Pubblicato: ven, 27 Dic , 2013

Buon compleanno Costituzione

66 anni fa veniva promulgata la Costituzione repubblicana. Rimane “la più bella del mondo”, nonostante i problemi dell’assetto istituzionale
Enrico De Nicola firma la Costituzione

Enrico De Nicola firma la Costituzione

Il 27 dicembre 1947 veniva promulgata dal Capo dello Stato provvisorio, Enrico De Nicola, e pubblicata in Gazzetta ufficiale la Costituzione.

La carta, composta di 139 articoli e 18 disposizioni transitorie, fu il frutto di quasi due anni di lavoro dell’Assemblea Costituente. Questa, eletta il 2 giugno 1946 in concomitanza con il referendum istituzionale, venne composta attribuendo in maniera proporzionale i 556 seggi che la formavano. Ad essere maggioritari erano i tre grandi partiti di massa, la DC, con 207 seggi e il 35,21% dei voti, il PSI con 115 seggi frutto del 20,68% delle preferenze e infine il PCI che ottenendo il 18,93% aveva 104 seggi.

Vista la composizione dell’assise era chiaro che il documento prodotto doveva essere, a meno di andare in contro a pericolosi strappi, un compromesso tra le esigenze socialiste da un lato e liberali e cattoliche dall’altro. L’obiettivo fu centrato e, anche se siamo abituati ad accordi al ribasso, in quell’occasione fu raggiunto un mirabile equilibrio tra le diverse istanze, qualificando la Costituzione Italiana, per quanto riguarda la prima parte, non solo come una delle più avanzate del tempo ma tutt’ora esempio e modello per tutte le costituzioni democratiche.

Se la parte riguardante i “Principi fondamentali” e “Diritti e doveri dei cittadini” ha superato a pieni voti la prova del tempo, la seconda, quella denominata “Ordinamento della Repubblica”, necessita di una pesante manutenzione. Nel 1947 l’Italia era una giovanissima democrazia sulla linea del fronte della Guerra Fredda, stretta tra le pulsioni di quelli che, vent’anni dopo, verranno chiamati “opposti estremismi”. In questo quadro era saggio e giusto che, per evitare pericoli autoritari, le garanzie superassero di gran lunga i poteri. Oggi, a 66 anni dalla promulgazione, i difetti appaiono evidenti. Messi da parte i pericoli dittatoriali l’Italia ora deve fronteggiare la ridondanza dei livelli di governo spesso in conflitto tra loro, il bicameralismo perfetto, caratteristica tutta italiana, appesantisce e rallenta pesantemente l’iter legislativo, la mancanza di stabilità e i complessi rapporti tra maggioranza e Governo rendono difficile un sano processo di accountability (traducibile con “render conto” di fronte gli elettori) e di programmazione.

Ad aggravare il quadro il fatto che i progetti di riforma, finora, si sono sempre arenati in questioni politiche o, peggio, sono stati abbandonati perché tramite questi si voleva far passare norme vergognose utili solo a compromettere il rapporto tra poteri a favore di qualcuno (ogni riferimento ai tentativi di colpire l’indipendenza della magistratura è voluto). Ulteriore elemento negativo è l’esempio del titolo V, riguardante i rapporti Stato-Regioni, che, modificato a colpi di maggioranza tra il 2000 e 2001, ha aumentato i problemi peggiorando la situazione precedente.

Ad ogni modo non ci resta che essere orgogliosi della prima parte e stare vigili affinché questa, nel furore riformista, non venga intaccata nella forma o nella sostanza con la scusa di ammodernare le istituzioni repubblicane.

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