagorico, che invece è fondamentale per tutta la fascia jonica e che renderebbe possibile partenze e arrivi con il nord Italia e l’Europa. E’ evidente come la scelta dell’aereo sarebbe prioritaria rispetto a interminabili viaggi su ruota che sono un dispendio di tempo ed energia. I voli low cost sono fondamentali per consentire gli spostamenti a studenti e lavoratori ma anche a parenti ed amici. Inoltre, creano un ottimo indotto: il turista può tornare facilmente più volte e quindi alimentare il settore dell’hotellerie e della ristorazione. Riattivare l’aeroporto, con tutti i servizi necessari (sale di attesa, bagni e bar), oltre agli ovvi collegamenti con il centro cittadino -come tram, metropolitane, treni ad alta velocità italo o navette-, è un atto imprescindibile e necessario per consentire al paese di interagire con le altre regioni, riattivare l’economia locale e progredire. In uno slancio utopistico e un pensiero futuristico, sarebbe un’occasione per creare ulteriori posti di lavoro per chi vive nella zona: all’interno dell’aeroporto stesso, nei trasporti, nelle manutenzioni e pulizie, nei ristoranti e nei negozi. A Lamezia non c’è la biglietteria, lamenta in queste ore il rapper Shade rimasto bloccato in Calabria e dovendo cancellare perfino un concerto. Ma non va meglio nelle altre stazioni e nei terminal dei bus dei paesi più piccoli, così come mancano i punti informativi e di accoglienza. La situazione odierna è desolante: treni ad un binario solo, mancanza di coincidenze e tempi biblici per percorrere brevi distanze. Collegamenti inesistenti tra un paese e l’altro. Scarsi anche i servizi di noleggio auto. Non restano che i pullman delle compagnie private, i viaggi della speranza da 6 a 20 ore che attraversano tutta l’Italia pieni di fagotti e sogni. Distese di colline semideserte, appezzamenti di terreni arsi dalla calura, case e casolari abbandonati. Costruzioni e cementi iniziati e mai terminati. Chilometri di nulla che si susseguono. Paesi lasciati a sé stessi, senza servizi. Pulizia delle strade e mezzi pubblici in primis, ospedali e ambulatori, ma anche scuole, teatri o cinema. Per quasi tutto serve muoversi con l’auto verso i centri più grandi. Fuori dalle strade blasonate, si vive anche in minuscoli appartamenti di fortuna, alcuni senza nemmeno una finestra. Le sedie sono in strada per respirare e parlare con i vicini di casa. Ci si mette il vestito buono per uscire la sera e le ragazze si fanno belle anche per andare in spiaggia. Contano la parola data, il rispetto per la famiglia e le tradizioni, la galanteria e l’amicizia come valore principe. C’è sempre un posto a tavola per chiunque, accoglienza e aiuto sono i cardini per chi vive con poco e regala molto.
La tempra degli antichi greci scorre nelle vene di questo popolo, completamente abbandonato dalle istituzioni, che non vogliono vedere un disagio tanto grande. La mancanza di infrastrutture, servizi, aziende e la creazione di un circolo virtuoso acuisce il morso. I volti sono induriti, si sopravvive scalando a mani nude gli ostacoli. Il mare turchese non è sufficiente per migliorare la condizione di una regione.
Dove manca tutto, la droga invece non tarda ad arrivare. Anche nelle contrade più isolate, il galoppino arriva perfino in anticipo. Ovunque è sempre presente l’occhio vigile di chi comanda. La piccola criminalità non si muove senza indicazioni, uno scippo non autorizzato si paga con la vita. La sicurezza offerta dai clan non è cosa da poco in una terra abbandonata da dio. Nei quartieri popolari, ci si stringe vicini e si condivide quel poco che si ha. Un ombrello prestato, un pasticcino regalato. Gesti di umanità che qui sono preziosi, impossibile darli per scontati. La solidarietà è l’unica ancora di salvezza, che merita gratitudine e memoria. Perchè sono sempre le brave persone che stemperano le difficoltà e fanno da contraltare alle ingiustizie.
Molti partono. Se ne vanno con l’anima che sanguina, arrabbiati e delusi; hanno visto sulla loro pelle che non è possibile trasformare un diritto in una regalia feudale e il voto al candidato in merce di scambio per farsi sistemare. Il lassismo e il «tanto non cambia niente» fanno male.
La ‘ndrangheta si forma negli ospedali che non funzionano, nei servizi non erogati, negli uffici che non danno risposte e nella magistratura che non garantisce la giustizia. La ‘ndrangheta non è l’anti-Stato ma è parte dello Stato, la convivenza tra i due è un dato di fatto. Il dramma è la mancanza di punti di riferimento cui rivolgersi. Le varie consorterie massoniche, mafiose, camarille di ogni genere hanno prodotto – per chi è rimasto – un’arida routine, in cui i soliti noti si spartiscono quello che c’è, mentre altri arrancano tra i disservizi di uno Stato inesistente.
Sulla banchina di notte, ancora in troppi aspettano un treno per attraversare lo stivale e curarsi in un ospedale moderno. Il Times ha definito la Calabria come l’“hub della mafia” (agosto 2022), con riferimento alla vicenda del presidio sanitario cubano ingaggiato dalla regione. Superando le infelici espressioni che arrivano da oltremanica, sarebbe opportuno valutare per quale motivo una regione, che sconta tra le percentuali più alte di disoccupazione ed emigrazione, debba ricorrere a medici cubani anziché a quelli italiani. Sarebbe necessario considerare lucidamente circostanze e responsabilità che hanno portato negli anni la struttura sanitaria ad essere totalmente inadeguata e inefficiente; prendendo consapevolezza che la condizione del s.s.r. calabrese è oggi drammatica e che le infiltrazioni mafiose non giovano al paese. Le cosche continuano a dimostrarsi abili nel relazionarsi agevolmente e con egual efficacia sia con le sanguinarie organizzazioni del narcotraffico sudamericano, sia con politici, amministratori, imprenditori e liberi professionisti. La moderna competitività criminale della ‘ndrangheta è infatti da ritrovarsi nell’elevato livello di infiltrazione all’interno del mondo politico-istituzionale. La diffusa corruttela condiziona tutti i gradi dei pubblici uffici, partendo dagli enti locali. E’ sintomatico l’elevato numero di consigli comunali sciolti nel tempo per ingerenze ‘ndranghetiste, anche in aree ben lontane dalla terra madre. La Calabria è al primo posto tra le regioni con maggiori comuni sciolti, con 129 commissariamenti (Avviso Pubblico, dati aggiornati luglio 2022) e con oltre una decina di enti che contano già il terzo scioglimento.
E’ di questi giorni una delle più vaste offensive di sempre contro la criminalità organizzata nella regione, l’operazione “Reset” portata avanti dalla Dda di Catanzaro, grazie all’illustre dott. Gratteri, ha registrato oltre 200 arresti nel cosentino. Un’operazione che ha coinvolto anche esponenti politici, alcuni professionisti e funzionari pubblici. Delle ordinanze 139 prevedono il carcere, 51 i domiciliari, 12 l’obbligo di dimora. Ai domiciliari anche il sindaco di Rende e presidente dell’Anci calabrese, l’assessore ai Lavori pubblici sempre del comune di Rende e l’assessore alla Manutenzione del comune di Cosenza. Le accuse, a vario titolo, sono associazione di tipo ‘ndranghetistico, associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravato dalle modalità e finalità mafiose, associazione a delinquere finalizzata a commettere delitti inerenti all’organizzazione illecita dell’attività di giochi – anche d’azzardo – e di scommesse, delitti di riciclaggio, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di beni e valori, oltre ad altri delitti aggravati dalle modalità e finalità mafiose. Contestualmente, gli agenti stanno eseguendo il sequestro preventivo d’urgenza disposto dal pm, che dovrà essere sottoposto al vaglio del gip, di beni immobili, aziende, società, beni mobili registrati, riconducibili a numerosi indagati, per un valore stimato in oltre 72 milioni di euro.
La ndrangheta è la consorteria mafiosa più potente al mondo, l’unica ad essere presente in tutti i continenti e l’unica a sottostare sempre a San Luca. Controlla territorio, politica ed economia, rappresenta almeno il 3% del PIL italiano attraverso il traffico di droga, le estorsioni e l’usura, senza contare le attività imprenditoriali inquinate, il giro delle cd cartiere e frodi iva. Il suo fatturato annuo globale supera i 60 miliardi di euro. In Europa e nel mondo è leader indiscussa del narcotraffico, grazie anche a rapporti privilegiati con i cartelli sudamericani. Al di fuori della Calabria, non vengono insediate solo le realtà economico-imprenditoriali, si cerca innanzitutto di ricreare strutture sul modello reggino dal quale partire per la massimizzazione dei profitti. Il riconoscimento identitario risalente ai suoi albori non è mai stato abbandonato. L’organizzazione è coesa e stabile grazie al senso di appartenenza che deriva dalle ritualità di affiliazione ed è ancorato al carattere parentale delle cosche. Tali meccanismi costituiscono il legame che le consorterie ‘ndranghetiste di tutto il mondo mantengono con la madre reggina. L’unica a riunirsi ogni anno da ogni parte del globo a Polsi, l’unica a sedere nelle stanze dei bottoni a livello internazionale di politica, alta finanza, chiesa e massoneria.
Lo stato di abbandono in cui la Calabria versa sembra rispondere alle esigenze di dominio indisturbato dei suoi clan. Eppure, come dice l’antropologo Vito Teti, restanza significa sentirsi ancorati e insieme spaesati in un luogo da proteggere e nel contempo da rigenerare radicalmente. Viale Isonzo (CZ), Sbarre (RC), la Locride e Limbadi, le terribili faide di Taurianova e i summit di San Luca non possono divorare tutto. Non può esserci spazio per l’apatia e l’immobilismo, ma occorre abitare uno spazio in modo attivo, con la ricerca di un movimento e di un cambiamento. Lo smart working, il reddito di cittadinanza piuttosto che qualsiasi altro palliativo, non funzioneranno se non si ricostruiscono i paesi, le strade, i servizi, i luoghi di socialità. Bisogna creare posti di lavoro, mettere in sicurezza le persone, gli ospedali, la salute. Il problema dello spopolamento e della mafia nasce dall’assenza di opportunità lecite e l’assenza di opportunità nasce dall’assenza di infrastrutture, di risorse, di scuole. Occorre investire, creare dinamismo, aziende e sviluppo. Migliorare il settore del turismo e dell’arte, incrementare l’enogastronomia, l’artigianato, le industrie manifatturiere, l’agricoltura e i prodotti tipici che tutto il mondo ci invidia.
Incastonata tra acque limpide e parchi verdissimi, la Calabria ha la più grande area marina protetta con 15 mila ettari di mare, una costa in cui si alternano spiagge dalla sabbia finissima a promontori rocciosi su cui dominano torri e castelli. Maestosi boschi della Sila, del Pollino e dell’Aspromonte, paesaggi fiabeschi e sentieri impervi tra torrenti e rocce granitiche in cui la natura è ancora selvaggia e incontaminata. Un gioiello prezioso da recuperare e amare. Calabria, affetta da infinite contraddizioni e storture, una terra “benedetta dalla natura e maledetta dagli stessi uomini che la abitano”, come i rappresentanti delle cosche criminali, politiche, statali e traffichini in grigio. È il primo territorio ad aver storicamente ricevuto il nome di Italia; ma all’Italia di oggi manca una rappresentanza onesta che attui per il bene della nazione intera e che si faccia carico anche di questo lembo di paese malandato. E’ più facile dire che è tutto compromesso ed incentivare alla fuga. Solo un piccolo presidio di audaci dimostra quotidianamente che la storia si può riscrivere, restando e mettendoci il cuore per migliorare. Bisogna guardare a loro, come invito a resistere, a non abbandonare la propria terra e a risollevarla dal torpore, con i fatti prima che con le parole. Opporsi con coraggio e decisione a ciò che spinge ad andarsene mille miglia lontano, ritrovando lo spirito consapevole, ribelle e valoroso delle proprie genti.
[dati integrati dalla relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia]